L’adeguamento è una garanzia per la qualità e l’indipendenza degli avvocati.
Come ormai tutti gli
avvocati italiani
sanno - finalmente -
sono a tutti gli effetti operative,
dal 1/06/2004, le
nuove tariffe forensi “ufficializzate”.
Tutti gli avvocati italiani
sanno che è stato un lavoro
lungo, faticoso e tanto atteso
per giungere – ripetiamo
finalmente – ad un
adeguamento che consente
agli avvocati di recuperare
almeno l’inflazione maturata
nell’ultimo decennio,
visto che la tariffa precedente
risaliva al lontano
1994, e che la delibera del
Consiglio Nazionale Forense
- contenente la proposta
di aumento oggi in
vigore - è addirittura del
settembre 2002.
In un momento storico in
cui la nostra professione
vive di continue vessazioni
legislative e talvolta sociali,
credo che si debba accogliere
l’entrata in vigore
delle nuove tariffe con viva
soddisfazione; infatti, le
obsolete precedenti tariffe,
in spregio alle previsioni
legislative che ne prevedevano
l’aggiornamento ogni
due anni, erano divenute
intollerabili per gli avvocati
italiani tanto più dopo
l’avvento dell’euro che ne
aveva ancor più amplificato
l’insufficienza.
Ma al di là dell’aumento
indicato legislativamente
nel noto 25% scaturente
dal decreto, vorrei far soffermare
l’attenzione di tutti
noi su un altro aspetto, ben
più importante di quello
economico, riguardante la
valenza che questo adeguamento
ha nei confronti del
ruolo dell’avvocato nella
nostra società.
Infatti, come molti autorevoli
legali che ricoprono
ruoli di rappresentanza dell’avvocatura
hanno immediatamente
rilevato, un sistema
tariffario adeguato è
di per sé garanzia d’indipendenza
e di qualità della
prestazione dell’avvocato.
Su questo punto condivido
pienamente il pensiero del
neoeletto Presidente del
CNF, Prof. Avv. Guido Alpa,
il quale in occasione
del nostro congresso nazionale
tenutosi a Palermo lo
scorso anno, aveva “lanciato
un grido d’allarme”
sulla garanzia d’indipendenza
e sulla difesa della
qualità dell’avvocato italiano.
Seppur privo dell’autorevolezza
e dello spessore
del Prof. Alpa, ed in modo
indubitabilmente più modesto,
avevo già scritto su
queste stesse pagine che
per la modernizzazione
della nostra professione era
indispensabile questo adeguamento
normativo garanzia
di qualità ed indipendenza
dell’avvocato.
Credo che molti avvocati,
da tempo, avessero lo stesso
moto di pensiero.
Parlo di garanzia di indipendenza
perché l’avvocato
costretto a svilire il corrispettivo
per la propria attività
– magari al fine di
accaparrare o mantenere il
cliente – si colloca nei
confronti dello stesso in
una posizione quasi subordinata.
Tale rapporto sarebbe
in stridente contrasto
con le luminose tradizioni
della nostra categoria, oltre
che del tutto intollerabile
sul mero piano etico.
Parlo di garanzia di qualità,
perché un corrispettivo
adeguato impegna ed obbliga
l’avvocato ad assicurare
al cliente un elevato livello
di diligenza professionale
così come richiesto
dal rapporto contrattuale
del patrocinio.
Ma su questo, voglio anche
ricordare quanto affermato
dall’Avvocato Remo Danovi
– precedente presidente
del CNF e grande esperto
delle cose dell’avvocatura
– nella sua presentazione
delle tariffe sull’ultima
Rassegna Forense, così
commentava: «Le nuove
tariffe, poi, sono uno strumento
molto più chiaro ed
intelligente che nel passato.
Esse recano
tabelle già sviluppate, e
non valori base seguiti da
complicati criteri di sviluppo.
Ma soprattutto accompagnano
la professione forense
nelle numerose innovazioni
che l’hanno ricordata
nell’ultimo decennio,
sia relativamente alle forme
di esercizio dell’attività,
sia rispetto alle nuove
istanze giudiziari di fronte
alle quali essa si svolge».
Oltre gli autorevoli interventi
sopra citati afferenti
ad una visione nazionale
dell’avvocatura, credo sia
importante registrare anche
la posizione dell’Ordine di
Roma, nella persona del
suo Presidente, Prof. Avv.
Alessandro Cassiani, il
quale ha parlato di «vero e
proprio traguardo decisivo
che consente di porre fine
ad uno squilibrio che da
oltre 10 anni subiva tutta
l’Avvocatura». Il Presidente
Cassiani rappresenta
l’Ordine più numeroso d’Italia,
impegnato quotidianamente
nella liquidazione
degli onorari dei tanti Colleghi
che richiedono legittimamente
pareri di congruità
e che, fino a ieri, si
basavano su delle tariffe
inique, per poi subire delle
decurtazioni giudiziali imponenti
quanto immotivate.
Ma questa è un’altra
storia ed un altro annoso
problema.
E’, quindi, innegabile che
la nostra categoria deve accogliere
questo adeguamento
come un significativo
passo in avanti, anche
se le aspettative dell’avvocatura
sono ancora molteplici,
dobbiamo però considerare
questo risultato
come un traguardo, tanto
importante quanto sofferto.
Molti avvocati avranno notato
le fisiologiche quanto
demagogiche polemiche
che si sono levate dopo il
decreto del Ministro Castelli.
Qualcuno ha addirittura
parlato di “ennesima
stangata per le famiglie”.
Eppure, le nuove tariffe,
con minimi inderogabili,
costituiscono un presupposto
perché le prestazioni
degli avvocati rispettino
standard comuni, al di sotto
dei quali – come lo stesso
Decreto recita – verrebbe
meno il diritto di difesa.
E oltre al recupero dell’inflazione
– che secondo l’ISTAT
nell’ultimo decennio
è stata di poco al di sotto
del 30% - si prevede anche
l’adeguamento (ripetiamo
finalmente!) del rimborso
per le spese generali come
per la formazione o per
l’informatizzazione degli
studi legali. E non è stato
facile arrivare a questo.
Basti ricordare che il Ministero
ha insistito su questi
elementi nella relazione
inviata al Consiglio di Stato
che aveva, di fatto,
stoppato il parto delle
nuove tariffe con il noto
parere del 27 ottobre
2003.
E’ stato fondamentale il
lavoro del CNF che ha
spinto il Ministero a superare
l’atteggiamento preso
dal Consiglio di Stato che
metteva a rischio la valenza
della tariffa. Tale “diatriba”
è stata, finalmente,
“archiviata” nel parere definitivo
dello stesso del 26
gennaio scorso. In ogni
caso, il Consiglio di Stato
ha confermato alcune perplessità
per quanto riguarda
l’entità complessiva
degli aumenti, ma ha superato
le problematiche
sostanziali che erano oggetto
del primo parere dell’ottobre
2003. Di fronte
allo scetticismo del Consiglio
di Stato, il Ministero
ha concesso agli Avvocati
un aumento del 2,5% (invece
che del 5%) al rimborso
spese generali, portando
la voce al 12,5%.
Anche il criterio di arrotondamento
degli importi è
stato censurato dai giudici
amministrativi: per gli
onorari è fissata alla cinquina
di euro, per i diritti
all’unità. In precedenza,
era, rispettivamente, alle 5
mila e alle mille lire. Dunque,
nella manovra, secondo
il Consiglio di Stato, si
veicola un nuovo incremento
(del 50%), al di là
dell’adeguamento nominale
del 25%. Tuttavia, il Ministero
fa notare che l’arrotondamento
per eccesso
degli onorari minimi
(10,34 diventa 15) è “compensato”
da quello, nuovo,
per difetto sui massimi
(34,67 diventa 30). Invece,
i diritti sono arrotondati
“con metodo algebrico
neutro”: 10,49 diventa 10,
10,67 diventa 11.
Per quanto riguarda la
struttura della tariffa, gli
scaglioni inferiori sono stati
accorpati e nelle tabelle
sono stati indicati minimi e
massimi per ogni “range”
di valore, in modo da evitare
difficoltà che derivano
dall’applicazione di un
coefficiente. Quest’innovazione
è giudicata come “la
semplificazione più profonda”.
Infine, la tariffa recepisce
anche i nuovi compiti
degli avvocati, come le indagini
difensive e la “chance”
di organizzarsi attraverso
società.
di Antonio Conte
Avvocato del Foro di Roma