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Editoriali: Facciamo pulizia!
Posted by InGiustizia on Friday, October 24 @ 16:33:55 CEST
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Si avvicinano le elezioni per il rinnovo della Cassa Forense: serve Rinnovamento



Il foro o l’agorà erano i luoghi deputati alla politica forense, con dibattiti con risposte immediate de visu: ora la politica forense si fa sul web, tramite i siti e la posta elettronica, visto che non esistono reali punto di incontro per gli avvocati.
Si avvicinano le elezioni per il rinnovo della Cassa Forense e tutti i delegati uscenti sanno che l’elettorato chiederà loro conto dell’aumento del contributo soggettivo dal 10% al 14% e del fatto che è stata posticipata l’età pennsionabile e temono che qualcuno decida di portare nelle istituzioni una ventata di novità, presentando una lista di avvocati autorevoli, ma mai coinvolti in incarichi istituzionali in seno all’avvocatura, che potrebbe fare il pieno dei consensi.
Sui computers degli avvocati romani è giunta una lunga lettera aperta di un delegato uscente, che si è sostanzialmente reso conto che quanto scrivo da anni su questa testata è vero, cioè che la proletarizzazione dell’avvocatura attuata dall'art. 1 del D. Lgs. Lgt. 7.9.1944 n. 215 con la abrogazione “temporanea” dell’art. 19 della legge professionale del 1933 è stata una iattura per la professione.
Persino il pachidermico C.N.F., alcuni mesi fa, si era reso conto che oltre 210.000 avvocati, dei quali solo poco più di 140.000 iscritti alla Cassa Forense, non solo rendono impossibile il funzionamento della giustizia, moltiplicando la litigiosità nella speranza di guadagnare una piccola parcella indispenzsabile per la loro sopravvivenza, ma costituiscono una realtà di disoccupazione o sottoccupazione che ha abbassato il livello qualitativo delle prestazioni professionali a danno del povero consumatore che, sperando di risparmiare, si trova spesso di fronte ad inappellabili condanne che trovano origine in una difesa approssimativa o incompetente.
E’ evidente, perché conforme a criteri matematici, che l’aumento degli iscritti alla Cassa comportasse un incremento degli oneri pensionistici futuri e che, se tale aumento di iscritti avvienga in presenza di un reddito imponibile medio inadeguato al ruolo che l’avvocato dovrebbe ricoprire nella società, la Cassa potrà sopravvivere solo aumentando per tutti la percentuale contributiva.
In sintesi chi fa veramente l’avvocato è costretto a pagare di più perché alla Cassa vi sono iscritti che la professione la fanno a mezzo servizio, magari a casa o con il computer portatile, senza oneri di spese di studio, di personale e fiscali, visto che difficilmente un professionista che appare come un “prestatore occasionale” sarà soggetto alla visita della Guardia di Finanza.
Vi sono poi i non iscritti che esercita egualmente, riducendo i loro costi, sicché la soluzione del problema della qualificazione e della tutela del consumatore e della categoria non passa per i convegni spacciati quali corsi di aggiornamento con crediti formativi, ai quali partecipano per lo più gli avvocati che la professione non la esercitano continuativamente ed hanno tempo di ascoltare docenti molte volte improvvisati che, se stimolati con domande di approfondimento, dimostrano di avere una conoscenza superficiale di ciò di cui stanno pomposamente parlando.
Tutti i delegati uscenti ed i consiglieri degli ordini che hanno già aperto la propria campagna elettorale per la Cassa Forense, chiedendo interventi governativi per la crescita esponenziale dell’albo forense e inviando messaggi di autodifesa sulle responsabilità degli aumenti, dovrebbero ricordarsi che la loro piccola casta ha grande responsabilità per la situazione attuale.
La mentalità con la quale ci si avvicina alle cariche istituzionali forensi è errata: si deve ottenere il consenso da un numero di colleghi sempre più elevato e, quindi, non si fanno programmi che potrebbero alienare le simpatie della base.
Questo ragionamento può andare bene per i politici, anche se sta portando la vecchia Europa al disastro nei confronti delle economie asiatiche emergenti, ma è inaccettabile per chi, per scelta di vita, sia un Difensore, ove la “D” non è stata scritta con la maiuscola per un refuso di stampa.
Un Difensore non deve cercare facili consensi, ma soluzioni a tutela degli interessi che è chiamato o che chiede di tutelare: gli avvocati penalisti sanno quanto sia tecnicamente più facile patteggiare che affrontare i rischi di una difesa dibattimentale, ma l’avvocato che tutela veramente gli interessi del proprio cliente si pone come prioritario il quesito sulle conseguenze negli anni futuri di quella scelta apparentemente più semplice.
L’Ordine di Roma ha approvato un bilancio nel quale vi sono crediti per quote pari all’importo annuo delle contribuzioni di tutti gli iscritti: il che significa o che tutti gli avvocati pagano la loro quota in ritardo o che vi è almeno un 20% degli avvocati che è moroso cronico e che il Consiglio non procede né alle azioni disciplinari contro di loro né al recupero degli importi: non ritengo che si tratti solo di inerzia, ma di una scelta ben precisa, nessuno vuole mettersi contro una così alta percentuale di votanti.
E, ancora: se gli iscritti alla Cassa Forense sono circa 141.000 e gli avvocati iscritti agli ordini 210.000 significa che vi sono circa 70.000 professionisti i quali o non esercitano continuativamente la professione o non si sono iscritti alla previdenza, facendo così concorrenza sleale nei confronti dei loro colleghi più diligenti.
La percentuale di un avvocato su tre è troppo alta perché non sorga il dubbio che gli Ordini non abbiano esercitato la azione disciplinare per la violazione della L. 576/80 ad opera dei loro iscritti previdenzialmente non in regola: forse perché anche loro votano?
E, ancora: porre un argine a nuove iscrizioni significa bloccare le aspettative dei giovani preparati o far sì che gli esami per l’abilitazione alla professione siano effettivamente rigidi e selettivi e non inquinati da pacchi di raccomandazioni dei colleghi elettori?
E’ troppo facile dire che gli avvocati sono troppi ed il governo dovrebbe fare qualcosa, quando la classe dirigente forense, collettivamente intesa, non fa l’unica cosa che dovrebbe fare: il proprio dovere.
Forse, a Gennaio, una operazione di rinnovamento collettivo non farebbe male!

Romolo Reboa

 
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