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Avvocatura: La piaga della compensazione delle spese
Posted by InGiustizia on Monday, February 09 @ 17:29:43 CET
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Un vero e proprio problema sociale



La vexata questio della compensazione delle spese di giudizio costituisce un problema noto a tutti gli operatori del diritto e - purtroppo per loro - anche a molti malcapitati clienti che, pur essendo risultati totalmente vittoriosi in giudizio, si sono visti costretti a pagare al proprio legale le spese processuali, a volte anche particolarmente ingenti.
Personalmente ho sempre ritenuto immorale che fosse lasciata ai giudici una discrezionalità senza limiti e ho fatto di tutto per modificare l’orientamento giurisprudenziale, che nel secolo scorso, era praticamente incontrastato.
La prima dirompente inversione di tendenza si è avuta con la sentenza 26 gennaio-5 maggio 1999 n. 4455 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, la quale ha affermato la necessità di una, almeno implicita, motivazione della compensazione delle spese a danno della parte totalmente vittoriosa. Mi preme sottolineare, tra l’altro, che ciò si rende ancor più necessario quando contraddittore del cittadino è la pubblica amministrazione, che, allorché viola le norme regolamentatrici del suo comportamento, non può e non deve essere favorita da provvedimenti giudiziari privi, oltretutto, di qualsivoglia ragione giustificatrice. Nei primi anni 2000 si sono susseguite molteplici pronunce di legittimità che hanno, in buona sostanza, trasformato in dominante l’orientamento secondo cui l’esercizio del potere di compensazione delle spese non può risolversi in mero arbitrio (Cass. 14 marzo 2003 n. 3801, Cass. 26 marzo 2003 n. 4474, Cass. 25 gennaio 2006 n. 1422, Cass. n. 6699/06, Cass. n. 7699/06, Cass. 11 dicembre 2006 n. 26408, Cass. 21 dicembre 2006 n. 27310, Cass. 9 marzo 2007 n. 5457, Cass. 19 novembre 2007 n. 23993).
Il tema dell’arbitraria compensazione delle spese stava così tanto assurgendo ad un vero e proprio problema sociale, che addirittura il legislatore è stato costretto ad intervenire con la Legge 28 dicembre 2005 n. 263 per dare un’interpretazione autentica del secondo comma dell'art. 92 c.p.c., integrandolo nel modo seguente: «Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti »; modifica che è entrata in vigore dal 1° marzo 2006.
Nonostante nel merito la giurisprudenza di legittimità si stesse ormai orientando nel senso sopra richiamato anche per le cause antecedenti a tale data, alcuni giudici della Suprema Corte rimanevano vincolati al vecchio orientamento e, alla fine, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite per risolvere il contrasto tra i diversi indirizzi.
Grazie a due identiche sentenze, il tormentato iter giurisprudenziale sulla compensazione delle spese processuali, si è poi concluso con la definitiva esclusione della arbitrarietà da parte del giudice di merito di compensare le spese giudiziali in presenza di una soccombenza totale. Le due decisioni in esame (Cass., Sez. Unite, 30 luglio 2008 n. 20598 e 20599), ottenute entrambe dal sottoscritto, hanno il grande pregio di aver affrontato il percorso storico e l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità a partire dagli anni ’60 fino ai giorni nostri, offrendone un panorama completo ed esaustivo. Ciò ha contribuito a mettere in evidenza il radicale mutamento nell’interpretazione dell’art. 92 c.p.c., che nel tempo ha portato a considerare prevalente la tesi della necessità di motivazione della compensazione delle spese, molto ben esposta nella storica ed innovativa sentenza n. 4455/99, cui le Sezioni Unite integralmente si sono richiamate. Pertanto, anche per i giudizi incardinati precedentemente al 1° marzo 2006, il principio di diritto indicato dalle Sezioni Unite è il seguente: «…ritiene il collegio che il contrasto vada superato affermando la necessità che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per “giusti motivi” trovi nella sentenza un adeguato supporto motivazionale, anche se a tal fine non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici di esso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito». La Corte ha anche indicato sommariamente alcuni casi in cui possono sussistere realmente i motivi per compensare le spese: «... a titolo meramente esemplificativo, potrebbe ritenersi assolto detto obbligo di motivazione ove si desse atto nella motivazione del provvedimento di merito (ma sarebbe anche sufficiente che fosse desumibile in modo inequivoco dai contesto delle argomentazioni)di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, ovvero di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali, ecc.».
Nell’ipotesi in cui il giudice del merito dovesse ricorrere ad una di tali formule in modo apodittico e senza fondamento, è evidente come detta statuizione sia impugnabile per manifesta illogicità, palese erroneità e contraddittorietà della motivazione. Tuttavia, la vecchia abitudine di decidere a proprio piacimento sulla liquidazione delle spese processuali è talmente dura a morire che tuttora vi è una tendenza diffusa e costante da parte dei giudici di merito di compensare le spese legali con motivazioni insussistenti.
Il legislatore, pertanto, nel disegno di legge n. 1082, passato al Senato dopo l’approvazione della Camera, ha previsto una disciplina ancor più restrittiva della compensazione, stabilendo che le spese possano essere compensate - oltre all'ipotesi della soccombenza reciproca - soltanto quando “concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”. In questo modo è stata recepita l’assoluta esigenza sociale che le spese seguano sempre la soccombenza.

Mauro Vaglio
*AVVOCATO DEL FORO DI ROMA, CONSIGLIERE ORDINE AVVOCATI DI ROMA

 
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