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Diritti: Rapporti finalmente definiti
Posted by InGiustizia on Wednesday, January 14 @ 18:55:02 CET
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I reati di falso ideologico del privato in atto pubblico e di falso ideologico in atto pubblico per indizione

Una delle questioni che hanno interessato le Sezioni Unite Penali nel corso degli ultimi mesi è stata quella decisa con la sentenza n. 35488/2007. Ed invero, in tale occasione, il Supremo Collegio, dirimendo un contrasto decennale fra le Sezioni semplici della stessa Corte, ha stabilito quale sia esattamente il rapporto fra i reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.p) e quello di falsità ideologica per induzione (art. 48 e 479 c.p.). Più precisamente, come si legge dall’ordinanza di remissione alle Sezioni Unite, il contrasto giurisprudenziale ha avuto ad oggetto sia il tema dell’ammissibilità di un concorso fra il reato di cui all'art. 483 c.p. e quello di falso ideologico per induzione, sia quello della definizione degli esatti termini per la configurazione di questo secondo reato, pure in presenza (o meno) del primo. Da un lato, difatti, si sono registrate diverse pronunce sulla base delle quali la falsità ideologica del privato sembrerebbe non poter concorrere con il delitto di falso per induzione in errore del pubblico ufficiale, quando l'atto pubblico da questi sia adottato a seguito della presentazione dell'atto falso del privato.
Alla base di tale impostazione vi sarebbe infatti l’assunto secondo il quale l’atto pubblico posto in essere dal pubblico ufficiale non sarebbe inteso ad accertare "il fatto" oggetto della attestazione falsa del privato ma, più semplicemente, l'esistenza dell'"atto" del privato in cui, questi, ha trasfuso l'attestazione di un certo fatto (Sez. 5, 19 maggio 2003, n. 22021, Carbini; 20 giugno 2006, n. 21209, Bartolazzi).
In altri termini, il soggetto pubblico, dovendo solo ed esclusivamente ricevere l’atto del privato ed accertare l’esistenza dello stesso, non porrebbe in essere alcuna falsità ideologica nell’ipotesi in cui l’atto del privato, pur esistendo, risulti essere in verità menzognero. L’atto del pubblico ufficiale attesterebbe infatti solo l’esistenza dell’atto del privato ma non anche la veridicità del suo contenuto. Conseguentemente non si potrebbe ravvisare alcuna falsità ideologica nell’atto posto in essere dal pubblico ufficiale in presenza di un atto del privato effettivamente esistente. Dall’altro lato, le Sezioni Unite, nel 1995, hanno invece ammesso la possibilità di un concorso fra i predetti reati.
Secondo le motivazioni condivise anche dalla sentenza delle Sezioni Unite del 2007, infatti, l’l'atto pubblico, nel quale sia richiamato altro atto ideologicamente falso, sarebbe anch'esso falso, in quanto certifica l'esistenza di attestazioni presumendole "vere", con la conseguenza che se, invece, le attestazioni richiamate sono false, sarebbe falso pure l'atto pubblico che le pone a premessa. In altre parole, il pubblico ufficiale, diversamente rispetto alla tesi precedentemente esposta, non si limiterebbe ad “attestare l’attestazione del privato”, fungendo da mero ricettore dell’atto, ma compierebbe, sia pure implicitamente, un’attestazione falsa circa la sussistenza effettiva di quei presupposti indefettibili, posti a premessa del provvedimento della pubblica amministrazione. Ovvero: il provvedimento adottato dal pubblico ufficiale sarebbe ideologicamente falso in quanto adottato sulla base di un presupposto che in realtà non esiste. Di tale secondo falso, realizzatosi in forza di una sorta di “reazione a catena”, non risponderà comunque il pubblico ufficiale, perchè in buona fede essendo stato tratto in inganno dal privato, bensì, ai sensi dell’art. 48 c.p., il soggetto che lo ha ingannato. Ed è proprio aderendo a tale impostazione che le Sezioni Unite hanno ribadito che il principio secondo il quale il delitto di falsa attestazione del privato (di cui all'art. 483 c.p.) può concorrere - quando la falsa dichiarazione del mentitore sia prevista di per sè come reato - con quello della falsità per induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione dell'atto al quale l'attestazione inerisca (di cui agli artt. 48 e 479 c.p.), semprechè la dichiarazione non veridica del privato concerna fatti dei quali l'atto del pubblico ufficiale è destinato a provare la verità. Conseguentemente, il privato che produca alla Pubblica Amministrazione un atto di notorietà contenente dati non rispondenti al vero e tale atto sia posto a fondamento di un successivo provvedimento posto in essere dalla P.A., il privato dichiarante potrà rispondere sia del reato di cui all’art. 483 che di quello di cui agli artt. 48 e 479 c.p.

Francesco Salomone

 
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