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Enrico Buemi:''la giustizia è arte di cesello''
Posted by Reboa on Wednesday, December 20 @ 17:43:16 CET
Interviste Download periodico

Oltre 60.000 detenuti in Italia. Necessario un sistema giurisdizionale più leggero ed efficiente.



Oltrepassiamo i tornelli degli uffici di via del Vicario a Roma, dove hanno sede gli uffici dei gruppi parlamentari, per incontrare il deputato Enrico Buemi, uno dei componenti dal 2001 della Commissione Giustizia alla Camera, Capo gruppo del Gruppo Misto - Rosa nel Pugno.
D) Onorevole Buemi, la macchina della giustizia in Italia procede al rilento.
E' evidente già solo leggendo qualche giornale che dalla definizione di una legge alla risoluzione di un processo i tempi sono molto dilatati.
Qual è l'apporto della Commissione, della quale lei è membro autorevole, in tal senso?
R) Il compito della Commissione è proprio quello di “sgrossamento” dei problemi che attengono la legge.
La commissione di merito si occupa delle proposte di legge e la conferenza dei capigruppo prepara un ordine del giorno nel quale si stabilisce la scaletta in funzione della urgenza e complessità delle proposte che seguiranno quindi un iter più o meno accelerato e che verranno abbinate a tutte quelle che affrontano la stessa materia.
I lavori della Commissione iniziano nominando un relatore e mantenendo come testo di riferimento quello della prima proposta.
Quest'ultimo può rimanere invariato oppure la Commissione può decidere di dare mandato al relatore di predisporre un nuovo testo (testo base) del quale si discuterà nella fase appunto emendativa. A questo punto verrà dato incarico al relatore di riferire in aula.
Il testo verrà licenziato dalla Commisione e mandato ufficialmente alla discussione della Camera che lo inserirà, secondo priorità e urgenze, nell'ordine del giorno.
D) In occasione della visita di Giovanni Paolo II nel 2000 alla Camera, lei fu uno dei più intrapendenti proponenti della proposta, diventata poi legge, sulla sospensione condizionata della pena.
Anche oggi si parla di varare una nuova legge di amnistia e/o indulto. A che punto siamo?
R) Quando quella proposta diventò legge, dapprima un po' osteggiata, in seguito sostenuta insieme da centro sinistra e centro destra, le carceri italiane si alleggerirono di circa 9.000 detenuti condannati ad una pena definitiva, con una popolazione carceraria all'epoca che contava 56.000 persone: il 40% in attesa di giudizio, il 30% di tossicodipendenti e detenuti per reati di droga e un altro 30% fatto di extracomunitari.
Dopo due anni di applicazione della legge Fini, di provvedimenti repressivi e di utilizzo ridotto dell'affidamento in prova e della semilibertà, la popolazione carceraria non ha fatto che aumentare arrivando a 60.000 detenuti.
Se poi aggiungiamo a questo gli oltre otto milioni di processi penali in corso e le 830.000 prescrizioni che si sono accumulate negli ultimi cinque anni (circa 160.000 ogni anno), è evidente perché oggi si debba ricominciare a parlare di amnistia e indulto.
Il gruppo della Rosa nel Pugno del quale faccio parte è bene sottolineare che prevede queste due proposte insieme. Il sistema giudiziario è attualmente “inceppato” e la mancanza di un'attività di rieducazione all'interno delle carceri e l'impossibilità di reinserimento nel mondo del lavoro non fanno che accentuare la necessità di questi provvedimenti.
E' sconcertante l'arretrato di esecuzioni di pene in carcere e forse non tutti sanno che per questo motivo i condannati sono inseriti in una sorta di lista d'attesa per entrare in carcere. In attesa di essere chiamati rimangono in assoluta libertà.
D) Come giudica la politica giudiziaria portata avanti dall'attuale ministro Castelli?
R) Sono i dati statistici che parlano e lo fanno rilevando l'aggravamento della crisi in atto.
Con l'avvocatura, con il mondo accademico e con tutti i più significativi rappresentanti della giustizia in Italia che lanciano grida di allarme.
Il ministro Castelli ha portato avanti una politica repressiva nella quale, tra l'altro, non si ritrova neanche un filo conduttore coerente come nel caso dello squilibrio tra legge sulla legittima difesa e quella sulla inappellabilità, quando la prassi diventa depenalizzare per gli amici e usare la mano pesante con gli altri.
La giustizia è una materia dove è necessario andare di cesello piuttosto che di mazza; lo Stato deve essere sì autorevole e rigoroso, ma tenue, leggero nei suoi atti.
L'apporto di Castelli, un ingegnere, poteva essere positivo rispetto alla necessità di riorganizzazione carente un po' in tutta la pubblica amministrazione.
La chiusura mentale non ha aiutato a capire i problemi e a trovare soluzioni.
Negli Stati Uniti ci sono due milioni circa di detenuti e la criminalità non è certo diminuita con la deterrenza da sanzione.
E' necessario agire sul tessuto sociale, sostenendo di più le strutture scolastiche e le famiglie e facendo sentire loro la presenza dello Stato.
D) E' cronaca di questi giorni l'approvazione del decreto legge sulla legittima difesa.
R) Questo decreto rappresenta una visione aberrante di diritto alla sicurezza del cittadino. E' come dire che lo Stato non è in grado di occuparsi della difesa dei cittadini.
D) Come risolverebbe il problema della magistratura onoraria che, sebbene smaltisca un numero significativo di processi penali e civili, manca di qualsiasi forma di tutela sociale dei componenti?
R) E' necessario un sistema giurisdizionale più leggero. Quello onorario è meno costoso: i risultati sono buoni dal punto di vista della quantità, ma non sempre della qualità.
Come si prospettava nella proposta di legge Vitali, che anche io ho sottoscritto, la soluzione potrebbe essere rappresentata dall'istituzione di una magistratura di diverso livello, ma permanente e con maggiori garanzie per i componenti.
D) In questi giorni è stata approvata una legge di cui Lei si è fatto promotore e primo firmatario in materia di patti successori di impresa.
R) Con questa legge si stabiliscono regole nuove per definire più assetti per le aziende a conduzione familiare che, com'è noto a tutti, rappresentano un segmento fondamentale per l'economia del Paese e che spesso entrano In crisi per i conflitti che si aprono tra gli eredi.
In Europa è una norma che esiste già da anni in parecchi Paesi e che consente all'imprenditore di disporre in vita della propria azienda a favore di uno o più dei propri discendenti o del coniuge, avendo così la possibilità di garantire il passaggio alle persone più qualificate o motivate e garantendo, allo stesso tempo, una maggiore stabilità alla propria impresa.
E' uno strumento in più a disposizione del mondo economico e imprenditoriale italiano perchè possa affrontare in modo più agguerrito e strutturato la concorrenza internazionale.

Di Maria Serra

 
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