Per una maggiore completezza nella formazione richiesta
alle professioni legali. Come garantire agli avvocati elevati
standard qualitativi
Nel marzo 2004 il
Ministro dell’Istruzione
ha assegnato
alla “Commissione Siliquini”,
il compito iniziale
di procedere alla elaborazione
di una proposta di
revisione dell’ordinamento
delle Scuole di Specializzazione
per le professioni
legali (“Bassanini”), e successivamente
anche quello
di rivedere, alla luce dello
schema di decreto, la congruità
dei percorsi degli
studi universitari della Facoltà
destinati alla formazione
dei futuri professionisti
(notai e avvocati) e
magistrati, così da renderli
più idonei alla formazione
degli aspiranti giuristi, tenendo
nel debito conto le
esigenze sempre rappresentate
dal mondo professionale,
a diretto contatto
con il quotidiano esercizio
dell’attività, e da sempre
critico sulla formazione
universitaria, pur non
avendo mai avuto l’opportunità
di esservi direttamente
coinvolto. Prima
d’ora non si era mai verificato
che alla discussione
sull’articolazione delle tabelle
e degli obiettivi di
un corso di laurea partecipassero
direttamente i professionisti
interessati, ed
in tal senso l’iniziativa del
Ministero - così come i risultati
che ne sono conseguiti
- va certamente apprezzata
e valutata positivamente,
perché dettata
dall’obiettiva necessità di
garantire all’avvocato italiano
un elevato standard
qualitativo. Nella attuale
previsione di formazione
universitaria si sono riscontrate
obiettive disomogeneità
e carenze cui è
necessario supplire, che
evidenziano un sistema
ancora inadeguato, vieppiù
laddove di giorno in
giorno si è sempre più
consapevoli della estrema
rilevanza della formazione.
Le facoltà di giurisprudenza,
nella individuazione
dei piani di offerta
formativa non hanno
saputo adeguatamente
fronteggiare il moltiplicarsi
dei diritti ed il continuo
dilatarsi del fenomeno
giuridico, nell’intento di
fornire una solida e flessibile
preparazione di base,
contribuendo così in parte
rilevante alla progressiva
destrutturazione del percorso
di formazione del
professionista. La critica è
stata largamente condivisa,
quantomeno dalle rappresentanze
dell’Avvocatura
presenti nel Gruppo
di Lavoro. L’Università
dovrebbe infatti risultare
in grado di fornire ai laureandi
il quadro generale
dell’ordinamento giuridico
nella sua evoluzione, una
adeguata ed approfondita
conoscenza dei principi, la
capacità di individuare e
di utilizzare le diverse categorie
concettuali e l’abilità
nell’utilizzo degli strumenti
metodologici che
consentano poi l’effettiva
acquisizione, attraverso i
successivi percorsi, più
“specializzanti” e caratterizzanti,
della necessaria
professionalità. Il corso di
studi universitario deve
quindi avviare concretamente
la conoscenza della
cultura professionale, mediante
l’esame di casi pratici,
la visione di atti, la
lettura e analisi di sentenze,
attuando anche un collegamento
- sinora del tutto
inesistente o assai poco
praticato - con il mondo
esterno, privilegiando così
anche una opportuna interazione
e integrazione con
la realtà del futuro contesto
di riferimento degli
operatori del diritto. E’ apparso
necessario quindi un
serio approfondimento sul
corretto collegamento tra
l’offerta formativa dei singoli
atenei, deliberata nell’ambito
dell’autonomia
loro riconosciuta, i percorsi
di accesso all’ordine
professionale, e la richiesta
concreta di preparazione
che viene dal mondo
professionale, così da consentire
l’effettivo conseguimento
di un titolo di
studio competitivo e spendibile.
Tale verifica ha
portato la Commissione a
ritenere che fosse effettivamente
preferibile procedere
ad una revisione del
corso di laurea magistrale
in Giurisprudenza, con
l’obiettivo di determinare
con maggiore chiarezza e
precisione l’intero percorso
quinquennale. In questo
quadro, è ben vero che
l’attuale assetto normativo,
e particolarmente la
strutturazione degli attuali
“ambiti disciplinari” e
“settori scientifico-disciplinari”
non pare consentire
tout court l’auspicato
totale intervento sul percorso
di formazione universitaria,
ma il Gruppo di
Lavoro si è espresso chiaramente
sul punto, rinviando
a proposte di modifica
successive una
eventuale ulteriore e migliore
attuazione del nuovo
assetto del corso di
laurea con una revisione
degli ambiti e dei settori,
ma attuando interventi significativi
nell’ambito
della definizione degli
obiettivi formativi qualificanti,
così da chiarire l’effettivo
risultato che la
nuova strutturazione intende
conseguire. Si è preso
atto dell’orientamento
generalizzato per l’abbandono
della formula del
3+2, quantomeno nella
sua stretta visione, per dare
vita ad un corso di laurea
che meglio potesse
contemperare e realizzare
le esigenze rappresentate,
a cui sino a questo momento
non si è data esauriente
ed efficace risposta.
L’intento condiviso è stato
per una netta prevalenza
dei contenuti e dei principi,
che l’avvocatura ha più
e più volte affermato, rispetto
alle mere formule
matematiche. La Commissione
Siliquini è partita
dalla considerazione di
“costruire un percorso”
che prevedesse la laurea
magistrale a ciclo unico.
Detto percorso è stato costruito
con l’ambizione di
delineare in maniera più
puntuale e precisa le attività
formative indispensabili
alla formazione del
giurista, attuando una suddivisione
degli ambiti, e
conseguentemente dei settori,
che da un lato ha inciso
sull’autonomia degli
atenei, ma dall’altro ha
consentito il prospettarsi
di un curriculum formativo
per il futuro laureato
magistrale più qualificante
e, soprattutto, culturalmente
omogeneo sull’intero
territorio nazionale.
Non si è abbandonata peraltro
la previsione di una
laurea “breve”, che darà
accesso ai concorsi della
pubblica amministrazione,
anche a livelli dirigenziali,
e all’impiego privato qualificato.
E’ infatti indispensabile
che la programmazione
della didattica
delle lauree triennali
sia funzionale a sbocchi
lavorativi e professionali
definiti e consentiti. Si
evita così, con l’opportuna
differenziazione dei corsi,
che si affacci l’ipotesi di
nuove autonome “libere”
professionalità, con
conseguente
revisione
dell’Albo
e formazione
di nuove
sezioni dello stesso.
Deve essere chiaro che
i laureati “brevi” non possono
svolgere le attività
riservate alle professioni
per le quali necessita la
laurea magistrale specialistica.
Ecco il risultato finale cui
è pervenuta la Commissione
per la ridefinizione
della laurea quinquennale
a ciclo unico in Giurisprudenza:
• indicazione specifica
che soltanto le facoltà
di Giurisprudenza attivano
il corso di laurea
magistrale in Giurisprudenza,
in quanto
tale riserva non è prevista
nel vigente ordinamento,
per cui, volendo,
qualunque facoltà
potrebbe attivare
tale corso; • è stata prevista espressamente
la necessità
che sia acquisita una
cultura giuridica di base
nazionale ed europea,
così da vincolare,
ancor più
nettamente
di
quanto
non potesse
oggi venire
realizzato, l’insegnamento
delle singole
materie di studio alla
prospettiva duplice
della normativa nazionale
e del contesto europeo
di riferimento,
con i relativi rapporti e
comparazioni, indipendentemente
dalla possibilità,
o doverosità di
inserire tra gli esami a
sostenersi gli specifici
insegnamenti del settore
comparatistico e comunitario;
• si è precisato che le facoltà
debbano utilizzare,
nell’articolazione
dei corsi le discipline
previste negli ambiti di
materie affini e integrative
per la predisposizione
di indirizzi e/o
piani di studio coerenti
per la formazione dei
diversi settori professionali
cui la laurea da
accesso; • si è previsto, su espressa
proposta dell’OUA,
sulla quale si è registrata
la convergenza
delle altre rappresentanze
dell’avvocatura,
che vi sia l’acquisizione
di adeguate conoscenze
e consapevolezze
su materie professionalizzanti
specificatamente
volute dall’avvocatura,
anche per
consentirne l’utilizzazione
nei corsi di formazione
post-laurea
per le professioni legali,
anche mediante, se
del caso, il riconoscimento
di crediti; • sono state specificate
chiaramente negli
obiettivi formativi, con
opportuno richiamo
nella tabella degli ambiti
e dei settori disciplinari,
le predette materie
professionalizzanti,
e quindi gli aspetti
istituzionali ed organizzativi
degli ordinamenti
giudiziari, della
deontologia professionale,
della logica ed argomentazione
giuridica
e forense, della sociologia,
dell’informatica
giuridica del linguaggio
giuridico di almeno
una lingua straniera.
di Michelina Grillo
Avvocato del Foro di Bologna, Presidente dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura