Lo vado dicendo da
sempre (in questo
mensile, sul numero
3/2002 «Il ruolo dell’Avvocatura
» e su quello 4/2003
«Il processo è mio e lo gestisco
io»): nel dibattito
sulla giustizia civile devono
essere coinvolti tutti, le organizzazioni
sociali e i cittadini,
non solo gli addetti
ai lavori, così che il problema
sia sentito come problema
sociale e su di esso
siano chiamate a confronto
le forze politiche, i poteri
dello Stato e messi in mora
davanti ai cittadini elettori.
Lo vado dicendo da
sempre (in questo
mensile, sul numero
3/2002 «Il ruolo dell’Avvocatura
» e su quello 4/2003
«Il processo è mio e lo gestisco
io»): nel dibattito
sulla giustizia civile devono
essere coinvolti tutti, le organizzazioni
sociali e i cittadini,
non solo gli addetti
ai lavori, così che il problema
sia sentito come problema
sociale e su di esso
siano chiamate a confronto
le forze politiche, i poteri
dello Stato e messi in mora
davanti ai cittadini elettori.
Se ne è avveduta ora la
Commissione Europea che
ha deliberato una «giornata
della giustizia civile da celebrare
nell’ultima settimana
di ottobre con la partecipazione
di magistrati, avvocati
e operatori del diritto, ma anche – e soprattutto –
di cittadini».
Così il Presidente del Tribunale,
uniformatosi prontamente
all’invito, ha presieduto
un incontro il 30 ottobre
nella sala conferenze
(un po’ catacombale) di
Viale Giulio Cesare 52.
Eravamo, è vero, non più di
trenta, tra magistrati e avvocati,
questi con buona
rappresentanza di Camera
Civile.
L’incontro era stato promosso in tutta fretta più per
obbligo d’Ufficio che per
convinzione.
Tutto sta però a cominciare.
Per il 28 ottobre - guarda
caso - l’Ufficio del Referente
per la Formazione
Decentrata presso la Corte
d’Appello aveva promosso
un incontro volto a illustrare
i contenuti di un «protocollo
per la gestione delle
udienze civili».
In contemporanea, o quasi,
altri eventi di segno uguale:
una giornata della giustizia
presso la Corte di Appello,
la celebrazione di un processo
d’appello di lavoro in
cospetto di una rappresentanza
straniera con tempi
modi e liturgie mai viste
nel quotidiano, una visita
guidata di studenti romani
ai luoghi della giustizia.
Poi il 22 novembre una giornata della giustizia organizzata
da ANM in un locale
cittadino.
Il manifesto denunciava finalmente
la mancata copertura
dell’organico della magistratura
e la insufficienza
delle risorse finanziarie,
pur se concludeva col solito
lamento sull’attentato all’indipendenza
e alla autonomia
della magistratura.
Qualcosa dunque sta maturando
nel senso di un approccio
adeguato al problema sia quanto ai contenuti
che ai mezzi di comunicazione.
L’Avvocatura tutta deve cogliere
questo momento; le
associazioni forensi dopo
passate incertezze sono finalmente
incamminate sulla
strada giusta.
E’ chiaro ormai che, a valorizzare
il ruolo dell’Avvocatura
nel dibattito sulla
giustizia civile, a ritrovare
su questo tema il ruolo e
l’identità giusta, non bastano
i convegni scientifici e
le attività culturali.
Serve di meglio e di più.
Serve scendere in campo sui problemi anche territoriali
più minuti in un impegno
di messa in mora dei
referenti, forte, quotidiano,
incondizionato.
Tra le tante possibili iniziative,
penso a una conferenza
da tenere periodicamente
a Roma ad iniziativa dell’Ordine
Forense per monitorizzare
in dettaglio lo stato
e l’efficienza degli Uffici,
conferenza che si concluda
con un documento -
relazione da inviare al CSM, al Ministro della
Giustizia, al Parlamento, alla
Stampa, e perché no alla
Commissione Europea.
Penso a un Notiziario agile
e soprattutto tempestivo,
aperto al dibattito e alla minuta
informazione sullo stato
della giustizia a Roma da
distribuire largamente, anche
ai non addetti ai lavori.
Questa e altre iniziative anche
provocatorie; perché
spetta agli avvocati e non a
Striscia la Notizia documentare
lo stato di abbandono
e di incuria degli uffici
giudiziari romani.
di Giorgio Della Valle
Avvocato del Foro di Roma