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Diritto: Delega di funzioni
Posted by Reboa on Thursday, April 16 @ 16:23:06 CEST
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Verso una "riduzione" dei confini

Una delle tematiche verso le quali, in questi ultimi anni, è stato sempre maggiore l’interesse della giurisprudenza nonché degli operatori del settore è da ritenersi quella della “delega di funzioni” all’interno delle grandi imprese.
In particolare, dottrina e giurisprudenza si sono costantemente interrogate sulla questione concernente l’esatta individuazione dei limiti e dei confini entro i quali possa ritenersi operante, in maniera valida ed efficace, la delega di funzioni all’interno delle aziende di notevoli dimensioni. Ed invero, sul punto, si è registrata – nel corso degli anni – una significativa evoluzione giurisprudenziale.
Se infatti, in un primo tempo, le Corti italiane sembravano aderire “in massa” a tesi formalistiche, secondo le quali ad assumere rilevanza fossero solo ed esclusivamente le qualifiche formali, sicchè rispondevano dell’evento dannoso - sempre e comunque - i soli rappresentanti legali delle società, successivamente, invece, si è assistito al superamento di tale orientamento strettamente formalistico in favore di un’impostazione più “aderente” alle esigenze della nuova economia. Sulla base di tale nouvelle vage, la più recente giurisprudenza di legittimità è difatti arrivata ad affermare che, in tutti i casi in cui l'apparato produttivo di una società di notevoli dimensioni risulti articolato in una serie di unità autonome, ciascuna affidata ad un soggetto all'uopo investito di mansioni direttive, il problema della responsabilità per l'osservanza delle disposizioni sanzionate penalmente poste a carico della società andrà affrontato con riferimento alla singola struttura aziendale interessata, all'interno della quale soltanto dovrà essere ricercato il responsabile. (Cass. pen., 03.03.2003).
Da tale impostazione ne discende dunque che, nelle organizzazioni complesse, ad assumere rilevanza, ai fini dell’individuazione delle posizioni di garanzia, non sarebbe la qualifica formale soggettiva bensì la titolarità effettiva e concreta dei poteri che a tale qualifica si riconnettono (Cass. pen., 06.03.2003, n. 19642). Tale assunto, ispirato al cd. “principio dell’effettività”, parrebbe peraltro rispondere, a parere di chi scrive, ad un’interpretazione costituzionalmente orientata del principio ad impossibilia nemo tenetur che impedisce il contemporaneo svolgimento, da parte di un unico soggetto, di innumerevoli mansioni, anche di vigilanza, consentendone all'interno di grandi aziende, la delega ed il decentramento. Per aversi una valida delega di funzioni sembrerebbe quindi necessario che: l’azienda sia di notevoli dimensioni e che vi sia una suddivisione della stessa in rami e/o settori, a cui in concreto siano preposti soggetti qualificati e dotati di autonomi poteri di gestione (cfr. Cass. pen., 20.06.1997, n. 10436 e Cass. pen., 10.03.2005, n. 14285).
Tuttavia, l’interrogativo che residua agli occhi dell’interprete è il seguente: il principio di “effettività” che, come visto identifica come responsabile delle violazioni commesse nell’esercizio dell’attività d’impresa il soggetto che “di fatto” eserciti i poteri corrispondenti alla funzioni svolte, determina un automatico esonero da ogni responsabilità di chi solo “formalmente” ricopre la posizione di garanzia (ad es. il legale rappresentante di una grande società)? A tale complesso quesito ha dato risposta una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, dalle cui motivazioni si evince che, in capo al soggetto “formalmente” investito della posizione di garanzia ma che “di fatto” non esercita i poteri corrispondenti alla funzione svolta, permane comunque la responsabilità per l’evento dannoso verificatosi. E ciò in quanto, secondo la Corte, “l’assunzione della posizione di garanzia comporterebbe, di per sé, il sorgere dell’obbligo di protezione dei beni alla cui prevenzione tale posizione sarebbe preordinata”. In altri termini, seguendo tale indirizzo, il garante formale non verrebbe meno alle proprie responsabilità rispetto all’evento dannoso per il solo fatto di aver affidato a terzi i suoi poteri, salvo nel caso di rinuncia alla qualità da cui derivano gli obblighi di protezione. Solo in tale (ed estrema) ipotesi, infatti, si avrebbe un esonero totale di responsabilità (Cass. pen. 19.12.2008, n. 47380). Tale sentenza, che si spinge per la verità ben al di là del precedente “traguardo”, che identificava nella culpa in vigilando o in quella in eligendo l’unico profilo di responsabilità residuale a carico del soggetto “formalmente” investito della posizione di garanzia, è tuttavia da ritenersi, a nostro avviso, un preoccupante punto di arresto del cursus giurisprudenziale più recente, volto ad evitare, in tema di violazione della normativa anti-infortunistica, pericolose forme di imputazione oggettiva del fatto di reato in capo a soggetti i quali, non potendo “di fatto” impedire l’evento, rischierebbero l’attribuzione di un evento da essi in concreto inesigibile.

Francesco Salamone

 
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