La Bozza di Costituzione Europea, pur offrendo un approccio sostanzialmente
deludente sul piano fiscale e non contenendo spunti
sufficienti per l’elaborazione di un diritto tributario comunitario, presenta
alcune novità che meritano di essere segnalate
I redattori della bozza di
Costituzione Europea
hanno disciplinato la
materia fiscale collocando
le relative disposizioni nel
Titolo III - Politiche e
azioni interne, Capo I -
Mercato interno.
L’artico 62 conferma l’obiettivo
dell’armonizzazione
delle legislazioni fiscali
degli Stati membri esclusivamente
nel settore delle
imposte indirette. Peraltro,
il successivo articolo 63
prevede l’adozione di misure
riguardanti la cooperazione
amministrativa o la
lotta contro la frode fiscale
illecita anche con riferimento
alle imposte sul reddito
delle società.
La finalità dell’intervento
delle istituzioni europee
trova fondamento nella necessità
di assicurare il funzionamento
del mercato interno
nonché nello scopo
di evitare le distorsioni di
concorrenza.
Le misure in materia fiscale
sono adottate dal Consiglio
mediante «una legge o
una legge quadro europea
», corrispondenti rispettivamente
all’attuale Regolamento
europeo e all’attuale
Direttiva. Viene, infatti,
modificato l’intero sistema
delle fonti normative
comunitarie (articolo 32),
che, oltre alla legge e alla
legge quadro, prevede il
regolamento delegato, la
decisione europea, le raccomandazioni
e i pareri.
Pur essendo stabilito che,
in linea di principio, il potere
legislativo è esercitato
congiuntamente dal Parlamento
europeo e dal Consiglio
dei ministri, negli articoli
che riguardano la fiscalità
il ruolo del Parlamento
europeo nel processo
legislativo resta marginale:
le leggi o le leggi
quadro in materia tributaria
sono adottate «previa consultazione
» di detto organo
rappresentativo. Permane,
quindi, quel «deficit democratico» da molti evidenziato
nel processo decisionale
comunitario in materia
fiscale, dove le decisioni
continueranno ad essere di
competenza di organi di
derivazione governativa.
Circa il criterio di votazione,
viene confermato il
principio dell’unanimità
con cui il Consiglio dei ministri
delibera, previa consultazione
del Parlamento
europeo e del Comitato
economico e sociale (articolo
62, paragrafo 1).
Qualora, peraltro, le misure
di intervento riguardino la
cooperazione amministrativa
o la lotta contro la frode
fiscale e l’elusione fiscale
illecita, il Consiglio può -
previa constatazione all’unanimità,
su proposta della
Commissione, che si verta
in dette materie - deliberare
a maggioranza qualificata
(articolo 62, paragrafo
2). Analoga previsione è
contenuta nell’articolo 63
in merito alle misure di intervento
in materia di imposta
sul reddito delle società.
Il principio dell’unanimità
trova, quindi, una prima
espressa limitazione, anche
se, a ben guardare, la portata
di tale novità risulta, in
pratica, assai circoscritta.
Per procedere mediante votazione
a maggioranza qualificata,
è necessario che il
Consiglio constati preventivamente,
mediante delibera
all’unanimità, che le
misure da adottare vertano
in materia di cooperazione
amministrativa o di lotta
contro la frode o l’evasione
fiscale illecita. Si tratta
della cosiddetta «passerella
», che viene prevista comunque
in settori nei quali
appare più facile raccogliere
il consenso degli Stati.
Una novità significativa, è
costituita dall’inserimento,
nella Parte II del Trattato-
Costituzione, della Carta
dei diritti fondamentali, a
sua volta ispirata alla Convenzione
Europea dei Diritti
dell’Uomo, che potrà
rappresentare un quadro di
riferimento importante per
la Corte di Giustizia europea
nell’opera di interpretazione
della normativa comunitaria
e di «orientamento
» delle legislazioni
nazionali in materia fiscale.
La bozza di Costituzione
non comporta, in definitiva,
un significativo salto in
avanti sul cammino dell’armonizzazione
fiscale. Il
nodo principale resta quello
dell’unanimità nelle votazioni
del Consiglio, principio
che impedisce di andare
avanti sulla strada di
una vera politica comune
in campo fiscale. Il processo
di armonizzazione fiscale
europea è, infatti, frenato
dalla riluttanza degli
Stati membri a rinunciare
alla propria potestà impositiva,
per ragioni di autonomia
decisionale e per motivi
di gettito.
Ma se è vero, come afferma
Giuliano Amato, che
«una Costituzione non
chiude mai una storia, ma
ne apre un’altra», dobbiamo
guardare avanti con fiducia.
di Federico Solfaroli Camillocci