Alcuni parlamentari, tra i quali il famoso Cirami, hanno proposto una nuova normativa in
materia di legittima difesa per dare più tutele ai cittadini
Precisare meglio il
concetto di legittima
difesa, in attesa di
una più radicale riforma
del codice penale. Questa
l’intenzione dei promotori
del disegno di legge che
dovrebbe introdurre nell’attuale
codice penale l’articolo
52 bis, recante norme
sul «Diritto all’autotutela
in un privato domicilio
».
Secondo i firmatari della
proposta - tra questi i senatori
Cirami, Gubetti, Centaro
e Calderoli – il concetto
di difesa di un diritto
proprio od altrui dal pericolo
attuale di un’offesa
ingiusta, contenuto nel testo
attuale dell’articolo 52
del codice penale, sarebbe
talmente vago e generico
da aver legittimato, finora,
interpretazioni fin troppo
garantistiche e discrezionali
da parte dei giudici, al
punto – si legge nel comunicato
diramato dai firmatari
della proposta – «... da
vanificare la certezza del
diritto». Gli stessi fanno
proprio il pensiero espresso
dal procuratore Carlo
Nordio, Presidente della
Commissione incaricata di
riformare il codice penale,
secondo il quale: «Le norme
oggi in vigore pur consentendo
teoricamente a
chi si trova di fronte un rapinatore
di reagire con le
armi, di fatto lo espone ad
un processo... Spesso si ritiene
che la reazione a mano
armata, anche in casa
propria, ecceda il pericolo
a cui si è esposti. Di conseguenza
viene punita...
Un codice di impronta liberale
dovrebbe garantire
la libertà all’individuo di
difendersi anche quando
non è presente la forza
pubblica, avvalendosi di
un suo diritto naturale».
Insomma, da un lato si
rimprovera ai magistrati di
garantire i diritti solo ai
delinquenti, a discapito dei
cittadini, che da vittime del
reato divengono imputati,
solo per aver difeso la propria
vita, i propri beni o
quelli dei loro familiari, in
conseguenza di condotte
criminose da loro non intraprese.
Dall’altro si vuole
affermare – come espressione
del diritto naturale
all’autodifesa - il principio
della sovranità del cittadino
nel proprio domicilio,
ovvero il diritto di reagire
ad ogni sua limitazione
con i mezzi che ritiene più
opportuni.
L’articolo 52 bis così recita:
-«Nel contrastare una
violazione di domicilio finalizzata
allo scopo di
commettere reati, si configura
in ogni caso come legittima
difesa la condotta
di chi: a) vedendo minacciata
la propria vita o altrui
incolumità, usa un’arma
legalmente detenuta o
qualsiasi altro mezzo idoneo
per dissuadere o rendere
sicuramente inoffensivo
l’aggressore; b) vedendo
minacciati i propri o altrui
beni e constatata l’inefficacia
di ogni invito a
desistere dalla azione criminosa,
per bloccarla usa
qualsiasi mezzo idoneo o
un’arma legittimamente
detenuta, mirando alle parti
non vitali di chi persiste
nella minaccia».
In attesa di una più ampia
riforma del codice penale,
i cui tempi saranno prevedibilmente
lunghi, l’introduzione
di questa norma,
secondo i proponenti, dovrebbe
consentire di arginare
immediatamente fenomeni
odiosissimi, quali
quelli delle rapine in ville
o private abitazioni, particolarmente
diffusi, specie
in alcune parti d’Italia e tra
fasce individuate di popolazione.
Nell’introduzione al disegno
di legge sono gli stessi
senatori proponenti a rilevare
come «Con tragica
monotonia si ripetono le
rapine nelle case e nelle
ville. Branchi di uomini feroci
– italiani o stranieri
che siano – non esitano a
versare sangue innocente
ed inerme, ad uccidere e
torturare» e che «L’anticipazione
di questo futuro
punto del codice penale sarebbe
anche un importante
segnale all’opinione pubblica
che esiste, nella maggioranza
del Parlamento,
una reale volontà di invertire
la rotta, tutelando finalmente
un po’ di più i
cittadini onesti e un po’
meno i criminali».
I primi potranno reagire
con le armi per tutelare i
beni custoditi nelle proprie
abitazioni, anche contro ladruncoli
minorenni, ma
non si tratterà di una licenza
di uccidere estesa a tutti,
perché sarà comunque
la magistratura a dover accertare
se la reazione del
proprietario sia stata sproporzionata
rispetto all’offesa.
E nel caso in cui il rapinatore
andasse a rubare in casa
di un ladro?
di Raffaella De Angelis
Avvocato del Foro di Roma