Le nuove norme sulla prescrizione e la recidiva hanno causato
proteste e critiche diffuse.
Non poteva chiudersi
in maniera
più controversa la
legislatura per quanto riguarda
i rapporti tra avvocati
penalisti da una parte
e maggioranza parlamentare
dall'altra.
Questo lungo periodo di
relativa stabilità politica è
stato segnato alternativamente
da consensi per
riforme attese, delusioni
per aspettative disattese e
dissensi per riforme contrastate.
Basta pensare a questo
avvio di 2006, in cui la
soddisfazione per la legge
sull'inappellabilità delle
sentenze di proscioglimento
è stata offuscata
dalle battaglie contro la
cosiddetta legge ex-Cirielli.
Quest'ultima reca alcune
novità che proprio non
sono state tollerate dall'Unione
Camere Penali, in
particolare quelle sulla
prescrizione e sulla recidiva.
Sul primo argomento si fa
osservare che l'affermazione
secondo la quale
sarebbero stati ridotti drasticamente
i termini prescrizionali
è solo parzialmente
esatta, mentre sullo
stesso tema esiste il problema
del regime transitorio
previsto dall'articolo
10 della legge, nella misura
in cui esclude dall'applicazione
delle nuove
disposizioni più favorevoli
i «processi già pendenti
in primo grado ove vi sia
stata la dichiarazione di
apertura del dibattimento». Il sistema creerebbe
forti disuguaglianze e costituirebbe
anche una
chiara deroga a principi
giuridici consolidati.
Il problema della recidiva
è ancora più sentito e criticato
perché creerebbe
meccanismi a cascata in
grado di incidere fortemente
sulla quantificazione
e determinazione della
pena e sulla sua esecuzione,
con automatismi che
farebbero tornare indietro
il nostro sistema di decenni
e farebbero esplodere
la popolazione carceraria.
Non a caso, in prossimità
dell'approvazione delle
legge ex-Cirielli, l'UCPI
annunciava la protesta affermando
che «riporterebbe
il regime sanzionatorio
indietro di quaranta anni.
Questo disegno di legge,
infatti, se da un lato detta
nuove norme sulla prescrizione
che sono state
oggetto di censura da parte
della migliore dottrina
per la loro incoerenza,
dall'altro lato reintroduce
automatismi sanzionatori
in tema di recidiva e disciplina
delle attenuanti,
ovvero preclusioni oggettive
in materia di benefici
previsti dall'ordinamento
penitenziario, che restaurerebbero
scelte abbandonate
da tempo, vanificando
il principio di personalizzazione
delle pene.
Il modello culturale cui si
ispira questo intervento,
ampiamente pervaso dalla
logica del doppio binario,
è in realtà quello di una
giustizia automatica e
spersonalizzata per i così
detti “delinquenti” quanto
cauta e comprensiva con
le persone “per bene”».
Dopo l'approvazione della
legge è arrivata la promessa
di una nuova
astensione di protesta
«contro una legge regressiva,
frutto di una concezione
tanto sorpassata nel
pensiero giuridico quanto propria dei sistemi autoritari»,
«con la quale si è liquidata
di fatto, per una
larghissima parte di detenuti,
ogni possibilità di
recupero e reinserimento.
Il “doppio binario”, che
già comprime il diritto al
giusto processo per imputati
accusati di particolari
delitti, è divenuto sistema
d'elezione anche dal punto
di vista sostanziale.
La concreta ed evidente
ingiustizia di molte delle
norme contenute nella ex
Cirielli ha già prodotto
l'effetto, e ancora più lo
produrrà se questa legge
non verrà radicalmente
modificata, di colpire gli
imputati e i condannati
appartenenti alle categorie
sociali più deboli».
In definitiva «la legge ex
Cirielli è indegna del nostro
ordinamento, perché
è l'apoteosi, antistorica e
incostituzionale, del diritto
diseguale».
Di Andrea Trunzo