In Europa è ampiamente diffuso il controllo politico sui magistrati, mentre il sistema
italiano è un modello avanzato di indipendenza dei giudici e dei pubblici ministeri
Ad alcuni politici
nei guai i pubblici
ministeri Italiani
possono sembrare
collegati alla politica o,
per meglio dire, ad una
certa politica.
Questo atteggiamento
non favorisce certamente
una valutazione corretta
della Giustizia del nostro
Paese. Inoltre, gli esterofili,
sempre troppi, che
citano normalmente
“l’Europa” (ma si parla
di Europa o Unione Europea?
E comunque di
quale Paese? Quale sistema?)
come modello da
imitare in Italia contribuiscono
implicitamente
a screditare status, ruolo
e professionalità dei magistrati.
E allora vediamo che
succede in alcuni Paesi
europei ai pubblici ministeri,
scegliendo qualche
esempio e qualche elemento
che possono contribuire
a chiarirsi le idee
su quanto accade oltre i
nostri confini.
Se il controllo politico
sui Pm vi preoccupa,
Francia e Belgio non fanno
per voi.
Oltralpe «il Presidente
della Repubblica è garante
dell’indipendenza dell’autorità
giudiziaria»,
ma la situazione non è
così buona come sembra.
Attraverso i vari livelli
gerarchici (esempio: Procuratori
della Repubblica
e sostituti, Procuratori
Generali e sostituti, Procuratore
Generale), tra i
quali vige il principio di
direzione e controllo, si
arriva fino al Ministro.
Infatti, i Pm sono posti
«sotto l’autorità… del
Ministro di Giustizia» e
l’esercizio dell’azione
penale non è obbligatorio
come in Italia.
Esistono alcune norme
che ne garantiscono una
certa indipendenza, come
l’inamovibilità, ma l’influenza
del potere politico
è ovviamente molto
forte.
La dipendenza vale sia
per la politica generale
(priorità dei reati da colpire)
sia ai processi individuali.
Non mancano le
garanzie: le istruzioni del
Ministero devono essere
scritte…
Nel Belgio, da dove
spesso arrivano critiche
risibili all’Italia, il pubblico
ministero è dipendente
dal Ministero di
Giustizia. Più specificatamente,
è indipendente
nell’esercizio di indagini
e inchieste individuali,
«senza pregiudizio» del
diritto del Ministro competente
di ordinare inchieste.
Il Ministro può
anche mettere direttive
generali vincolanti (articolo
151 della Costituzione).
E nel nord Europa che
succede? Un esempio
può essere la Svezia: basta
dire che secondo
l’articolo 6 del capitolo
11 dell’atto fondamentale
sugli Strumenti di Governo
(in Svezia non c’è
un’unica costituzione,
ma 4 Leggi Fondamentali
che formano l’impianto
costituzionale nazionale)
«il Procuratore
Generale… è responsabile
di fronte il governo»
Il discorso si fa complesso,
quanto affascinante,
per quanto riguarda il diritto
anglosassone o di
origine anglosassone,
tanto che è difficile riassumerne
gli elementi
fondamentali in pochi righe.
In Gran Bretagna i collegamenti
tra quella che si
può definire accusa e potere
politico sono abbastanza
forti, anche se il
sistema prevede tante e
tali garanzie che il sistema
si presenta come uno
dei più equi e garantisti
in assoluto.
Non è utile fare una rassegna
facendo riferimento
solo ai
sistemi dei Paesi
che sono geograficamente
più vicini,
visto che in
tutto il mondo ne
esistono altri che
condividono le
medesime origini
del nostro e
dai quali si possono
ottenere
esperienze utili
per l’Italia, e
che vigono altrove
anche sistemi
totalmente
diversi
dai quali si
possono trarre
spunti interessanti.
Eppure, malgrado
tutto, il nostro sistema
giudiziario è fortemente
vincolato agli altri
Paesi europei ed al nascente
sistema giudiziario
comunitario, a causa
della permanenza dell'Italia
nell'Unione.
Il problema principale e
immediato è quello del
mandato d’arresto europeo:
è accettabile acconsentire
a questo istituto,
ai suoi automatismi, agli
obblighi da esso derivanti,
consegnando i cittadini
italiani ai pubblici ministeri
«politicizzati» di
molti Paesi dell’Unione,
dove non sono presenti le
garanzie e le professionalità
del sistema Italiano?
Direi proprio di no.
di Andrea Trunzo