Si lavora agli albi di specialità.
Il mercato si evolve e
l'avvocatura tenta di
adeguarsi.
Negli ultimi anni, sia per
esigenze di mercato che
per gli effetti dell'iperproduzione
legislativa dell'Unione
Europea, si sono verificati
molti cambiamenti:
la normativa è cresciuta in
maniera impetuosa; sono
nate sostanzialmente nuove
materie e nuove specialità;
si è fatta sempre più
pressante la necessità di
acquisire competenze interdisciplinari
(basta pensare
al diritto penale dell'informatica)
e di saper
operare a livello internazionale;
all'interno dell'avvocatura
è cresciuto notevolmente
il numero degli
avvocati o degli aspiranti
tali; il confronto tra
liberisti ed 'ordinisti' non
riesce a risolversi lasciando
in forse molte elementi
della futura avvocatura,
dal ruolo degli ordini alle
regole di concorrenza, per
finire con l'accesso alla
professione.
In tale contesto, da parte
dei clienti è sempre più
avvertita la necessità di ricevere
garanzie sulla specializzazione
reale dell'avvocato
che si ha di fronte,
mentre da parte dei legali
dovrebbe (il condizionale
è quanto mai d'obbligo)
essere avvertita la necessità
di specializzarsi, a
causa dell'evidente
impossibilità
di avere una conoscenza
onnicomprensiva
di qualunque branca del
diritto.
Il problema, evidentemente
di difficile soluzione,
sembra sia stato affrontato
prospettando la creazione
dei cosiddetti 'albi di specialità',
ai quali stanno lavorando
alacremente le
camere penali.
L'organizzazione di tali
albi ha subito affrontato
una serie di questioni di
principio, primo dei quali
il criterio stesso di specializzazione.
A differenza di quanto sia
immediatamente immaginabile,
il criterio di specializzazione
non dovrebbe
essere la competenza
sul diritto sostanziale ma
quella sul diritto processuale,
partendo dal presupposto
(a dire il vero alquanto
illusorio e irrealistico,
forse in contraddizione
con i motivi stessi
dell'esistenza della specializzazione)
che un avvocato
debba essere preparato
in tutti i campi del diritto,
mentre le difficoltà più
consistenti si affrontano
sul terreno del diritto processuale.
E' stata quindi prospettata
la creazione
di quattro
categorie
di specializzazione
divise
per diritto
processuale
pertinente,
più una dedicata a
coloro che
non svolgono attività giudiziale:
penalisti, civilisti,
amministrativisti, lavoristi,
infine stragiudiziali.
Ulteriori categorie dovrebbero
solo costituire sottogruppi.
Una serie di elementi sui
quali riflettere a questo
punto è sul 'come', 'quando' e 'chi' specializzare.
Si sono prospettare due
ipotesi al riguardo: secondo
la prima, la specializzazione
sarebbe un processo
volontario costituito
da attività di formazione,
certificazione, etc; secondo
l'altra ipotesi, la specializzazione
dovrebbe essere
obbligatoria per tutti
e, in un primo momento
di attuazione della riforma,
l'adesione ad una categoria
potrebbe avvenire
in vari modi ed anche senza
esame, ma con una sorta
di autocertificazione di
competenze da produrre
sulla base di criteri uniformi.
Evidentemente la prima
ipotesi riduce la carica
riformatrice degli albi di
specialità, senza incidere
sulla massa di avvocati
'tuttologi' e creando piuttosto
una elite di specializzati.
Le alternative sono molte,
e sulla materia si dibatte
in maniera continuativa.
Dopo aver gettato gli elementi
di base, i penalisti
stanno comunque proseguendo
i lavori per la
creazione degli albi di
specialità e le novità ed i
dettagli saranno presentati
nei prossimi tempi.
Di Maria Serra