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Criminalità: Stato contro antiStato
Posted by Stilo on Wednesday, September 22 @ 23:01:54 CEST
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Il 6 ottobre 2003 è stata presentata alla Camera e al Senato la Relazione annuale sullo stato della sicurezza. Il punto nodale dell'intera relazione diviene, alla luce delle critiche mosse dall'opposizione al Governo, l'insieme dei traguardi raggiunti dallo Stato nella lotta contro la criminalità organizzata di tipo mafioso. Tuttavia, in merito a quest'ultimo argomento la relazione che più interessa è quella consegnata al Parlamento dalla Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A) in merito ai risultati ottenuti nel corso del primo semestre 2003.



Con estrema lucidità, in questo documento, è descritto il quadro attuale delle strutture, delle sfere di interesse e dei probabili profili evolutivi delle vecchie e nuove realtà criminali. Se da un lato, infatti, continua la predominanza delle classiche strutture di matrice "nazionale" dall'altro, si evidenzia un crescente fermento della criminalità organizzata di origine extracomunitaria che realizza nel territorio numerosi sodalizi con le realtà criminali locali.
Il carattere transnazionale è sempre più considerato, dalle stesse organizzazioni, come imprescindibile "attributo" di una moderna e competitiva struttura criminale. Quello che si nota, in modo evidente, è il tendenziale abbandono dell'improvvisazione e del carattere contingente di tali alleanze. I reati che le organizzazioni di matrice extracomunitaria realizzano trovano fondamento e linfa vitale nel traffico di esseri umani, visto come strumento di approvvigionamento privilegiato delle vittime (materia prima) da destinare allo sfruttamento sessuale e al lavoro nero. A tali delitti si affiancano anche quelli classici del traffico di stupefacenti, di armi nonché il riciclaggio dei proventi illeciti. Per quanto riguarda le organizzazioni criminali tradizionali, nonostante si segnalino numerosi successi della magistratura, si deve mettere in evidenza la grande capacità rigenerativa delle varie organizzazioni. Le principali iniziative criminali di alto livello sono, tuttavia, riconducibili alla sfera di influenza delle quattro tradizionali strutture di tipo mafioso (cosa nostra, camorra, 'ndrangheta, sacra corona unita).
Da un punto di vista delle attività criminali, l'Italia è suddivisibile in tre zone di interesse, ciascuna con proprie evidenti caratteristiche. In primo luogo, nel sud si evidenziano, anche nei primi mesi del 2003, fenomeni criminali molto complessi: dal contrabbando proprio della Puglia e della Campania ai vecchi e nuovi fermenti della Sicilia e della Calabria. In queste ultime regioni si è assistito non solo alla consumazione dei tradizionali reati contro la persona, il patrimonio e l'ordine pubblico ma ad una forte tendenza delle organizzazioni ad entrare e dominare in ampi settori dell'economia privata e pubblica.
Le classiche strutture criminali riescono a mantenere l'egemonia e il controllo sulle organizzazioni straniere. Situazione in parte diversa si rinviene nel centro d'Italia in cui i gruppi criminali autoctoni, nei primi mesi dell'anno, hanno indirizzato i loro sforzi a tentare di riciclare parte dei proventi già acquisiti attraverso operazioni finanziarie ed economiche (investimenti mobiliari ed immobiliari). A differenza di quanto avviene nelle regioni meridionali, si è assistito ad una forte penetrazione ed affermazione di gruppi di matrice extracomunitaria, dedite allo sfruttamento alla prostituzione, alla contraffazione e al gioco d'azzardo. Nel nord le organizzazioni criminali mantengono i tratti caratteristici propri del recente passato; infatti, le attività a cui sono dedite rimangono in prevalenza quelle del riciclaggio, del traffico di sostanze stupefacenti e soprattutto quelle tese ad acquisire appalti per l'esecuzione di opere pubbliche.
In questa parte del Paese si assiste, inoltre, ad un sensibile aumento dell'influenza della criminalità d'origine albanese, rumena, cinese e nigeriana. Le prime due realtà criminali dedite ai reati cd. predatori, le altre due alla fabbricazione e al commercio di manufatti illeciti. Nella seconda parte della Relazione la DIA mette in evidenza gli aspetti operativi e i risultati di maggior rilievo attenuti nei primi sei mesi 2003. Leggendo i dati e le statistiche quello che maggiormente colpisce sono i risultati ottenuti dalle forze dell'ordine sul fronte della lotta all'infiltrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto sano dell'economia. In particolare, l'investigazione preventiva è stata incentrata sull'esame delle "segnalazioni di operazioni finanziarie sospette" pervenute dall'U.I.C. ai sensi dell'art. 3 della Legge 197/91, al fine di individuare quelle riconducibili alla criminalità organizzata. In questa prospettiva si è notato un incremento evidente delle interrelazioni tra i delitti di estorsione e di usura con alcuni fenomeni di riciclaggio.
Il secondo settore che è stato oggetto di particolare attenzione è quello degli appalti pubblici in quanto rappresentano una preziosa fonte di denaro e potere dato che riescono a garantire alle organizzazioni criminali il reinvestimento, in iniziative legali, di ingenti risorse "liquide" di provenienza illecita ed una fonte ulteriore di controllo delle attività amministrative degli enti locali. (si pensi, ad esempio, alle risorse economiche impegnate nei lavori di ampliamento ed ammodernamento dell'autostrada A-3 Salerno Reggio Calabria).
A tutte queste conclusioni contenute nella Relazione della DIA si devono aggiungere alcune riflessioni derivanti dai successi, concreti e tangibili, ottenuti dopo anni di indagini e controlli in Calabria, da parte della magistratura e delle forze dell'ordine, attraverso operazioni di imponenti dimensioni che hanno messo in evidenza come la criminalità organizzata abbia un attuale interesse ad infiltrarsi nelle amministrazioni locali per dirottare le risorse economiche provenienti dai grandi investimenti delle Istituzioni nazionali ed internazionali. Nello stesso periodo si è assistito ad un ritorno al commissariamento di alcuni comuni per presunte infiltrazioni mafiose ed alla presa di coscienza da parte del mondo politico di dover compiere profonde riflessioni sui "collaboratori di giustizia" e sul ruolo che gli stessi devono avere nelle dinamiche investigative e processuali.
Oggi, bisogna sostenere, con forza e decisione, il lavoro dei magistrati e delle forze dell'ordine in Calabria per non rischiare di ridurre il valore, reale e simbolico, delle vittorie dello Stato contro la 'ndragheta. In conclusione quello che appare evidente è che lo Stato al sud si trova a combattere una difficile e impegnativa battaglia per impedire che le organizzazioni criminali possano sfruttare per i loro fini le opportunità di lavoro e di guadagno che si stanno prospettando nel settore delle grandi opere pubbliche.
L'attenzione, ancora una volta, deve essere rivolta alle amministrazioni locali e in tutti quei luoghi di potere "pubblico" dove è appetibile infiltrarsi per gestire la "res publica" per fini illeciti.

di Leo Stilo

 
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