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Editoriali: La pistola puntata
Posted by Reboa on Tuesday, October 24 @ 00:00:00 CEST
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E’partito l'attacco alle categorie che, nella maggioranza dei loro componenti, avevano appoggiato il governo Berlusconi.
Dai tassisti al liberi professionisti, nessuno è stato risparmiato con il cosiddetto decreto sulla competitività nel quale si sommano misure fiscali e colpi d'ascia a vecchi sistemi finalizzati a creare i presupposti per un nuovo ordine delle cose. Il tutto condito con norme assurde e palesemente ingiuste, quale il famigerato art. 35, co. 12, che testualmente stabilisce che «I compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro». Il legislatore ha mostrato di ben conoscere il funzionamento ed i meccanismi che regolano i vari settori nei quali ha deciso di intervenire per consentire all'interprete di ritenere che il governo non si sia reso conto che provvedimenti quali l'art. 35, co. 12 sono illogici. Ingiusti e, come tali, anticostituzionali.
E' evidente che vietare ad un professionista di accettare pagamenti per contanti significa in primo luogo obbligare tutti i clienti ad essere titolari di conti correnti bancari o postali. Ciò non può essere spacciato come una norma in favore dei consumatori.
E, poiché non si sta parlando di professionisti che operano con clienti «di nicchia», quali potrebbero essere gli intermediari finanziari, ma di persone che sono a continuo contatto con il pubblico (la norma riguarda anche il pittore di strada a p.za Navona), tale disposizione produrrà vari effetti.
Il primo è opposto a presunte finalità del decreto. cioè stimolare l'evasione fiscale: nessuno avrà la capacità economica di poter mandare via un cliente perché paga in contanti e, pertanto, visto che, se fatturerà l'importo ricevuto, confesserà di aver violato il divieto di accettare un pagamento in denaro, preferirà incassare i soldi «in nero».
La conseguenza sarà che ogni esercente le arti o professioni sarà«obbligato» a divenire un evasore e, come tale, sarà sempre ricattabile con lo spettro di un accertamento fiscale: la libertà di espressione, di cura e di difesa diventeranno una chimera.
Ci sono molti modi di instaurare una dittatura, non necessariamente cruenti: uno di questi è impedire alle persone di vivere in modo normale, costringendole a violare la legge per tentare di farlo.
Vi sarà poi l'effetto della non esecuzione delle prestazioni nei confronti dei meno abbienti: perché rischiare di assistere un malato che paga poco e non ha nemmeno un libretto degli assegni?
Con riferimento al diritto di difesa applicare la norma potrà in molti casi corrispondere alla violazione di tale diritto.
Basta immaginare la richiesta ad un latitante di andare in banca ed eseguire il bonifico del fondo spese all'avvocato, mostrando i propri documenti al funzionario di banca. O ad un interdetto ad emettere assegni di pagare con assegno bancario!
O, ancora, ad uno straniero arrestato in Italia perché privo di stabile dimora.
Ovviamente, quando si vanno a toccare i diritti fondamentali dell'individuo, nessuna categoria si salva: si immagini la pretesa di un medico di voler ottenere il pagamento tramite banca da parte di un malato o privo di c/c bancario o che semplicemente non vuol far conoscere la propria malattia al coniuge contitolare del proprio conto.
La norma obbliga a violare la legge sulla privacy, facendo conoscere a terzi (familiari, banchieri, ecc.) informazioni su «dati sensibili» e, come tali, sottoposti alla massima tutela.
Chi scrive non ritiene che l'on. Bersani, del quale sono note le elevate capacità, non possa non aver previsto tutto ciò, né che il Consiglio dei Ministri abbia potuto approvare una disposizione di tale portata senza nemmeno averla letta. Pensarlo sarebbe una offesa all'intelligenza di un intero governo.
Allora la realtà è un'altra. E qui le ipotesi sono due.
La norma è stata inserita per avere una «merce di scambio» sul tavolo della concertazione con le categorie interessate. E' come una pistola puntata alla tempia: pur di vedersi staccare la canna dalla testa ogni persona farebbe qualsiasi cosa. Così i rappresentanti delle categorie ben volentieri rinunceranno ad alcune prerogative pur di salvare la possibilità di lavorare senza lo spettro dell'illegalità ad ogni atto.
Oppure, inserita come un codicillo all'interno di un più vasto pacchetto normativo, la stessa è di quelle intangibili in quanto, con la scusa della lotta all'evasione, vuole in realtà colpire al cuore le libere professioni.
I margini di trattativa sono scarsi in quanto è irrealisti- co credere che il Ministro Mastella arriverebbe veramente a dimettersi per modificare un decreto che è stato approvato da un Consiglio del quale faceva parte, mentre le cosiddette lobby professionali hanno perso gran parte del loro potere a causa di una scellerata riforma elettorale che ha fatto sì che i parlamentari siano non già degli eletti, portatori dei consensi della loro base elettorale, bensì dei nominati dai vertici di partiti che ormai sono anche nominativamente l'espressione diretta dei loro leaders.
Altresì siamo nei cosiddetti primi cento giorni, senza alcuna nuova competizione elettorale alle porte: quindi chi rischierebbe la poltrona per quelli che vede essere degli interessi di parte, sapendo che, in caso di nuova chiamata alle urne, potrebbe non essere ricandidato dal proprio leader?
Occorre quindi fare pressione direttamente sui responsabili dei partiti, ricordando che il bene in gioco non è l'interesse di una o più categorie, ma la libertà.
E avere coraggio, perché ce ne vuole a muoversi quando si ha una pistola puntata.

Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma

 
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