Apparentemente
cambia tutto, ma
in realtà, passata
la bufera, tutto rimane
eguale. Tommasi di Lampedusa
ha scritto un solo
libro di rilievo, ma con
questo è entrato nella letteratura
italiana.
Apparentemente
cambia tutto, ma
in realtà, passata
la bufera, tutto rimane
eguale. Tommasi di Lampedusa
ha scritto un solo
libro di rilievo, ma con
questo è entrato nella letteratura
italiana.
Il Gattopardo non è solo
la storia della Sicilia che
vede passare i Garibaldini
ed i Savoia, ma quella di
un’Italia che ha inneggiato
le truppe americane allorché
invadevano il Paese,
sostituendosi all’invasore
tedesco e, poi, ha
continuato a fondare la
propria struttura giuridica
sulla legislazione fascista,
molta della quale approvata
nel periodo bellico.
Un’Italia nella quale sono
andati al governo D’Alema
e Berlusconi con programmi
diversi e contrapposti,
senza poi attuare
alcun reale cambiamento
palpabile, annacquando
ogni decisione al fine di
ammortizzarla socialmente.
Un’Italia ove il Fascismo
governava con il consenso
di quelle stesse masse
popolari che hanno dato il
loro consenso all’Antifascismo,
tanto da lasciar
ironicamente concludere
che l’unico vero rivoluzionario
sia stato il Re Vittorio Emanuele che, con
le sue decisioni di arrestare
Mussolini, prima, e di fuggire
al Sud, poi, è riuscito a
provocare in Italia una sanguinosa
guerra civile inimmaginabile
nemmeno il 25
Luglio 1943.
L’era Bucci al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati
di Roma doveva segnare
una svolta, un sussulto di
dignità da parte di una categoria
che, ormai inflazionata
da un accesso indiscriminato
e numericamente incontrollabile,
cercava di riprendersi
il suo ruolo.
E’ finita come tutti sanno e
gli avvocati, con la loro affluenza
alle urne nelle ultime
elezioni suppletive,
hanno ancora una volta dimostrato
di non accettare
né commissariamenti né la
logica delle dimissioni finalizzate
a tentare di correggere
un errore che sicuramente
Federico Bucci
aveva fatto allorché ha ricevuto
il rinnovo della fiducia,
quello della scelta dei
propri compagni di cordata.
Ancora una volta è stato
scelto il ritorno alla normalità,
ad un Ordine professionale
che gestisce gli albi,
fa incontri istituzionali,
organizza convegni di studio
sulle riforme del diritto
e sui problemi dell’avvocatura.
Un Ordine che potrà tornare
a svolgere il proprio ruolo
istituzionale nella pienezza
dei propri componenti, assicurando
così una funzionalità
migliore. Un lodevole
risultato, trattandosi di un
ente pubblico, che lascia
però una sensazione di vuoto
a chi sperava (o, forse,
sognava) un qualcosa di diverso.
Il grido d’allarme è stato
lanciato dall’unica associa zione
forense capitolina veramente
viva ed attenta a
problemi sia contingenti
che di carattere generale, la
Camera Penale di Roma, in
un comunicato diffuso in
occasione del ballottaggio
delle elezioni suppletive
dell’Ordine Forense romano.
Il titolo è volutamente a
doppio senso, Richiamo all’Ordine.
Gli avvocati penalisti assumono
posizioni del tutto simili
a quelle di questa testata
giornalistica, deplorando
il fatto che ormai da anni la
vita dell’Avvocatura Romana
sia caratterizzata da una
campagna elettorale senza
soluzione di continuità, che
«puntualmente culmina nell’avvilente
spettacolo offerto
dai candidati i quali, nei
giorni del voto, presidiano,
insieme ad una folla di non
ben identificabili “supporters”,
i corridoi antistanti il
seggio, dispensando calorosi
abbracci ed ammiccanti
strette di mano a sconosciuti
colleghi attoniti per l’inusuale
accoglienza».
Dietro questa campagna
elettorale continua non vi
sono però «contenuti, proposte
o differenti elaborazioni
politiche e programmatiche
», ma solo slogan
pubblicitari, che chi scrive
ritiene sarebbero ben più
consoni all’induzione all’acquisto
di detersivi o di
profilattici piuttosto che a
stimolare il voto per un professionista
candidato al
consiglio di un ente pubblico
che, a suo tempo, intendeva
censurare un noto collega
che aveva prestato il
proprio volto per una campagna
in favore di un pastificio.
D’altro canto quell’illustre
collega, tempo dopo, divenne presidente dell’Ordine, a
dimostrazione dell’importanza
della pubblicità anche
in seno all’avvocatura...
L’attacco della Camera Penale
è duro, ma lucido. Si
censura «l’assoluto silenzio
tenuto dal Consiglio dell’Ordine
sui temi centrali
della politica giudiziaria e
su quelli, ormai non più rinviabili,
della dignità della
funzione dell’avvocato e
della qualificazione e selezione
professionale» nonché
il silenzio dallo stesso tenuto
con riferimento al tema
della riforma professionale
che prevedeva dei limiti alla
rieleggibilità dei consiglieri.
Consiglieri che gli avvocati
penalisti non esitano a definire
come dei «“professionisti
del Consiglio” che della
loro rielezione per lustri
e decenni hanno fatto la
principale attività se non la
loro ragione di vita».
E, ancora, si ricorda che, in
luogo di affrontare quelle
doverose battaglie in difesa
delle garanzie di libertà dei
cittadini e della salvaguardia
dei loro diritti processuali,
gli eletti preferiscono
spesso cimentarsi in manifestazioni
sportive o conviviali.
In tale situazione la Camera
Penale osserva di aver assunto
l’iniziativa di operare
per limitare l’accesso alla
professione onde evitare il
progressivo deterioramentoqualitativo di una avvocatura
visibile tutte le mattine nelle
aule di giustizia.
Concludono i penalisti, affermando
che è il momento
di assumere posizioni non
più rinviabili ancorché scomode
perché in contrasto
con quelle di molte forze politiche
e degli organismi di
rappresentanza dei magistrati
in tema di giustizia.
Un comunicato così forte da
parte di una associazione
tanto prestigiosa e qualificata
avrebbe dovuto infuocare
la campagna elettorale per le
suppletive: invece è passato
sotto silenzio, come se la cosa
più importante fosse far
tornare ogni cosa alla normalità.
Il Gattopardo forense ha vinto
o, almeno, vorrebbe vincere
a tutti i costi. Vi è, però,
chi non lo accetta, come
questa testata, che non a caso
ha trascritto integralmente
le parti maggiormente polemiche
del comunicato della
Camera Penale.
Il silenzio è la normalità, è il
silenzio della rassegnazione,
come scrissi in un precedente
articolo su queste pagine.
La discussione su grandi temi
sociogiuridici e la polemica
costruttiva sono, viceversa,
il fuoco che alimenta
la ricerca della giustizia.
Questa testata lo alimenta e
continuerà ad alimentarlo.
Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma