Ricordo di alcune maestose figure di papi del nostro tempo
La morte di Karol
Wojtyla è stata per
chi scrive, così come
per milioni di cittadini
nel mondo, un momento non solo di dolore,
ma di riflessione, di
ricordi, di considerazioni.
Il tutto in un clima di serenità
e di gioia nel lutto,
perché Giovanni Paolo II
è riuscito nella sua ultima
missione, quella di passare
alla vita eterna senza
dare al mondo la sensazione
della morte, ma solo
quella della fine di un
percorso di sofferenza
che, al momento del rito
funebre, apre al mondo
nuove prospettive di pace
attraverso un incontro tra
potenti in altre sedi impossibile.
Così, con il pensiero, ripercorro
la mia vita con
riferimento ai Papi.
La prima figura che ricordo
è quella di Papa
Giovanni XXIII, il Papa
Buono, l’uomo che mio
Padre, libero pensatore,
andava ad ascoltare entusiasta
a p.za S. Pietro.
Ero troppo piccolo per
capire la politica, ma, come
tutti i bambini, avvertivo
quelle percezioni che
l’evoluzione del corpo
dovuta alla crescita rende
più diffide captare. Non
capii della crisi di Cuba e
del fatto che il Papa aveva
probabilmente salvatoil mondo dalla distruzione,
ma sentivo che a quella figura
corrispondeva il bene
e l’amore.
Alla sua morte, nel 1963,
sul trono di Pietro sedette
Paolo VI: un uomo troppo
freddo, troppo esteriormente
diverso per essere capito
da un bambino
Nella famiglia si parlava
del ruolo politico del Papa,
della sua attività, con
quel distacco che si ha nei
confronti di persone le
quali, essendo tanto più in
alto di te, sono emotivamente
lontane.
Dopo la sua morte il sorriso
di Papa Luciani, il messaggio
di un uomo che, assumendo
il nome di Giovanni
Paolo I, comprendeva
che, se la Chiesa aveva
bisogno della lucidità politica
di Papa Montini, la
gente aveva bisogno di ritrovare
la figura del pastore
che ama il contatto con
la popolazione propria di
Papa Roncalli.
Trentadue giorni di pontificato
ed una morte improvvisa,
un colpo apoplettico
che diede la stura a molte
ipotesi, spesso fantasiose
(ci fu anche chi sostenne
che fu avvelenato dai servizi
segreti americani, o da
quelli sovietici, o ancora
da quelli israeliani e chi ricordò
i Borgia, forse perché
Papa Luciani fu il primo
Papa ad essere censurato
dall’Osservatore Romano
per le sue aperture
sull’uso degli anticoncezionali).
Dal nuovo conclave poteva
uscire solo la speranza,
quella spes ultima dea che
la tradizione classica ricorda
assiste l’uomo (o le comunità)
nei momenti più
difficili.
E venne eletto Karol
Wojtyla, l’uomo della speranza
e del rifiuto di arrendersi,
l’uomo che nella vita
di molti, anche per il
lungo pontificato, ha avuto
un solo nome, molto semplice:
Papa.
Giovanni Paolo II ha impersonificato
la Chiesa di
Roma, cambiando il corso
degli eventi con un disegno
universale difficilmente immaginabile
anche per il più
attento osservatore al momento
della sua elezione.
Era prevedibile che tra il
nuovo Papa e l’allora regime
comunista polacco vi
sarebbe stata tensione, ma
nessuno allora avrebbe dato
credito a chi avesse affermato
che gli effetti di tale
evento sarebbero stati la caduta
del Muro di Berlino
ed un nuovo ordine mondiale,
nel quale i venti di
guerra sarebbero stati alimentati
da motivi religiosi
enfatizzati da forze estremiste
interessate a creare lo
scontro tra civiltà.
L’abilità e la grandezza di
Papa Wojtyla si sono
estrinsecate nel mantenere
vivo lo spirito cristiano anche
sotto il profilo politico,
reclamando l’inserimento
del richiamo alle radici cristiane
nella Costituzione
Europea (ancorché senza
successo), e contemporaneamente
nel portare il dialogo
interreligioso alla sua
massima espressione planetaria.
Egli ha tentato di percorrere
la strada della pace, opponendo
la sua forza morale
sia alla forza delle armi
che all’integralismo religioso,
evitando che quest’ultimo
si trasformasse in una
guerra di religione o in una
crociata mussulmana contro
i cristiani.
Dal punto di vista etnico /
religioso la crisi dei Balcani
è stata forse ancor più
difficile di quella del Medio
Oriente, proprio perché
al centro dell’Europa, e la
comunità cristiana è sicuramente
risultata perdente:
tuttavia la capacità del Papa
è stata quella di impedire
che la miccia che si era
accesa arrivasse a bruciare
in tutti i paesi europei, i
quali, in dipendenza di un
fenomeno migratorio gestito
in maniera contraddittoria
ed in continua espansione,
possono in ogni momento
trasformarsi in polveriere
sociali ed interreligiose.
Egli ha coerentemente sostenuto
le tesi della dottrina
della Chiesa, anche quelle che
non sono condivise da
molti e, in particolare, dagli
Europei, la cui società ha
assorbito nel proprio DNA
istituti quali il divorzio o la
convivenza more uxorio,
probabilmente consapevole
che non sarebbe mai riuscito
a modificare gli indirizzi
sociali.
Tuttavia il suo comportamento
mai è stato sentito
dai laici come ostile ed è
quindi stato accettato come
la voce di quel Grillo Parlante
della favola di Pinocchio
cui, però, l’uomo non
ha avuto il coraggio di scagliare
contro il martello,
ma lo ha accettato con lo
stesso spirito con il quale si
accettano le raccomandazioni
che un genitore fa ai
propri figli ogni mattina,
prima che escano di casa.
Si finge di non ascoltarle, o
si fa un gesto di noia, salvo
poi rimpiangerle quando i
genitori non vi sono più ecomportarsi come loro con
i propri figli, a dimostrazione
che essi non avevano
seminato invano.
Il vuoto lasciato da Papa
Wojtyla ai laici è stato
quello della perdita di un
genitore che vive lontano e
che spesso è rimasto inascoltato,
ma nei confronti
del quale vi è un amore
profondo, talmente interiore
che, paradossalmente,
dopo la sua morte diviene
più vicino ed ascoltato.
Perché, quando persone simili
ci lasciano, viene
spontaneo pensare a quello
che ti avrebbero detto in
certe circostanze, trasformandosi
così da Grillo Parlante
esterno al proprio
corpo a voce della coscienza.
Entrano quindi all’interno
del corpo e vivono
eternamente, condizionandone
i comportamenti.
Benedetto XVI ha preso il
suo posto dopo un conclave
molto breve: è l’eternità
della Chiesa che impone
che, per usare una espressione
molto in voga tra i
Romani, «morto un Papa
se ne faccia un altro», è il
segno che la vita continua
e riprende dopo ogni lutto.
Sarà tuttavia difficile passare
in p.za San Pietro e
non pensare al vecchio Papa
sofferente che, da quel
balcone, trasmetteva con
un filo di voce forza, amore
e voglia di vivere.
Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma