L’ampia visione di
Giovanni Paolo II,
appassionato difensore
della dignità della
persona nella sua
integralità
Viene alla mente il famoso
episodio biblico
(Genesi 18) in cui
Abramo, al fine di evitare la
distruzione di Sodoma e Gomorra,
intercede presso Dio
chiedendo: «Faresti tu perire
così il giusto insieme con
l’empio?». Dio lo rassicura
a condizione che si trovino
almeno dieci giusti; ma i
dieci giusti non si trovarono.
E oggi si troverebbero? E
chi è giusto?
«Beato l’uomo che retto
procede,/che non entra in
consiglio con gli empi;/ […]
ma nella legge di Dio si
compiace/ e la medita il
giorno e la notte», recita il
Salmo 1. Da questo spunto
iniziale del Salterio emerge
la figura del “giusto” (iustum)
come uomo retto, che
procede cioè sulla retta via,
che vive secondo la verità di
Dio e i suoi divini precetti.
Giovanni Paolo II su questa
via ha camminato di sicuro
e la sua vita si è svolta in
conformità al volere di Dio.
Egli, pertanto, è stato un uomo
giusto. E per il giusto
Dio è sempre prodigo di beni:
«...l’uomo che teme il Signore,
ogni cosa che fa, riesce
bene», recita ancora il
Salmo 1. Nel caso di Giovanni
Paolo, possiamo dire,
ciò si è verificato abbondantemente
sia prima sia dopo
l’ascesa al soglio pontificio.
Già da giovane studente e
seminarista nella sua Polonia
occupata dai nazisti e
poi dai comunisti, non si è
sottratto a prove e sacrifici
duri e difficili, mantenendo
sempre fedeltà alla sua coscienza
e coerenza ai suoi
convincimenti; come anche
più tardi da sacerdote e vescovo,
sempre nella sua Polonia,
in una realtà sociale e
politica dominata da una
ideologia atea e illiberale; e,
infine, nel corso del suo lungo
pontificato, mettendo
sempre al primo posto Dio e
l’uomo, in ogni situazione,
pagando di persona e testimoniando
fino all’oblazione
di sé l’amore per gli ultimi,
la fede e il coraggio della
speranza. Egli è stato così
realmente, anche sotto questo
aspetto, vicario di Cristo,che è il giusto per eccellenza.
A dare ulteriore forza a questa
affermazione può bastare
il richiamo ad alcuni avvenimenti
straordinari della sua
vita. Primo, il perdono offerto
all’uomo che, senza
una ragione apparente, aveva
tentato di ucciderlo in
Piazza S. Pietro il 13 maggio
del 1981. L’immagine
del Papa seduto accanto ad
Ali Agca nella cella del carcere,
le due teste quasi che
si toccano in un atteggiamento
di profondo e intimo
colloquio, è penetrata nella
coscienza del mondo e appartiene
ormai alla storia.
Secondo, l’ingresso nella sinagoga
ebraica, la prima
volta di un Papa dopo duemila
anni, e l’incontro col
rabbino capo di Roma Elio
Toaff nel 1986, nel corso del
quale pronunciò le parole
famose con cui riconobbe
gli Ebrei “nostri fratelli
maggiori nella fede”, ha rappresentato
una svolta storica
di grande significato e valore,
ratificata più tardi con la
visita a Gerusalemme e la
preghiera sotto al Muro del
Pianto. Terzo, quasi simmetricamente
al primo, la richiesta
di perdono, fatta
pubblicamente in occasione
del Giubileo, per le colpe e
gli errori commessi nel passato
dalla Chiesa di Roma.
L’umanità intera è stata da
lui assunta come unica famiglia,
all’interno della quale
deve regnare il dialogo e l’amore.
Si tratta, come si può vedere,
di atti e scelte di grande rilevanza
pubblica ma anche di
enorme valore etico e religioso,
atti che nella misura
in cui penetrano nella nostra
coscienza sono capaci di fecondare
e migliorare la nostra
esistenza.
Il giusto allora, in quanto
uomo di Dio, «sarà com’albero
piantato / su rivi di acque
correnti, / che dà frutto
nella sua stagione, / né una
foglia (a terra) ne cade. / Il
suo cammino è ben noto a
Dio / e non va alla rovina
come la via degli empi »
(Salmo 1).
In una prospettiva non biblica
ma più squisitamente giuridico-
sociale il discorso non
cambia. Il diritto positivo
riesce a garantire una sufficiente
giustizia tra gli uomini
nella misura in cui non
contrasta col diritto naturale,
fondato sull’ordine stabilito
da Dio. Giusto, dunque, è
colui che rispetta il ius, ma è
sufficiente? La giustizia senza
amore è vera giustizia?
Quante volte sperimentiamo
la profonda verità racchiusa
nel principio summum ius,
summa iniuria? Non a caso
nella riflessione ecclesiale
la giustizia si accompagna
alla carità.
E’ la carità che anima
e vivifica ogni cosa.
«Se non ho la carità,
io sono un bronzo che
risuona o un cembalo
che squilla» ci insegna
San Paolo.
Giovanni Paolo II è
stato un uomo giusto perché
vissuto nell’amore di Dio.
Perciò egli, come già il padre
Abramo, potrà contare su
una discendenza numerosa
come le stelle del cielo e la
sabbia del mare. E sul suo
esempio la nostra vita potrà
divenire sicuramente più
umana e la terra avvicinarsi
sempre di più al cielo.
di Rosario Foglia