Ancora una volta i titoli
di testa dei TG,
le prime pagine dei
quotidiani e le inchieste dei
principali settimanali sono
occupati dal tema giustizia,
trattato sotto diversi aspetti.
Tra questi i fatti di Napoli,
con polemiche più o meno
strillate all’interno della
Procura della Repubblica,
con un Procuratore Capo,
Agostino Cordova, che dichiara
di non condividere
l’operato dei propri sostituti,
ma non ha il coraggio di
smentire lo stesso avocando
l’inchiesta.
Ancora una volta i titoli
di testa dei TG,
le prime pagine dei
quotidiani e le inchieste dei
principali settimanali sono
occupati dal tema giustizia,
trattato sotto diversi aspetti.
Tra questi i fatti di Napoli,
con polemiche più o meno
strillate all’interno della
Procura della Repubblica,
con un Procuratore Capo,
Agostino Cordova, che dichiara
di non condividere
l’operato dei propri sostituti,
ma non ha il coraggio di
smentire lo stesso avocando
l’inchiesta.
Quasi a dire, prima l’opportunità
politica, poi la giustizia:
e, infatti, ad arresti clamorosi,
prima facie non indispensabili
e sul cui fondamento
giuridico si nutrono
perplessità che vanno al
di là della loro revoca operata
dal Tribunale della Libertà,
si oppone un atteggiamento
del Ministero degli
Interni che appare anch’esso
talmente schierato
da far sospettare che gli arresti
clamorosi non siano
stati richiesti dai PM per i
motivi dedotti nei vari atti
giudiziari, ma in quanto i
Magistrati ritenevano che,
senza gli stessi, non sarebbe
stato possibile portare
avanti l’accusa per i fatti minori
che probabilmente si sono
effettivamente verificati.
Si è usato il termine probabilmente
in quanto chiunque
abbia operato nel campo dell’attivismo
politico, sia a destra
che a sinistra, è a conoscenza
che, nei fermi di polizia
in seguito a manifestazioni
di piazza che hanno dato
luogo ad incidenti, vi è un
periodo di tempo nel quale il
fermato, specie se giovane,
si trova in una zona grigia,
ove i principi di stretta legalità
vengono rinviati al momento
in cui giungono in loco
gli avvocati difensori.
Succede così anche durante
il fermo di delinquenti abituali.
Spesso, nei fermi in seguito
a manifestazioni politiche, la
zona grigia costituisce l’unica
punizione per aver violato
(o contribuito a violare) con
atti di violenza quelle regole
di convivenza che costituiscono
il presupposto fondamentale
di ogni sistema democratico:
infatti, nella maggioranza
dei casi, si esce da
quella caserma senza una denuncia
penale o con accuse
lievi, che gli operatori del diritto
ben sanno che consentiranno
ad un buon avvocato
di tirare il proprio assistito
fuori dai guai.
In sintesi, qualche schiaffo,
tanta paura ed un peso giudiziario
per qualche anno hanno
l’effetto di porre un freno
al giovane, renderlo più maturo
e, sostanzialmente, evitargli
di cadere nella trappola
del terrorismo rivoluzionario.
Così come vi sono genitori i
quali eccedono nei mezzi di
correzione, non sempre gli
operanti limitano il loro
comportamento ad una paternalistica
punizione ed eccedono,
dimentichi che tali
comportamenti, pur giustificabili
e non sempre socialmente
negativi, non sono
comunque consentiti dalla
legge e superano anche un
diverso obbligo morale,
quello del rispetto del senso
collettivo della giustizia e
della non eccessività della
sanzione rispetto all’evento.
Orbene, è indubbio che l’accusa
di sequestro di persona
nei confronti di agenti di polizia
giudiziaria che hanno
ricercato negli ospedali i
protagonisti di scontri di
piazza e, fermandoli, li hanno
condotti in caserma per
identificarli non rispetta la
percezione comune della
giustizia. Anche perché appare
quasi ovvio agli occhi
popolari che chi sia stato ferito
in seguito agli incidenti
di piazza probabilmente si
trovava nelle prime file dei
dimostranti e quasi certamente
non per incitare alla
calma.
E’ analogamente indubbio
che chi è disponibile a tollerare
un comportamento
<> della polizia
al momento del fermo, non
tollera che si violino le regole
di un gioco che può essere
duro, ma deve rimanere
nei limiti di quelle regole
non scritte, ma ben chiare
nella coscienza di tutti.
La pronuncia del Tribunale
della Libertà di Napoli ha
chiarito che l’accusa di aver
violato alcune di queste regole
è meritevole di essere
vagliata con attenzione dalla
Magistratura requirente: in
tale quadro la revoca del
provvedimento di sospensione
dal servizio degli agenti
non appena conosciuto il dispositivo
della decisione dei
Giudici del riesame appare
tanto inopportuna quanto
non indispensabile.
Vi sono settori della Magistratura
che hanno lanciato
una sfida contro il Governo
che, essendo quest’ultimo
stato democraticamente eletto,
si trasforma in una sfida
contro il Potere Legislativo
di cui i giudici sono indipendenti
esecutori della volontà.
Una simile sfida del
Potere Giudiziario potrebbe
ben essere letta come una
sfida contro lo Stato.
Di ciò si è reso perfettamente
conto il Presidente della
Repubblica, Carlo Azelio
Ciampi, che più volte ha
espresso le proprie preoccupazioni
di fronte alla minaccia
di sciopero generale da
parte dell’ANM.
Di fronte a tale sfida non è
ammissibile che il Governo,
ed il Ministero degli Interni
in particolare, raccolga il
guanto, atteso che il Potere
Legislativo deve reagire non
già forzando a propria volta
le leggi poste a garanzia dei
cittadini, ma modificando
alla luce della esperienza e
delle interpretazioni dei giuristi
quelle norme che a suo
avviso non rispondono a
principi costituzionali o agli
orientamenti politici o economici
esposti nel programma
elettorale.
Tra l’altro una politica similare
consente di identificare
chi desideri la contrapposizione
ad ogni costo e chi ritenga
che il Paese tragga
giovamento da un dialogo
tra le parti sociali. Lo ha dimostrato
il Ministro della
Giustizia, provocando la
spaccatura all’interno dell’AMN,
allorché si è seduto
ad un tavolo con il suo precedente
presidente, dr. Patrono,
lo ha dimostrato il
Presidente del Consiglio
nella trattativa sulle riforme
del lavoro che hanno visto la
CGIL isolata dal resto del
mondo sindacale.
D’Alema conquistò il potere
auspicando un paese normale.
La frase fu di grande effetto
e, in termini di giustizia,
significa che devono essere
censurati e non esaltati
coloro che sbagliano.
Ciò vale sia per i Magistrati
che per i poliziotti. E, anche,
per i politici i quali, dimenticandolo,
potrebbero far più
danni alla loro squadra di
quelli che, in campo avverso,
hanno fatto i loro predecessori.
di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma