Incontri interdisciplinari per definire la metodologia migliore.
La legge numero 54
del 8 febbraio
2006, conosciuta
dal grande pubblico come
la legge dell'affido condiviso,
introduce, tra le tante
novità, quella della previsione
da parte del giudice
“dell'audizione del figlio
minore, che abbia
compiuto gli anni dodici e
anche di età inferiore ove
capace di discernimento”
come recita la rubrica dell'art.
155 sexies II parte
del primo comma.
In merito all'azione del
magistrato il legislatore
utilizza il termine “dispone
l'audizione” che è termine
non sottoposto a
particolari istanze e/o richieste
delle parti, e quindi
ben può essere considerata
come “attività obbligatoria”.
Tale attività obbligatoria
introduce nel processo
della separazione un “fatto
nuovo”: i minori divengono
protagonisti di una
specifica attività. Ad oggi
nulla disponendo di più
preciso la legge, tutto il
contesto dell'audizione è
lasciato alla “sensibilità”
del giudice.
Sono però intuitive le
pressioni alle quali i minori
verranno sottoposti
da parte dell'ambiente familiare
prima o in prossimità
dell'audizione nel
processo.
A tale proposito non possiamo
non sottolineare
che tale pressione potrà
essere esercitata con dichiarazioni
verbali o con
atteggiamenti concludenti
tali da indurre il piccolo a
“dire” od a “patteggiare
per qualcuno”.
Ecco perché si considera
essenziale, proprio in questo
momento di primo vigore
della nuova legge,
che introduce moltissime
modifiche sostanziali nel
“processo della famiglia”
organizzare degli incontri
interassociativi che possano
mettere a confronto le
esperienze ed i “sapere”
delle parti professionali
che si occupano della vicenda
processuale.
Giudici per primi, ma anche
consulenti dell'area
psicologica ed avvocati
esperti nella età evolutiva
potranno, incontrandosi
tra loro, mediare i diversi
punti di vista, segnalando
punti di approccio al problema
che presi singolarmente
rimarrebbero inascoltati.
I minori entrano nel processo
più delicato: quello
della loro famiglia.
Ogni sforzo dovrà essere
compiuto affinché al disagio
della separazione di
mamma e papà non se ne
debba aggiungere uno ulteriore:
quello di essere
stati “uditi”, ma non compresi,
ascoltati, ma non
capiti, o essere semplicemente
stati inseriti come
elemento di un processo
senza voce e senza difesa.
L'obbiettivo della proposta
di incontri interdisciplinari
è quello di raggiungere
una “definizione
condivisa della metodologia
migliore per procedere
alla audizione dei minori”.
Se ad esempio porla
in essere in via diretta od
indiretta, alla presenza
dei genitori o dei soli difensori,
o se permettere
alle parti di nominare immediatamente
un loro
esperto.
Il prodotto finale potrà essere
un “protocollo” operativo
che medi le diverse
chiavi di lettura delle parti
coinvolte con il
preciso primario
obiettivo di
tutelare i piccoli.
Così operando
si potrà sopperire
alla genericità
della norma
e fornire una proposta
di soluzione ai molti quesiti
tra i quali possono essere
individuati:
1) Individuare i casi in cui
l'audizione dei minori
debba considerarsi indispensabile
e irrinunciabile;
2) Specificare le modalità
con cui il detto o l'agito
del minore possa essere
riportato, nel rispetto
della sua integrità
psicologica;
3) Definire le modalità di
informazione, anche
quelle preliminari all'audizione,
per rendere
per il minore effettivo
il diritto allo stesso riconosciuto
dall'art 3
della Convenzione Europea
di Strasburgo ratificata
con la legge
77/2003.
Ma soprattutto evitare che
i giudici siano costretti a
dover immaginare soluzioni
una diversa dall'altra
con conseguente inaccettabile
disparità di trattamento
dei minori.
Di Giorgio Vaccaro
Avvocato del Foro di Roma presidente del circolo psicogiuridico di Roma