Guardie giurate:posseggono un arma, ma non hanno un regolamento.
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Un freddo pomeriggio
a Roma in via
Camilla. Un ex vigilante
dell'Italpol spara
all'ex fidanzata, allieva
maresciallo dei Carabinieri
per il motivo più antico
del mondo: la gelosia e il
non voler accettare la fine
di una storia sentimentale.
Il classico fatto di cronaca
che ogni giorno riempie le
pagine della carta stampata,
ormai non ci facciamo
più caso. Ciò che colpisce
però è la facilità con la
quale oggi si maneggiano
le armi, senza pensare alle
conseguenze dei gesti inconsulti
dei quali siamo
vittime, oltre che carnefici.
Si calcola che nelle case
degli italiani ci siano più
pistole che al tempo dei
cowboys, e questo fatto
non può non destare
preoccupazione. E' vero,
ci si deve difendere da
una società dove la criminalità
si fa sempre più
sentire, però spesso si passa
dalla legittima difesa a
reati veri e propri di omicidio,
reati che si potrebbero
evitare se si usasse
quello che un tempo si
chiamava buon senso.
Mariti che uccidono le
mogli e viceversa, padri
che eliminano i figli con
un colpo di rivoltella per
una lite banale, per non
parlare delle tragedie condominiali
scoppiate per
sciocchezze.
Il ritratto dell'Italia “pistolera”
del terzo millennio si
fa sempre più tristemente
nitido, e rischia di diventarlo
sempre di più.
Il caso di via Camilla,
però, apre un sipario sul
quale ci sarebbe molto da
discutere, soprattutto dal
punto di vista legislativo,
in quanto la persona che
ha sparato è un ex guardia
giurata, quindi non più in
diritto di usare un revolver.
La figura del vigilante
privato è da sempre un
enigma: difensore dei beni
privati, non è considerata
giuridicamente e la legge
per il riconoscimento della
qualifica professionale ha
ancora molte lacune e non
si sa bene quando e come
diverrà definitiva.
Allo stato attuale chi viene
assunto da un istituto
di vigilanza, a differenza
di chi viene incorporato
nelle Polizia, Carabinieri,
ecc. deve acquistare l'arma
con la quale dovrà
svolgere il suo lavoro e il
porto d'armi viene dato
dalla Prefettura, mentre
nelle Forze dell'Ordine la
pistola viene concessa dallo
Stato assieme allo stesso
porto d'armi.
Fin qui va bene, ma in caso
di cessazione del rapporto
di lavoro o di pensionamento,
il poliziotto o
il carabiniere restituiscono
l'arma mentre il vigilante
no. Le leggi italiane su
questo problema non hanno
una soluzione, per ora.
Eppure a ben pensare una
soluzione ci sarebbe: basterebbe
un decreto che
imponesse alle ex guardie
giurate di consegnare la
propria pistola in questura
dove verrebbe distrutta
dietro una valutazione
economica da corrispondere
all'ex guardia, dal
momento che essa ha effettuato
un esborso al tempo
dell'assunzione. Certo,
è una spesa per lo Stato,
ma la sicurezza dei cittadini
non ha prezzo.
Oppure si potrebbe cam
biare la normativa: a chi
viene assunto come guardia
giurata, oltre al porto
d'armi, lo Stato, la Prefettura,
consegna l'arma. Da
restituire in caso di licenziamento
o di pensione.
Qualcuno potrebbe obiettare
che, se così fosse, la
guardia privata sarebbe
paragonata ad un poliziotto
di Stato, ma non bisogna
dimenticare che le
guardie giurate rischiano
la pelle per difendere i nostri
beni, al pari di un
agente di polizia o di un
carabiniere. E la vita è
uguale per tutti.
Oggi sparare è diventato
un fatto troppo quotidiano
per essere sottovalutato
così. I gioiellieri, i tabaccai,
qualsiasi commerciante,
per legittima difesa sono
costretti a premere il
grilletto, ma molte volte
più per rabbia che per difesa,
anche quando il rapinatore
è uscito dal negozio
senza sparare un colpo.
Meglio perdere i soldi
che finire dietro le sbarre
per omicidio.
E' la legge della violenza
che genera altra violenza.
Sarebbe ora di porre un
freno al fumo che esce
senza criterio da pistole
che starebbero bene solo
nei film di Lohn Wayne o
nei western del compianto
Sergio Leone.p>
Di Lorella Lattavo