I solstizi d’estate e d’inverno
sono i momenti
in cui il sole è più vicino
o più lontano dalla terra.
Un attimo di esaltazione,
perché si è raggiunto il
massimo splendore, un
momento di tristezza, di
paura, perché il freddo pare
insopportabile. E il
freddo rappresenta la morte.
I solstizi d’estate e d’inverno
sono i momenti
in cui il sole è più vicino
o più lontano dalla terra.
Un attimo di esaltazione,
perché si è raggiunto il
massimo splendore, un
momento di tristezza, di
paura, perché il freddo pare
insopportabile. E il
freddo rappresenta la morte.
Eppure, sin dall’antichità,
entrambi i solstizi
vengono festaggiati. Quello
estivo con feste esuberanti,
nelle quali è l’esaltazione
a farla da sovrana,
quello invernale con fuochi,
in una ricerca del calore
e della luce ove è la
speranza, la capacità dell’essere
umano a superare
i momenti difficili a prevalere
sul freddo.
Il solstizio d’estate è un
momento bello, la terra e,
con essa, l’uomo ottengono
il massimo della luce.
Eppure è un momento triste,
perché dopo la luce diminuirà
inesorabilmente e
dovrà passare un anno, un
intero ciclo vitale, perché
quello splendore possa essere
nuovamente raggiunto.
E, comunque, non plus
ultra, non sarà mai possibile
andare oltre quello zenith.
Così come non sarà
mai possibile scendere più
in basso rispetto al solstizio
di inverno: basta avere
la forza di superarlo, di sopravvivervi,
e la vita non potrà
che essere migliore.
Gli uomini politici, tanto capaci
a confrontarsi con dati
elettorali contrapposti in tabelline
omogenee o disomogenee
per tipo di consultazione
a seconda delle rispettive
convenienze, appaiono
però incapaci di fermarsi un
secondo ad osservare il fenomeno
della terra che continua
a girare intorno al sole,
incurante dei momenti di
esaltazione o di tristezza dei
suoi abitanti.
Eppure il fenomeno dei solstizi
dovrebbe costituire un
punto fondamentale di qualsiasi
analisi politica, perché
è evidente che se, ad esempio,
in una regione si è fatto
il plenum dei deputati, dopo
sarà solo possibile pareggiare
o perdere. Ma tale evento
non significherebbe necessariamente
la fine di un’era o
l’incapacità del momentaneo
perdente di far fronte agli ulteriori
attacchi avversari, ma
ben potrebbe costituire un fisiologico
allontamento dallo
zenith, indispensabile per
poter girare intorno al sole
ed avere una nuova estate.
Le elezioni europee hanno
segnato una perdita di consensi
per Silvio Berlusconi.
E’ un dato sul quale hanno
concordato tutti, persino
quest’ultimo. Hanno visto
anche il listone dell’Ulivo
raggiungere un risultato interessante,
ma inferiore alle
aspettative, tanto che i partiti
i quali lo compongono sono
entrati in immediata polemica
tra di loro (come quelli
che si riconoscono nella Casa
delle Libertà, del resto).
Ove si avesse la capacità di
prendere la natura quale elemento
di raffronto, il quesito
da porsi sarebbe questo: Berlusconi
ha o meno raggiunto
il solstizio d’inverno e l’Ulivo
ha o meno raggiunto il
solstizio d’estate?
I risultati elettorali delle politiche
degli anni 1994, 1996
e del 2001 e l’accentuazione
del fenomeno del bipolarismo
fanno ritenere che, probabilmente,
il 2001 sia stato
il solstizio d’estate della attuale
maggioranza di governo,
così come il 1996 lo sia
stato per i partiti del cosiddetto
Ulivo.
Applicando alla politica la
teoria dei solstizi ed il concetto
del non plus ultra, l’essersi
affidati a Prodi nel
1996, l’averlo poi trombato
all’interno della propria
maggioranza e l’averlo ripresentato,
ottenendo un risultato
inferiore alle aspettative,
significa che il dato di riferimento
per Prodi era il 1996,
rispetto a cui egli ha perso
clamorosamente, non riuscendo
né a ricreare quella
unità politica che gli aveva
permesso di diventare Presidente
del Consiglio, né ad
ottenere i consensi di quella
tornata elettorale.
In sintesi le urne hanno dimostrato
che un Governo
Prodi dovrebbe necessariamente
passare sotto le forche
caudine di Bertinotti, fatto
che lo farebbe crollare non
appena si presentassero dei
problemi di fondo, quali la
politica con gli Stati Uniti (i
quali, piaccia o non piaccia,
hanno le loro basi militari
sparse in tutta Italia perché il
voltafaccia di Badoglio aveva
fatto venire meno la fiducia
nel nostro Paese e la Resistenza
non è certo servita
per ridare all’Italia quella dignità
che tentavano di difendere
coloro che scelsero di
perdere la guerra con onore).
Viceversa il fatto che Berlusconi
abbia perso, ma la
maggior parte dei suoi voti
sia andata ai suoi alleati, potrebbe
significare che, per il
Presidente del Consiglio, le
elezioni europee 2004 siano
state il solstizio d’inverno,
dopo il quale egli non potrà
che riprendere una parabola
ascendente.
Ovviamente queste considerazioni
non possono avere
quale conseguenza, per il
premier forzista e per i suoi
alleati, quello di rimanere
fermi in attesa che la terra
compia il proprio giro, fingendo
di ignorare il messaggio
inviato dagli elettori.
Gli Italiani, in linea di massima,
non desiderano al governo
nazionale una maggioranza
nella quale sia presente la
estrema sinistra e, anche, i
diessini ex comunisti, mentre
non hanno alcuna preclusione
in tal senso allorché si
tratti di affidare a queste forze
delle amministrazioni locali.
Ciò in quanto vi sono
dei differenti valori su questioni
fondamentali (non solo
le alleanze internazionali, ma
anche di natura etica), nelle
quali la maggioranza degli
Italiani preferisce che la sinistra
si esprima quale forza
propulsiva di opposizione
piuttosto che di governo.
Tuttavia, poiché la sinistra al
governo non è più un tabù
né gli eventi hanno dimostrato
che costituisca un fenomeno
irreversibile, gli Italiani
chiedono che Berlusconi,
oltre a comunicare la
propria volontà di fare, realizzi
i progetti per i quali è
stato votato.
Vi sono stati molti elettori i
quali hanno scelto l’attuale
Presidente del Consiglio ben
coscienti che avrebbero così
consentito allo stesso di tutelare
meglio gli interessi delle
proprie aziende, ma con la
speranza che Berlusconi, tutelando
se stesso, avrebbe tutelato
anche i loro interessi.
E’ innegabile che i risultati
del fondatore di Mediaset
siano stati inferiori alle
aspettative, diversamente da
quello che è successo in altre
amministrazioni passate in
mano ad uomini politici puri,
quali, ad esempio, la Regione
Lazio, ove ciascun cittadino
ha potuto toccare con
mano gli effetti positivi del
cambio di gestione. Lo deve
comprendere Berlusconi, così
come lo deve comprendere
Fini: per vincere non è necessario
promettere tutto ed
il contrario di tutto o perdere
la propria identità, è sufficiente
portare avanti con
coerenza i progetti e le idee
per i quali si è stati votati,
così come hanno fatto i democristiani
non rinnegati
dell’UDC e Bertinotti, premiati
dagli elettori.
Poi un nuovo solstizio verrà
e, se vi sono persone valide,
la vittoria altro non sarà che
un evento naturale.
Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma