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Editoriali: Il Fini assoluto
Posted by Reboa on Thursday, February 03 @ 15:17:24 CET
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Le cronache dal «fronte interno» che abbiamo letto nel periodo intercorrente tra questo ed il precedente numero di InGIUSTIZIA la PAROLA al POPOLO dimostrano ancora una volta la anomalia della politica italiana rispetto agli altri paesi occidentali ed europei.
Due sono le notizie le quali inducono a questo commento: le reazioni alla condanna / assoluzione dell’on. Cesare Previti e le dichiarazioni in Israele dell’on. Gianfranco Fini.



Le cronache dal «fronte interno» che abbiamo letto nel periodo intercorrente tra questo ed il precedente numero di InGIUSTIZIA la PAROLA al POPOLO dimostrano ancora una volta la anomalia della politica italiana rispetto agli altri paesi occidentali ed europei.
Due sono le notizie le quali inducono a questo commento: le reazioni alla condanna / assoluzione dell’on. Cesare Previti e le dichiarazioni in Israele dell’on. Gianfranco Fini.
La condanna a cinque anni per un giro di corruzione all’interno del Tribunale di Roma da parte dei giudici di Milano è stata accolta dall’on. Previti e dai suoi fans non solo come una sorta di liberazione dall’incubo di una decisione molto più pesante legata al caso SME, ma con gesti di vittoria per essere caduto il teorema della dr.sa Bocassini e di quel che resta del cosiddetto pool di Mani Pulite.
Nessuno dubita questa decisione sia il primo passo verso l’assoluzione dell’on. Previti in appello o in cassazione. Sicuramente, quel giorno, nessuno avrebbe da ridire se l’on. Previti aprisse pubblicamente non una, ma cento bottiglie di champagne.
Viceversa, pur comprendendo la soddisfazione dell’on. Previti per essere stato liberato dalla più grave delle due accuse da parte di un collegio giudicante da lui ritenuto prevenuto nei suoi confronti, rimane l’anomalia tutta italiana che un parlamentare ed ex ministro gioisca per essere stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione per corruzione della Magistratura.
Poiché alla condanna a cinque anni e mezzo non corrisponderà nemmeno un giorno di detenzione reale è proprio vero in Italia si può dire tutto ed il contrario di tutto con un volto apparentemente credibile al quale poi nessuno crede.
Così facendo, non si crede a certe persone nemmeno quando dicono la verità. Sicché ciascuno pensa che l’altro non pensi ciò che dice o non dica ciò che pensa, in una infinita commedia degli equivoci nella quale molti uomini politici galleggiano benissimo.
Gianfranco Fini, con lo slogan missino non restaurare non rinnegare, aveva fatto della coerenza uno dei propri cavalli di battaglia, ottenendo da leader del MSI/DN circa il 48% dei voti quale candidato sindaco di Roma.
Un volto perbene, affidabile, una capacità dialettica notevole, un’età che lo teneva lontano dalle insidie del passato: questi gli elementi mediatici di un uomo stimato anche da chi non lo avrebbe mai votato.
In Israele il vicepresidente del consiglio non ha solo fatto quanto tutti si aspettavano da lui, cioè che ribadisse la posizione già assunta dal MSI/DN di Giorgio Almirante di condanna delle leggi razziali promulgate sull’onda ideologica del nazismo dal Partito Nazionale Fascista e proseguite durante quella Repubblica Sociale di cui Alleanza Nazionale è storicamente nipote per parte di padre (o pronipote, visto che il MSI/DN nacque dalla fusione degli ex nemici missini e monarchici).
Egli è andato oltre.
Dopo aver chiarito di aver compreso di essersi sbagliato in tutti i giudizi precedenti su Mussolini ed il Fascismo, ha affermato di essere antifascista e di ritenere il Fascismo come il «Male assoluto».
Successivamente ha mitigato tale dichiarazione, affermando che la stessa era riferita esclusivamente alla shoa.
La componente del partito che ha ancora del sangue missino doc ha reagito più o meno malamente, chi protestando a denti stretti, chi a mezza bocca e qualcuno a voce più alta. Ma nessuno dei deputati ha lasciato il partito, salvo l’on. Mussolini per «fatto familiare».
Alcuni si sono comportati così per convenienza, alcuni per fedeltà al capo, altri perché hanno ritenuto che, in caso di «tradimento» di un generale, si processa quest’ultimo, ma non si diserta dall’esercito.
In realtà nessuno ha creduto che l’on. Fini pensasse quello che ha detto o, se preferite, dicesse quello che effettivamente pensava.
Né i suoi (ex) camerati né i suoi avversari, i quali, colti alla sprovvista, prima hanno detto di apprezzare le sue parole e, poi, hanno affermato che le stesse non bastavano per sdoganare un partito che, essendo andato al governo per consenso elettorale, non aveva certo bisogno di essere sdoganato dai propri avversari politici.
Così la italica commedia degli equivoci ha ripreso la propria consueta rappresentazione, con l’on. Fini che è l’unico a sapere cosa egli esattamente pensi di un periodo storico del secolo scorso finito nel 1945, con l’assassinio del Duce.
Altra anomalia tutta italiana, malgrado le dittature di destra e di sinistra siano state una caratteristica del XX secolo in molte nazioni europee: le pulsioni che un fatto storico, qual è ormai il Fascismo, tuttora provoca nei dibattiti politici, tanto da indurre molti esponenti ad esso antitetici, quali l’ex Presidente della Camera, on. Violante, o il Presedente della Repubblica, Carlo Azelio Ciampi, a sforzarsi di lenire una ferita negli animi del Paese attraverso il riconoscimento di alcuni meriti del Ventennio o dei giovani della RSI.
Invero alcuni si sono chiesti se lo stesso on. Fini sappia quello che egli oggi pensa su tale querelle o se, piuttosto, sul punto egli abbia smesso di pensare, tutto preso nel tentativo di liberarsene, sperando così di relegarla alla storia e, con essa, quegli avi politici i quali, da morti, riescono a fare più ombra alla sua immagine di molti suoi scialbi collaboratori: Benito Mussolini e Giorgio Almirante.
Da questa considerazione nasce il titolo di questo scritto: i concetti di bene o di male assoluto sono tipici delle religioni, non dei comportamenti degli esseri umani. Paragonare Mussolini al Diavolo vuol dire contrapporlo a Dio, legittimando così la stupidità di chi, viceversa, proprio a Dio lo paragona.
L’on. Fini è un uomo troppo intelligente per non conoscere ciò e troppo colto politicamente per non aver letto i testi i quali distinguono la psicologia individuale da quella delle masse destinatarie dei messaggi mediatico / politici.
Egli quindi, utilizzando certi termini, desiderava determinate reazioni le quali gli consentissero di contrapporre il Fini assoluto ad un partito che, avendo delle idee guida spirituali, ha una coesione talmente elevata da costituire una camicia di forza per un uomo che ha l’ambizione di trovare un posto nella storia d’Italia.
Ancora una volta un fenomeno tutto italiano, nel quale il maggioritario esalta i partiti anziché i singoli candidati e i movimenti perdono le idee per trasformarsi i partiti azienda o in liste di amici del leader di turno.

Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma

 
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