Oltre 60.000 detenuti in Italia. Necessario un sistema giurisdizionale più leggero ed efficiente.
Oltrepassiamo i tornelli
degli uffici di
via del Vicario a
Roma, dove hanno sede
gli uffici dei gruppi parlamentari,
per incontrare il
deputato Enrico Buemi, uno dei componenti dal
2001 della Commissione
Giustizia alla Camera, Capo
gruppo del Gruppo Misto
- Rosa nel Pugno.
D) Onorevole Buemi, la
macchina della giustizia
in Italia procede al rilento.
E' evidente già solo
leggendo qualche giornale
che dalla definizione
di una legge alla risoluzione
di un processo i
tempi sono molto dilatati.
Qual è l'apporto della
Commissione, della quale
lei è membro autorevole,
in tal senso?
R) Il compito della Commissione
è proprio quello
di “sgrossamento” dei
problemi che attengono la
legge.
La commissione di merito
si occupa delle proposte di
legge e la conferenza dei
capigruppo prepara un ordine
del giorno nel quale
si stabilisce la scaletta in
funzione della urgenza e
complessità delle proposte
che seguiranno quindi un
iter più o meno accelerato
e che verranno abbinate a
tutte quelle che affrontano
la stessa materia.
I lavori della Commissione
iniziano nominando un
relatore e mantenendo come
testo di riferimento
quello della prima proposta.
Quest'ultimo può rimanere
invariato oppure la Commissione
può decidere di
dare mandato al relatore
di predisporre un nuovo
testo (testo base) del quale
si discuterà nella fase appunto
emendativa. A questo
punto verrà dato incarico
al relatore di riferire
in aula.
Il testo verrà licenziato
dalla Commisione e mandato
ufficialmente alla discussione
della Camera
che lo inserirà, secondo
priorità e urgenze, nell'ordine
del giorno.
D) In occasione della visita
di Giovanni Paolo II
nel 2000 alla Camera, lei
fu uno dei più
intrapendenti
proponenti
della proposta,
diventata
poi legge, sulla
sospensione
condizionata
della pena.
Anche oggi si
parla di varare
una nuova
legge di
amnistia e/o
indulto. A che punto siamo?
R) Quando quella proposta
diventò legge, dapprima
un po' osteggiata, in
seguito sostenuta insieme
da centro sinistra e centro
destra, le carceri italiane
si alleggerirono di circa
9.000 detenuti condannati
ad una pena definitiva,
con una popolazione carceraria
all'epoca che contava
56.000 persone: il
40% in attesa di giudizio,
il 30% di tossicodipendenti
e detenuti per reati di
droga e un altro 30% fatto
di extracomunitari.
Dopo due anni di applicazione
della legge Fini, di
provvedimenti repressivi e
di utilizzo ridotto
dell'affidamento in prova
e della semilibertà, la popolazione
carceraria non
ha fatto che aumentare arrivando
a 60.000 detenuti.
Se poi aggiungiamo a
questo gli oltre otto milioni
di processi penali in
corso e le 830.000 prescrizioni
che si sono accumulate
negli ultimi cinque
anni (circa 160.000 ogni
anno), è evidente perché
oggi si debba ricominciare
a parlare di amnistia e indulto.
Il gruppo della Rosa nel
Pugno del quale faccio
parte è bene sottolineare
che prevede queste due
proposte insieme. Il sistema
giudiziario è attualmente
“inceppato” e la
mancanza di un'attività di
rieducazione all'interno
delle carceri e l'impossibilità
di reinserimento nel
mondo del lavoro non fanno
che accentuare la necessità
di questi provvedimenti.
E' sconcertante l'arretrato
di esecuzioni di pene in
carcere e forse non tutti
sanno che per questo motivo
i condannati sono inseriti
in una sorta di lista
d'attesa per entrare in carcere.
In attesa di essere
chiamati rimangono in assoluta
libertà.
D) Come giudica la politica
giudiziaria portata
avanti dall'attuale ministro
Castelli?
R) Sono i dati statistici
che parlano e lo fanno rilevando
l'aggravamento
della crisi in atto.
Con l'avvocatura, con il
mondo accademico e con
tutti i più significativi rappresentanti
della giustizia
in Italia che lanciano grida
di allarme.
Il ministro Castelli ha portato
avanti una politica repressiva
nella quale, tra
l'altro, non si ritrova neanche
un filo conduttore
coerente come nel caso
dello squilibrio tra legge
sulla legittima difesa e
quella sulla inappellabilità,
quando la prassi diventa
depenalizzare per
gli amici e usare la mano
pesante con gli altri.
La giustizia è una materia
dove è necessario andare
di cesello piuttosto che di
mazza; lo Stato deve essere
sì autorevole e rigoroso,
ma tenue, leggero nei
suoi atti.
L'apporto di Castelli, un
ingegnere, poteva essere
positivo rispetto alla necessità
di riorganizzazione
carente un po' in tutta la
pubblica amministrazione.
La chiusura mentale non
ha aiutato a capire i problemi
e a trovare soluzioni.
Negli Stati Uniti ci sono
due milioni circa di detenuti
e la criminalità non è
certo diminuita con la deterrenza
da sanzione.
E' necessario agire sul tessuto
sociale, sostenendo di
più le strutture scolastiche
e le famiglie e facendo
sentire loro la presenza
dello Stato.
D) E' cronaca di questi
giorni l'approvazione del
decreto legge sulla legittima
difesa.
R) Questo decreto rappresenta
una visione aberrante
di diritto alla sicurezza
del cittadino. E' come dire
che lo Stato non è in grado
di occuparsi della difesa
dei cittadini.
D) Come risolverebbe il
problema della magistratura
onoraria che,
sebbene smaltisca un numero
significativo di
processi penali e civili,
manca di qualsiasi forma
di tutela sociale dei
componenti?
R) E' necessario un sistema
giurisdizionale più
leggero. Quello onorario è
meno costoso: i risultati
sono buoni dal punto di
vista della quantità, ma
non sempre della qualità.
Come si prospettava nella
proposta di legge Vitali,
che anche io ho sottoscritto,
la soluzione potrebbe
essere rappresentata dall'istituzione
di una magistratura
di diverso livello, ma
permanente e con maggiori
garanzie per i componenti.
D) In questi giorni è stata
approvata una legge
di cui Lei si è fatto promotore
e primo firmatario
in materia di patti
successori di impresa.
R) Con questa legge si
stabiliscono
regole nuove per
definire più
assetti per le aziende
a conduzione familiare
che, com'è noto
a tutti, rappresentano
un segmento fondamentale
per l'economia del
Paese e che spesso entrano
In crisi per i conflitti che si aprono tra
gli eredi.
In Europa è una norma
che esiste già da anni in
parecchi Paesi e che consente
all'imprenditore di
disporre in vita della propria
azienda a favore di
uno o più dei propri discendenti
o del coniuge,
avendo così la possibilità
di garantire il passaggio
alle persone più qualificate
o motivate e garantendo,
allo stesso tempo, una
maggiore stabilità alla propria
impresa.
E' uno strumento in più a
disposizione del mondo
economico e imprenditoriale
italiano perchè possa
affrontare in modo più agguerrito
e strutturato la
concorrenza internazionale.
Di Maria Serra