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Editoriali: Intercettazioni e campagne di stampa
Posted by InGiustizia on Tuesday, June 10 @ 15:33:17 CEST
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L'avvocato Reboa analizza uno dei temi di maggiore attualità politica e giudiziaria.



Il problema del cattivo funzionamento della giustizia italiana riempie in questi giorni le pagine dei principali quotidiani, i quali improvvisamente sembrano scoprire che nei tribunali, ed in particolare in quello di Roma, manca tutto, dalla carta per fotocopie a quella igienica nelle toilette che spesso non meriterebbero di essere chiamate tali, per la loro sporcizia.
Non è la prima volta che assistiamo a simili campagne giornalistiche, le quali poi cessano improvvisamente, come se il problema si fosse risolto. La sensazione è che questa cicliche riscoperte dell’acqua calda non abbiano una origine "naturale" quale, ad esempio, lo scoop di un giornalista, ma nascondano degli obiettivi di difficile comprensione per i più.
Si tratta, insomma, di "falsi scopi" , dato che l’obiettivo non è quello di far prendere coscienza ai cittadini del cattivo funzionamento del sistema giudiziario al fine di creare quella sensibilità politica indispensabile per una soluzione dei problemi, bensì quello di evitare che vengano assunte delle decisioni collegate alla macchina giustizia che danneggiano gli interessi di questa o quella lobby di potere.
La vittoria elettorale di Berlusconi ed il fatto che egli non debba divincolarsi tra i possibili veti di una coalizione, da un lato impongono al premier di dare in breve tempo delle risposte concrete alle aspettative dei cittadini e, dall’altro, rendono estremamente difficile una battaglia parlamentare su vari fronti, dato che l’unica possibilità per l’opposizione di incidere sulle decisioni non può essere lo scontro aperto con ostruzionismo, ma una dialettica nelle commissioni finalizzata a creare problemi di percorso.
Vi è così l’esigenza che la stampa evidenzi tutte le situazioni di criticità delle strutture pubbliche che potrebbero essere le destinatarie dirette e/o indirette delle iniziative parlamentari, al fine di consentire all’opposizione di evidenziare l’impossibilità di attuazione di certi provvedimenti ad essa (o ai suoi sostenitori) poco graditi. E’ un sistema di battaglia politica, nel rispetto delle regole democratiche e quindi non censurabile in sé; tuttavia esso non può che essere censurato allorché le finalità delle campagne di stampa sono solo interdittive.
Non si può, in sintesi, denunciare lo sfascio dei tribunali non già per ottenere fondi per farli funzionare, ma al solo fine di tentare di bloccare l’approvazione di nuove figure di reato con la scusa che tale fatto aumenterebbe il carico di lavoro della Magistratura e, quindi, paralizzerebbe ancor di più un sistema giudiziario che fa acqua da tutte le parti.
Con ciò non si vuole affermare che, ad esempio, l’introduzione della figura di reato di immigrazione clandestina non potrebbe creare un maggior carico di lavoro per i Tribunali, ma non è ammissibile che si pretenda che lo Stato abdichi la propria potestà legislativa o la propria pretesa punitiva di fronte a fenomeni di massa di grande preoccupazione sociale solo perché il sistema giudiziario fa acqua. E che certe campagne siano finalizzate solo ad ostacolare determinati programmi politici si evince chiaramente dal fatto che, quando da parte del potere politico si prospettino norme che non sono solo a tutela della privacy e dei diritti del cittadino innocente, quali quelle di una migliore regolamentazione delle intercettazioni telefoniche, ma anche tendenti a limitare dei costi assurdi per il bilancio della giustizia, certi organi di stampa divengano giustizialisti e la ANM faccia sentire la propria autorevole voce di dissenso.
Anche in questo caso vengono fatti dei discorsi che hanno un senso logico, perché nessuno può negare l’utilità di ascoltare le altrui telefonate per scoprire i reati, così come è difficile negare che la tortura (o anche solo la minaccia di praticarla) stimoli la confessione anche dei reati non commessi. Il problema reale è quanto la pratica indiscriminata delle intercettazioni telefoniche (centinaia di migliaia di utenze ascoltate l’anno) costi in termini economici e di rispetto dei diritti degli individui e quante delle intercettazioni abbiano portato risultati positivi.
Poiché ogni medaglia ha il proprio rovescio, nessuno potrà nemmeno negare che la possibilità di disporre intercettazioni in un numero elevatissimo di casi pone la categoria dei pubblici ministeri in una posizione di potere superiore sia ai parlamentari che alla stessa magistratura giudicante e che sia legittimo dubitare che ciò sia conforme allo spirito di una Costituzione fondata sull’equilibrio dei poteri e su principi etici molto avanzati, quali quello della presunzione di innocenza o della libertà individuale.
Analogamente si sfida qualcuno a negare che le intercettazioni telefoniche o ambientali sono una vera e propria manna per Telecom, Vodafone, Tiscali, Tre ecc., le quali vengono pagate a cottimo e non a forfait. Il che significa che quanto più si intercetta tanto più esse incassano, con costi per la giustizia di circa 380 milioni di euro l’anno.
Senza entrare in polemica con le compagnie telefoniche e chiedersi se non sarebbe più giusto limitare i loro addebiti per un servizio pubblico in favore di uno Stato che fornisce le concessioni spesso a prezzi irrisori, si osserva che utilizzando questi fondi per far funzionare le fotocopiatrici, assumere il personale necessario per le cancellerie, ecc., potrebbe eliminare quella sensazione di non funzionamento della giustizia (che spesso è la causa del fenomeno della illegalità).
Se è ancora valido l’insegnamento etico che è meglio un colpevole in libertà che un innocente in carcere, ne discende che in uno stato libero uno dei tanti cittadini non colpevoli che viene intercettato nelle sue comunicazioni non è solo privato di quella libertà fondamentale che oggi si chiama privacy, ma con l’utilizzo distorto di quei fondi viene privato anche della possibilità di vedere in prigione il ladruncolo che gli ha rubato il telefonino e, utilizzandolo per comunicare con altri suoi pari prima che la vittima si accorgesse del furto, lo ha magari fatto sbattere in carcere per una presunta associazione a delinquere.

Romolo Reboa
Avvocato del foro di Roma

 
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