Con l'avvento dell'euro sembrerebbe giunto il tempo di poter parlare di un'Europa
unita e legata, non solo dalla stessa moneta, ma anche dalla nascita di un primordiale
sentimento di "identità Europea". Nel nostro paese, come negli
altri dell'Unione europea, persone di diverse culture e religioni s'incontrano,
scontrano e vivono le une accanto alle altre avendo come sfondo temporale un
particolare momento della storia dell'umanità dove le nuove tecnologie
della comunicazione rendono nulla ogni distanza fisica e linguistica.
Purtroppo,
nonostante questa modernità e dinamicità nei rapporti interpersonali,
nella nostra vecchia Europa vestita di nuovo non si riesce a rintracciare, o
far emergere, una scacchiera di valori etici comuni, sufficiente ad affrontare
e risolvere questioni attinenti all'aspetto personale ed intimo della vita umana.
Le ragioni della mancata cristallizzazione, nonostante i tentativi messi in
atto a livello internazionale, di un "minimo comune denominatore etico"
sono rintracciabili, schematicamente, in almeno tre fenomeni:
1) la secolarizzazione che ha affievolito una cultura incarnata nel patrimonio
morale di una religione dominante;
2) il forte fenomeno immigratorio, che porta con sé problemi sociali
e giuridici di non facile soluzione (ad esempio lo scontro tra la cultura greco-romana
e quella islamica);
3) la rinascita, in periodo di necessaria globalizzazione culturale ed economica,
di particolarismi nazionali e locali che portano allo scontro con le dinamiche
opposte della biomedicina e della scienza in genere.
In questo panorama di visioni eterogenee il diritto "europeo" quale
ruolo ha? Come può la società europea imporre, ad esempio, alla
scienza di non fare tutto ciò che è in grado di fare (si pensi
alla clonazione, eutanasia, la costituzione d'embrioni ai fini della ricerca,
donazione e trapianti d'organi
) se essa stessa non ha cognizione di cosa
chiedere? Il popolo d'Europa, in lenta formazione, non può e non deve
rinunciare ad affrontare questioni che attengono alla sfera più intima
e in alcuni casi più sofferente della persona umana, soffermandosi solo
agli aspetti economici della vita, guidato esclusivamente dall'impulso famelico
della "dura legge del mercato".
Il politeismo etico, caratteristica della nostra complessa e mutevole realtà,
è un irrinunciabile elemento delle nostre liberal-democrazie ed ogni
tentativo di riportare il "più" "all'uno" determinerebbe
una scelta di sapore repressivo ed autoritario. Engelhardt jr. definisce gli
uomini moderni "stranieri morali", evidenziando la reale incapacità
di comunicare e comprendere delle persone che parlano linguaggi etici differenti.
Il fulcro dove far leva per aprire una nuova breccia, attraverso cui discutere
di bioetica e degli altri momenti di frizione morale, ruota sulla capacità
di dialogare costruttivamente e di raggiungere un accordo di principio utilizzando
il linguaggio comune della "dignità umana", unico possibile
fondamento di un'etica europea. La circolazione di una moneta unica tra gli
Stati membri dell'Unione europea non è da sola sufficiente a determinare
la venuta in essere del "popolo europeo", ma accanto ad essa altri
e più importanti passi devono essere compiuti per poter raggiungere questo
agognato traguardo. L'Europa del futuro dovrà realizzare una vera rivoluzione
copernicana sulle ceneri di un autoritario modo di pensare e d'agire ponendo
al centro d'ogni discorso sul diritto e sull'economia la persona umana e i suoi
bisogni. In questa fase di costruzione di un'identità europea l'invito
che si può rivolgere alle istituzioni internazionali e nazionali coinvolte
in questo processo, coincide con l'imperativo categorico, di "kantiana
memoria": "agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella
tua persona, sia in quella di ogni altra, sempre anche come fine e mai semplicemente
come mezzo".
di Leo Stilo