Come sappiamo il Decreto
ministeriale
03/07/2003 emesso in
applicazione dell’articolo 5
della legge 57/2001 ha approvato
la tabella delle menomazioni
all’integrità psicofisica
comprese tra 1 e 9
punti d’invalidità.
Come sappiamo il Decreto
ministeriale
03/07/2003 emesso in
applicazione dell’articolo 5
della legge 57/2001 ha approvato
la tabella delle menomazioni
all’integrità psicofisica
comprese tra 1 e 9
punti d’invalidità.
A prescindere dalle pur moltissime
argomentazioni possibili
sui metodi che hanno
dato luogo al provvedimento
interministeriale de quo, che,
a mio sommesso avviso, non
è stato emanato tramite una
valida procedura legale (legge
delega) che ne fissasse
preventivamente i criteri ed i
metodi, dovendo peraltro incidere
su posizioni soggettive
giuridicamente tutelate
dall’ordinamento Italiano ed
Europeo oltre che nelle disposizioni
della Costituzione
(articolo 32), deve comunque
sottolinearsi come in alcuni
passaggi del testo relativo
ai criteri applicativi si
notano alcuni dettati che se
attentamente vagliati possono condurre l’interprete del
Decreto a determinare alcuni
punti fermi che dovranno
dar luogo ad un cambiamento
strutturale nella determinazione
dei soggetti che saranno
preposti all’interpretazione
ed applicazione della
tabella che ribadiamo avente
solo valore indicativo.
Quello che per primo emerge
con chiarezza è il soggetto
destinatario della tabella;
si legge al sesto capoverso
dei criteri applicativi: «Ove
la menomazione accertata
incida in maniera apprezzabile
su particolari aspetti dinamico
relazionali personali,
lo specialista medico legale
dovrà fornire motivate indicazioni
aggiuntive che definiscano
l’eventuale maggior
danno tenuto conto delle condizioni soggettive del
danneggiato». Il provvedimento
in esame affida dunque
allo specialista medico
legale l’onere di esaminare il
soggetto danneggiato per valutare
il danno in base ai criteri tabellari ed in base alle
condizioni soggettive e questa
valutazione risponde, almeno
nella forma, al principio
costituzionale dell’integrale
risarcimento e della
personalizzazione soggettiva
dello stesso.
Del resto anche in altri passaggi
del testo introduttivo si
fa riferimento a «valutazioni
medico legali» necessarie
per una corretta e scientifica
applicazione della tabella.
La funzione del medico legale
è infatti oggi ancor più
necessaria dovendosi tener
conto di tutte le variabili
soggettive dell’evento dannoso
e dei suoi riflessi anche
esistenziali che la Giurisprudenza
più sensibile sta apprezzando.
Le cognizioni
mediche si affiancano a
quelle giuridiche ed all’evoluzione
del diritto vivente
costringendo il medico legale
a costante aggiornamento
professionale e non appare
ragionevole affidare a medici
non specialisti nella disciplina
le funzioni di consulente
medico legale. Ciò che è sino ad ora accaduto
nella prassi, deve quindi
mutare. Non è un qualsiasi
medico che deve o può essere
in grado di valutare le
lesioni, i postumi permanenti
da esse derivanti ed i riflessi soggettivi collegati. Il
danno, pur mantenendo un
suo scolastico concetto unitario,
si distingue concettualmente
in danno evento e
danno conseguenza, specialmente
quando si tratta di valutare
il danno non patrimoniale,
anche alla luce della
nuova e corretta interpretazione
costituzionale dell’aricolo
2059 del codice civile,
ormai vero cardine di questa
tipologia di danno.
Questo compito deve essere
riservato allo specialista in
medicina legale e delle assicurazioni,
il solo che tramite
una specifica formazione
professionale sia in grado di
compiere le valutazioni, le
comparazioni, le analogie
interpretative e le considerazioni
mirate su cui il testo
introduttivo della tabella più
volte si sofferma.
La prassi di alcuni Tribunali
e degli Uffici Giudiziari minori
ed anche di qualche Impresa
di assicurazione è stata
sino ad ora quella di nominare
quali propri Consulenti
anche medici generici o specialisti di altre discipline
mediche, talvolta per nulla
attinenti con le tipologie delle
lesioni che si dovevano
valutare.
Ora che per la prima volta,
seppure in un atto ministeriale, pur fatte salve le riserve
fatte in precedenza, si restituisce
alla figura dello
specialista in medicina legale
la sua propria funzione e,
mi si permetta, il suo elevato
compito, appare evidente come
anche la prassi vada corretta
per mezzo di una virtuosa
presa di coscienza da
parte dei soggetti interessati,
siano essi Giudici, Imprese o
Avvocati.
Mi si consenta, in ultimo, di
dire che tale soluzione sarebbe
peraltro in favore di
tutti. Il Cittadino sarebbe più
tutelato, il Giudice sarebbe
meglio e più scientificamente
supportato nella sua alta
funzione di giudicante, l’Avvocato
potrebbe meglio tutelare
il proprio assistito e valutare
meglio le possibilità
di successo della vertenza.
Ovviamente qualora vi siano
dei casi clinici che necessitino
la consulenza di altri e
diversi specialisti questi potrebbero,
a loro volta, supportare
lo specialista in medicina
legale.
Un’ultima considerazione su
cui soffermarsi è quella che
nell’espletamento della funzione
medico legale, sia come
consulente di parte, sia
come consulente d’ufficio si
può incorrere in ipotesi di
responsabilità professionale,
contrattuale ed extra contrattuale,
civilmente e a volte
anche penalmente rilevante.
Infatti i concetti di negligenza,
imprudenza ed imperizia
devono essere valutati anche
tenendo conto della singola
competenza professionale
del consulente. Ad ognuno il
suo ruolo perché ognuno lo
possa svolgere al meglio,
senza ricorrere ad approssimazioni
o formulette stereotipate,
di certo molto dannose
per tutti.
Di Settimio Catalisano
Avvocato del Foro di Roma