Criticato il ruolo degli Ordini che dovrebbero preoccuparsi solo di formazione e di vigilanza dei comportamenti degli iscritti.
Negli ultimi tempi
l'Antitrust ha
formalizzato nei
confronti della nostra
categoria un vero e proprio
“j’accuse”.
Alcuni autorevoli giomalisti
hanno definito la
presa di posizione dell'Autorità
Garante un attacco
diretto agli avvocati
senza precedenti.
L'Antitrust, per voce del
suo Presidente, ha affermato
che mentre le altre
professioni, pur interessate
dalle medesime restrizioni
normative, si
sono dichiarate disponibili
a cambiare condotta
e codici, viceversa gli
avvocati «continuano a
mostrarsi restii in merito
all'applicabilità delle regole
di concorrenza alla
loro professione sia in
tema di prezzo delle
prestazioni che di promozione
delle stesse».
L'Autorità, nella relazione
che ha pubblicato
sulle professioni, ha altresì
accusato la categoria
forense di non aver
superato il test di proporzionalità
per misurare
la rispondenza delle
singole norme restrittive
agli interessi pubblici
che, secondo i professionisti,
giustificherebbero
queste limitazioni
più di frequente.
E stato criticato il ruolo
degli Ordini, in quanto
per l'Autorità essi dovrebbero
limitarsi a promuovere
la formazione
e a vigilare sulla correttezza
dei comportamenti
degli iscritti.
Viceversa, l'Autorità ritiene
che debba essere
contrastata la tendenza
di far ricadere sul codice
deontologico aspetti
che regolano l'esercizio
della professione e che
non hanno nulla a che
fare con fattispecie di
ordine etico. Su questo
l'Autorità ha contestato
l'anticoncorrenzialità
delle regole deontologiche
forensi riguardo la
pubblicità e il cosiddetto
accaparramento di clientela.
Sulle tariffe, poi, l'Autorità
ha "bacchettato" il
Consiglio Nazionale Forense
accusandolo di
aver tenuto una posizione
di chiusura riguardo
la necessità di consentire
al cliente di poter negoziare
la qualità della
prestazione al fine di ottenere
un prezzo più
basso. Su questo punto,
l'Autorità ha attaccato la
ratio dei prezzi minimi
inderogabili non ritenendola
una tutela di interessi
della collettività.
Insomma, una vera e
propria requisitoria
aspra e durissima contro
la nostra categoria che
dovrebbe portare gli avvocati
italiani ad unirsi
in un'unica voce per replicare
a siffatto quadro
assolutamente distorto
che si mostra alla collettività.
Va detto che la relazione
dell'Antitrust,
anzitutto, si basa su un
erronea valutazione
di base e
su prospettive
del tutto miopi
ed illogiche.
L'Autorità non
tiene conto della
specificità
della professione
forense e dimentica
quelli
che sono i punti
cardine del codice
deontologico
vigente che
forse ha bisogno
di essere
modernizzato
ma, di fatto, è
un baluardo della garanzia
di qualità della nostra
professione. Un'altra
circostanza che non
risponde a verità è l'accusa
che viene fatta agli
avvocati di non avere
disponibilità di dialogo:
il CNF ha messo a disposizione
dell'Autorità
numerosissimi documenti
ed il Presidente
Alpa, più di una volta,
ha dichiarato che è
pronto ad affrontare un
tavolo di discussione
con l'Autorità Garante
della Concorrenza e del
Mercato, anche per comunicare
le importanti
modifiche, ormai prossime,
del nostro codice
deontologico.
Per quanto riguarda,
poi, l'argomento relativo
alla specificità, vi sono
le due direttive di libera
prestazione di servizio e
di stabilimento che chiariscono
esattamente la
fattispecie, così come
per quello che riguarda
le tariffe, va ricordato,
una volta per tutte, che
la Corte di Giustizia,
dopo accuratissimi esami,
le ha promosse e le
ha ritenute idonee e corrette.
L'Antitrust, dimentica
che esiste una palese
connessione tra qualità e
tariffe minime, e che,
forse, l'eliminazione dei
minimi potrebbe poi diventare
un errore imperdonabile
che toglierebbe
un marchio di garanzia
e di controllo per tutta
la categoria.
Su questo, e su altri
punti riguardo le tariffe,
vi sono stati degli elementi
che sono oggi oggetto
di attenzione della
Corte UE le cui sentenze
forse faranno definitivamente
luce sui punti
ancora da chiarire e che
l'Antitrust ha frettolosamente
criticato e condannato.
Sulla questione della
concorrenza, l'Antitrust
poi, è incorsa in un errore
marchiano.
Il nostro codice deontologico
non è espressione
di un'associazione tra
privati e la stessa Cassazione
ne ha riconosciuto
il valore normativo.
E’ indubbio che dei ritocchi
che riconducano
determinati articoli ad
una attualizzazione della
società moderna, sono
necessari, ma alcune posizioni
dell'Antitrust su
questo argomento sembrano
frutto di un'acrimonia
non giustificabile.
In conclusione si rende
necessaria una replica
istituzionale a questo violento
attacco alla nostra
categoria basato su una
relazione che nasce da
considerazioni erronee e
che ha dato origine ad
una campagna stampa
estremamente negativa
per gli avvocati italiani
alla quale, ci ripetiamo, è
fondamentale rispondere.
Auspichiamo che nasca
presto un tavolo di confronto
fra l'Avvocatura e
l'Autorità Garante la quale
non può "minacciare"
ipotesi di disapplicazione
di norme "domestiche"
cosa, peraltro, non in suo
potere poiché lo stesso riguarda
il settore delle imprese
e non quello delle
professioni.
Di Antonio Conte
Segretario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma