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Editoriali: Arresti, legalità e giustizia
Posted by Reboa on Friday, March 18 @ 17:55:01 CET
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Ancora una volta i titoli di testa dei TG, le prime pagine dei quotidiani e le inchieste dei principali settimanali sono occupati dal tema giustizia, trattato sotto diversi aspetti.
Tra questi i fatti di Napoli, con polemiche più o meno strillate all’interno della Procura della Repubblica, con un Procuratore Capo, Agostino Cordova, che dichiara di non condividere l’operato dei propri sostituti, ma non ha il coraggio di smentire lo stesso avocando l’inchiesta.



Ancora una volta i titoli di testa dei TG, le prime pagine dei quotidiani e le inchieste dei principali settimanali sono occupati dal tema giustizia, trattato sotto diversi aspetti.
Tra questi i fatti di Napoli, con polemiche più o meno strillate all’interno della Procura della Repubblica, con un Procuratore Capo, Agostino Cordova, che dichiara di non condividere l’operato dei propri sostituti, ma non ha il coraggio di smentire lo stesso avocando l’inchiesta.
Quasi a dire, prima l’opportunità politica, poi la giustizia: e, infatti, ad arresti clamorosi, prima facie non indispensabili e sul cui fondamento giuridico si nutrono perplessità che vanno al di là della loro revoca operata dal Tribunale della Libertà, si oppone un atteggiamento del Ministero degli Interni che appare anch’esso talmente schierato da far sospettare che gli arresti clamorosi non siano stati richiesti dai PM per i motivi dedotti nei vari atti giudiziari, ma in quanto i Magistrati ritenevano che, senza gli stessi, non sarebbe stato possibile portare avanti l’accusa per i fatti minori che probabilmente si sono effettivamente verificati.
Si è usato il termine probabilmente in quanto chiunque abbia operato nel campo dell’attivismo politico, sia a destra che a sinistra, è a conoscenza che, nei fermi di polizia in seguito a manifestazioni di piazza che hanno dato luogo ad incidenti, vi è un periodo di tempo nel quale il fermato, specie se giovane, si trova in una zona grigia, ove i principi di stretta legalità vengono rinviati al momento in cui giungono in loco gli avvocati difensori.
Succede così anche durante il fermo di delinquenti abituali.
Spesso, nei fermi in seguito a manifestazioni politiche, la zona grigia costituisce l’unica punizione per aver violato (o contribuito a violare) con atti di violenza quelle regole di convivenza che costituiscono il presupposto fondamentale di ogni sistema democratico: infatti, nella maggioranza dei casi, si esce da quella caserma senza una denuncia penale o con accuse lievi, che gli operatori del diritto ben sanno che consentiranno ad un buon avvocato di tirare il proprio assistito fuori dai guai.
In sintesi, qualche schiaffo, tanta paura ed un peso giudiziario per qualche anno hanno l’effetto di porre un freno al giovane, renderlo più maturo e, sostanzialmente, evitargli di cadere nella trappola del terrorismo rivoluzionario.
Così come vi sono genitori i quali eccedono nei mezzi di correzione, non sempre gli operanti limitano il loro comportamento ad una paternalistica punizione ed eccedono, dimentichi che tali comportamenti, pur giustificabili e non sempre socialmente negativi, non sono comunque consentiti dalla legge e superano anche un diverso obbligo morale, quello del rispetto del senso collettivo della giustizia e della non eccessività della sanzione rispetto all’evento.
Orbene, è indubbio che l’accusa di sequestro di persona nei confronti di agenti di polizia giudiziaria che hanno ricercato negli ospedali i protagonisti di scontri di piazza e, fermandoli, li hanno condotti in caserma per identificarli non rispetta la percezione comune della giustizia. Anche perché appare quasi ovvio agli occhi popolari che chi sia stato ferito in seguito agli incidenti di piazza probabilmente si trovava nelle prime file dei dimostranti e quasi certamente non per incitare alla calma.
E’ analogamente indubbio che chi è disponibile a tollerare un comportamento <> della polizia al momento del fermo, non tollera che si violino le regole di un gioco che può essere duro, ma deve rimanere nei limiti di quelle regole non scritte, ma ben chiare nella coscienza di tutti.
La pronuncia del Tribunale della Libertà di Napoli ha chiarito che l’accusa di aver violato alcune di queste regole è meritevole di essere vagliata con attenzione dalla Magistratura requirente: in tale quadro la revoca del provvedimento di sospensione dal servizio degli agenti non appena conosciuto il dispositivo della decisione dei Giudici del riesame appare tanto inopportuna quanto non indispensabile.
Vi sono settori della Magistratura che hanno lanciato una sfida contro il Governo che, essendo quest’ultimo stato democraticamente eletto, si trasforma in una sfida contro il Potere Legislativo di cui i giudici sono indipendenti esecutori della volontà.
Una simile sfida del Potere Giudiziario potrebbe ben essere letta come una sfida contro lo Stato.
Di ciò si è reso perfettamente conto il Presidente della Repubblica, Carlo Azelio Ciampi, che più volte ha espresso le proprie preoccupazioni di fronte alla minaccia di sciopero generale da parte dell’ANM.
Di fronte a tale sfida non è ammissibile che il Governo, ed il Ministero degli Interni in particolare, raccolga il guanto, atteso che il Potere Legislativo deve reagire non già forzando a propria volta le leggi poste a garanzia dei cittadini, ma modificando alla luce della esperienza e delle interpretazioni dei giuristi quelle norme che a suo avviso non rispondono a principi costituzionali o agli orientamenti politici o economici esposti nel programma elettorale.
Tra l’altro una politica similare consente di identificare chi desideri la contrapposizione ad ogni costo e chi ritenga che il Paese tragga giovamento da un dialogo tra le parti sociali. Lo ha dimostrato il Ministro della Giustizia, provocando la spaccatura all’interno dell’AMN, allorché si è seduto ad un tavolo con il suo precedente presidente, dr. Patrono, lo ha dimostrato il Presidente del Consiglio nella trattativa sulle riforme del lavoro che hanno visto la CGIL isolata dal resto del mondo sindacale.
D’Alema conquistò il potere auspicando un paese normale.
La frase fu di grande effetto e, in termini di giustizia, significa che devono essere censurati e non esaltati coloro che sbagliano.
Ciò vale sia per i Magistrati che per i poliziotti. E, anche, per i politici i quali, dimenticandolo, potrebbero far più danni alla loro squadra di quelli che, in campo avverso, hanno fatto i loro predecessori.

di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma

 
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