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Avvocatura: Solo sette «giocano a carte scoperte»!
Posted by InGiustizia on Monday, January 31 @ 18:15:31 CET
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Tra poche settimane avranno luogo le elezioni del consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Il risultato del voto sarà decisivo anche per gli equilibri dell’avvocatura nazionale, in quanto l’ordine romano è il più grande d’Italia ed è anche uno dei più influenti, e non solo per l’evidente specificità ambientale dovuta all’operatività nella Capitale.



Tra poche settimane avranno luogo le elezioni del consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Il risultato del voto sarà decisivo anche per gli equilibri dell’avvocatura nazionale, in quanto l’ordine romano è il più grande d’Italia ed è anche uno dei più influenti, e non solo per l’evidente specificità ambientale dovuta all’operatività nella Capitale.
Negli ultimi anni sono stati frequenti le prese di posizione se non i contrasti aperti con altri organismi dell’avvocatura, che hanno alterato o modificato i rapporti (anche di forza) esistenti nella categoria o creato nuove relazioni.
Dunque le elezioni sono locali, ma hanno una rilevanza nazionale, ed è proprio per la loro importanza che è utile sapere come i candidati abbiano organizzato la loro campagna e quali aspettative ripongano nell’esercizio delle eventuali, future, funzioni di componenti del Consiglio.
InGiustizia ha realizzato un’inchiesta per approfondire tali aspetti, ma proprio sul riscontro offerto dai candidati sono stati evidenziati gli aspetti più della campagna elettorale: infatti, su 45 candidati, solo 7 hanno risposto al questionario.
Naturalmente, visto il tenore delle domande, era più che ovvio aspettarsi circospezione, diffidenza, richieste di garanzie particolari sulla riservatezza delle informazioni, oppure l’invio di dati anonimi. In effetti non esiste un diritto di un giornale ad avere informazioni specifiche sull’organizzazione delle campagne elettorali di singoli candidati, né un obbligo giuridico a loro carico a fornire certi tipi di informazioni come un preventivo di bilancio. Più esattamente, si può dire che non esiste un obbligo giuridico nei confronti della stampa, ma un dovere morale (fatte salve le opportune garanzie) nei confronti dell’elettorato sì, visto che in casi come questi esso dovrebbe godere della massima trasparenza per analizzare attentamente e con cognizione i candidati e poter scegliere il migliore.
Pochi hanno avuto il coraggio di «giocare a carte scoperte», conducendo una battaglia in maniera corretta soprattutto verso le persone cui chiedono il voto, prima ancora che verso gli avversari.
Onore dunque ai sette candidati-avvocati che hanno fornito informazioni sulla loro candidatura e che meritano una citazione (in rigoroso e imparziale ordine alfabetico e senza menzione della lista di appartenenza): Giovanni Cipollone, Antonio Conte, Daniele Costi, Mauro Monaco, Paolo Nesta, Gabriele Scotto, Federico Tedeschini.
E se a questa lista trasversale, che potremmo scherzosamente chiamare I sette cavalieri della trasparenza, merita certamente un premio da parte degli elettori, ciò non vuol dire che per gli altri il giudizio debba essere necessariamente negativo.
Ben conosce, infatti, questa redazione gli impegni pressanti degli avvocati e dei singoli consiglieri uscenti, dimostrati anche dagli altri risultati raggiunti dall’Ordine Romano nell’ultimo biennio.
Nonostante la bassissima percentuale di risposte, che danneggia la rappresentatività dei dati che ne sono stati tratti, è opportuno comunque mettere in luce i risultati, che hanno evidenziato come la campagna elettorale sia basata su pochi elementi comuni a tutti i competitori e che esistono poche categorie di candidati che condividono modalità di organizzazione e obiettivi simili.
Innanzi tutto, il dato iniziale è che solo il 50% dei competitori ha approvato una previsione di bilancio per la propria campagna, prevedendo una spesa media di circa 2000 euro, ma pensando che arriverà comunque a spendere fino a 2500 euro. Un candidato su sei non ha programmato un tale bilancio e pensa di spendere il «necessario ».
Sul fronte dell’impegno richiesto per la campagna, le ore già sottratte più quelle si pensa di sottrarre ancora alla vita familiare e professionale oscillano tra valori di 60 e 450 ore, anche se la maggior parte delle persone dichiara un impegno stimato di 150- 180 ore. Una volta entrati in Consiglio, le ore che si prevede di dedicare all’attività variano da 6 a 70 settimana. Per fronteggiare gli impegni professionali e familiari in dipendenza delle ore che dovrà dedicare al Consiglio dell’Ordine, più della metà dei candidati ha dichiarato che assumerà nuovi collaboratori, mentre la restante parte pensa, in maniera ripartita equamente, di avere già abbastanza tempo libero o di provvedere alla situazione in altro modo diverso dalle neoassunzioni.
Più o meno tutti i candidati sono concordi nel ritenere che non trarranno benefici economici, diretti o indiretti, dall’assunzione di cariche istituzionali nel Consiglio dell’Ordine.
Stessa ampia maggioranza è risultata tra gli intervistati nel dichiarare i motivi della candidatura: «per spirito di servizio» è stata la risposta aperta più data.
Ulteriore elemento comune ai candidati è la convinzione di non ricevere giovamenti rispetto alla sua posizione professionale per effetto dell’eventuale elezione al Consiglio.
Infine, a parte poche persone che hanno dato risposte non previste nel modulo d’inchiesta, più di tre quarti degli intervistati ha dichiarato che gli elettori dovrebbero considerarlo «un professionista che coniuga interessi propri e della categoria».

 
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