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Editoriali: Il Papa anche dei non cattolici
Posted by Reboa on Thursday, May 12 @ 12:00:00 CEST
2005 Download periodico

Ricordo di alcune maestose figure di papi del nostro tempo



La morte di Karol Wojtyla è stata per chi scrive, così come per milioni di cittadini nel mondo, un momento non solo di dolore, ma di riflessione, di ricordi, di considerazioni.
Il tutto in un clima di serenità e di gioia nel lutto, perché Giovanni Paolo II è riuscito nella sua ultima missione, quella di passare alla vita eterna senza dare al mondo la sensazione della morte, ma solo quella della fine di un percorso di sofferenza che, al momento del rito funebre, apre al mondo nuove prospettive di pace attraverso un incontro tra potenti in altre sedi impossibile.
Così, con il pensiero, ripercorro la mia vita con riferimento ai Papi.
La prima figura che ricordo è quella di Papa Giovanni XXIII, il Papa Buono, l’uomo che mio Padre, libero pensatore, andava ad ascoltare entusiasta a p.za S. Pietro.
Ero troppo piccolo per capire la politica, ma, come tutti i bambini, avvertivo quelle percezioni che l’evoluzione del corpo dovuta alla crescita rende più diffide captare. Non capii della crisi di Cuba e del fatto che il Papa aveva probabilmente salvatoil mondo dalla distruzione, ma sentivo che a quella figura corrispondeva il bene e l’amore.
Alla sua morte, nel 1963, sul trono di Pietro sedette Paolo VI: un uomo troppo freddo, troppo esteriormente diverso per essere capito da un bambino Nella famiglia si parlava del ruolo politico del Papa, della sua attività, con quel distacco che si ha nei confronti di persone le quali, essendo tanto più in alto di te, sono emotivamente lontane.
Dopo la sua morte il sorriso di Papa Luciani, il messaggio di un uomo che, assumendo il nome di Giovanni Paolo I, comprendeva che, se la Chiesa aveva bisogno della lucidità politica di Papa Montini, la gente aveva bisogno di ritrovare la figura del pastore che ama il contatto con la popolazione propria di Papa Roncalli.
Trentadue giorni di pontificato ed una morte improvvisa, un colpo apoplettico che diede la stura a molte ipotesi, spesso fantasiose (ci fu anche chi sostenne che fu avvelenato dai servizi segreti americani, o da quelli sovietici, o ancora da quelli israeliani e chi ricordò i Borgia, forse perché Papa Luciani fu il primo Papa ad essere censurato dall’Osservatore Romano per le sue aperture sull’uso degli anticoncezionali).
Dal nuovo conclave poteva uscire solo la speranza, quella spes ultima dea che la tradizione classica ricorda assiste l’uomo (o le comunità) nei momenti più difficili.
E venne eletto Karol Wojtyla, l’uomo della speranza e del rifiuto di arrendersi, l’uomo che nella vita di molti, anche per il lungo pontificato, ha avuto un solo nome, molto semplice: Papa.
Giovanni Paolo II ha impersonificato la Chiesa di Roma, cambiando il corso degli eventi con un disegno universale difficilmente immaginabile anche per il più attento osservatore al momento della sua elezione.
Era prevedibile che tra il nuovo Papa e l’allora regime comunista polacco vi sarebbe stata tensione, ma nessuno allora avrebbe dato credito a chi avesse affermato che gli effetti di tale evento sarebbero stati la caduta del Muro di Berlino ed un nuovo ordine mondiale, nel quale i venti di guerra sarebbero stati alimentati da motivi religiosi enfatizzati da forze estremiste interessate a creare lo scontro tra civiltà.
L’abilità e la grandezza di Papa Wojtyla si sono estrinsecate nel mantenere vivo lo spirito cristiano anche sotto il profilo politico, reclamando l’inserimento del richiamo alle radici cristiane nella Costituzione Europea (ancorché senza successo), e contemporaneamente nel portare il dialogo interreligioso alla sua massima espressione planetaria.
Egli ha tentato di percorrere la strada della pace, opponendo la sua forza morale sia alla forza delle armi che all’integralismo religioso, evitando che quest’ultimo si trasformasse in una guerra di religione o in una crociata mussulmana contro i cristiani.
Dal punto di vista etnico / religioso la crisi dei Balcani è stata forse ancor più difficile di quella del Medio Oriente, proprio perché al centro dell’Europa, e la comunità cristiana è sicuramente risultata perdente: tuttavia la capacità del Papa è stata quella di impedire che la miccia che si era accesa arrivasse a bruciare in tutti i paesi europei, i quali, in dipendenza di un fenomeno migratorio gestito in maniera contraddittoria ed in continua espansione, possono in ogni momento trasformarsi in polveriere sociali ed interreligiose.
Egli ha coerentemente sostenuto le tesi della dottrina della Chiesa, anche quelle che non sono condivise da molti e, in particolare, dagli Europei, la cui società ha assorbito nel proprio DNA istituti quali il divorzio o la convivenza more uxorio, probabilmente consapevole che non sarebbe mai riuscito a modificare gli indirizzi sociali.
Tuttavia il suo comportamento mai è stato sentito dai laici come ostile ed è quindi stato accettato come la voce di quel Grillo Parlante della favola di Pinocchio cui, però, l’uomo non ha avuto il coraggio di scagliare contro il martello, ma lo ha accettato con lo stesso spirito con il quale si accettano le raccomandazioni che un genitore fa ai propri figli ogni mattina, prima che escano di casa.
Si finge di non ascoltarle, o si fa un gesto di noia, salvo poi rimpiangerle quando i genitori non vi sono più ecomportarsi come loro con i propri figli, a dimostrazione che essi non avevano seminato invano.
Il vuoto lasciato da Papa Wojtyla ai laici è stato quello della perdita di un genitore che vive lontano e che spesso è rimasto inascoltato, ma nei confronti del quale vi è un amore profondo, talmente interiore che, paradossalmente, dopo la sua morte diviene più vicino ed ascoltato.
Perché, quando persone simili ci lasciano, viene spontaneo pensare a quello che ti avrebbero detto in certe circostanze, trasformandosi così da Grillo Parlante esterno al proprio corpo a voce della coscienza.
Entrano quindi all’interno del corpo e vivono eternamente, condizionandone i comportamenti.
Benedetto XVI ha preso il suo posto dopo un conclave molto breve: è l’eternità della Chiesa che impone che, per usare una espressione molto in voga tra i Romani, «morto un Papa se ne faccia un altro», è il segno che la vita continua e riprende dopo ogni lutto.
Sarà tuttavia difficile passare in p.za San Pietro e non pensare al vecchio Papa sofferente che, da quel balcone, trasmetteva con un filo di voce forza, amore e voglia di vivere.

Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma

 
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