Il potere di disporre della vita altrui
Con la sentenza n.
27145 dell'11 novembre
2008 la
Cassazione a Sezioni Unite
ha messo la parola fine all'odissea
giudiziaria di
Eluana Englaro. Secondo la
Corte il ricorso della Procura
di Milano contro la sospensione
dell'alimentazione
forzata, autorizzata dalla
Corte di Appello di Milano
dopo il rinvio disposto dalla
Cassazione con la sentenza
16.10.2007, è inammissibile.
La sentenza n.
27145 segue di appena un
mese l'ordinanza 8 ottobre
della Corte Costituzionale
che ha dichiarato inammissibili
i ricorsi per conflitto
di attribuzione sollevati da
Camera e Senato nei confronti
della Corte di Cassazione
e della Corte milanese.
Sollecitudine encomiabile
seppure non usuale in
vicende non sostenute con
uguale impegno dai mezzi
di comunicazione. Il Procuratore
Generale di Milano,
afferma la Suprema Corte,
non era legittimato ad impugnare
il decreto della
Corte di Appello. La motivazione
della sentenza è
frutto di una esegesi del sistema
processuale di riferimento
a prima vista meticolosa
e attenta che però risente
di vistose contraddizioni
rispetto… al buon
senso e a precedenti pronuncie
della Suprema Corte
in punto dei poteri di impugnazione
del Pubblico Ministero.
A mente dell'art. 70
u.c. c.p.c, ricorda la Corte,
il potere di intervento del
pubblico ministero (“ Il
P.M.........può intervenire in
ogni altra causa in cui ravvisa
un pubblico interesse”)
non attribuisce allo
stesso il potere di impugnazione.
Questo, ricorda la
Corte, è espressamente e
tassativamente regolato dall'art.
72 del codice del processo
civile e dunque è limitato
alle cause matrimoniali,
salvo quelle di separazione.
Restano dunque
escluse le cause relative allo
stato e alla capacità delle
persone ( art. 70 n. 3) nelle
quali il P.M. ha solo il potere
di intervento; senza dire,
aggiunge la Corte che le
questioni di stato e capacità
delle persone sono “esclusivamente
quelle riguardanti
la posizione soggettiva
dell'individuo come cittadino
o nell'ambito della
comunità civile o familiare”.
Dunque, vien fatto di
considerare, la decisione di
vivere o morire, per di più
adottata da soggetto diverso
del titolare, non riguarda lo
stato della persona; tesi
questa comprensibile solo a
studiosi bizantini del diritto
ma non al senso comune.
Ma non basta, avvedutasi
del grave dubbio di incostituzionalità
che pone siffatta
lettura delle norme in esame,
la Corte Suprema lo risolve
e lo esclude affermando
che nella specie è
stato esercitato un diritto
personalissimo (quello di
porre fine alla vita n.d.r.),
di spessore costituzionale
nel quale il P.M. non può
interferire fino al punto di
impugnare la decisione che
ha accolto la domanda del
titolare. Stupefacente sofisma
quando si consideri
che nel caso di Eluana la
decisione è stata assunta,
come si sa, da un soggetto
diverso dal titolare al quale
viene riferita solo in virtù
di una discutibile fictio iuris,
quella della attribuzione
al tutore del potere di disporre
della vita dell’incapace.
Senza dire poi che in
altre occasioni la stessa
Corte Suprema ha riconosciuto
al P.M. il diritto di
impugnare sulla base di una
“interpretazione costituzionalmente
orientata“ della
normativa di riferimento.
Vedasi la Sez. 1 7.03.2007
n. 5220 che ha riconosciuto
al P.M. il potere di reclamo
nel caso di rigetto dell'istanza
di fallimento. Ma, si
sa, il fallimento è certo cosa
più importante della vita!!
Ci sarebbe materia per
il sarcasmo tragico di Bunuel.
Vero è che l'inammissibilità
è lo strumento elegante,
seppure pilatesco,
per evitare il merito spinoso
dei problemi e respingerli
sulla testa del malcapitato
ricorrente sia esso
pubblico o privato. Ma c'è
di più. L’inammissibilità di
questi tempi va di moda
perché consente di risolvere
la crisi della giustizia scoraggiando
quanti tentano
davanti alla Suprema Corte
l'ultima chance della loro
vicenda umana. Di qui la
trovata della autosufficienza
del ricorso, quella del
quesito di diritto ( dura a
scomparire), quella da ultimo
del preventivo giudizio
di ammissibilità dei ricorsi
per cassazione, affidata a
un Collegio di tre magistrati
nel disegno di legge del
Governo (atto Senato
n.1082). Avanti di questo
passo. La tentazione è forte.
Si arriverà forse, come
si è fatto per i concorsi, a
un test preliminare di
ammissibilità, anche per i
gradi di merito della giustizia,
ispirandosi per i quesiti
ai dialoghi di Luciano. Così
la crisi della giustizia sarà
risolta senza troppa fatica e
soprattutto senza spese.
Giorgio Della Valle
Avvocato del Foro di Roma