Emergenza democratica
Gli Italiani ritornano alle urne per le elezioni
europee con un sistema elettorale diverso da quello che ha riportato Berlusconi alla Presidenza
del Consiglio: questa volta c’è si lo sbarramento
del 4%, ma vi sono le preferenze e non vi sono
premi di maggioranza. E’ sicuramente un sistema
che garantisce maggiormente il pluralismo, costringendo le forze politiche a trovare dei minimi
comuni denominatori che consentano loro di accorparsi: la nascita delle liste Sinistra e Libertà da una parte ed l’autonomia dall’altra sono la dimostrazione che è possibile creare degli sbarramenti senza costringere i cittadini a votare
solo i due partiti maggiori. Altresì la possibilità
di esprimere la preferenza crea una dialettica dinamica in seno a PDL e PD, consentendo a chi sia espressione del territorio di far valere il peso di un consenso popolare che molte volte è frutto di un impegno quotidiano altamente faticoso e socialmente utile. A livello di sistema elettorale
l’Europa si contrappone all’Italia come la libertà
si contrapponeva alle dittature democratiche dei sistemi comunisti ante caduta del muro di Berlino. Un sistema politico a liste bloccate, nel quale le segreterie dei partiti hanno il potere di scegliere i
candidati e vi è uno sbarramento su base nazionale, significa che il Parlamento non
è più l’organo rappresentativo del popolo, bensì un organo legislativo dove, per volontà popolare, un gruppo di nominati dall’alto è in maggioranza
rispetto ad un altro gruppo di nominati dall’alto.
Volontà popolare influenzata soprattutto dai grandi mass media, il che significa trattazione epidermica (e, quindi, superficiale) dei temi e conseguente
distacco dalle realtà quotidiane del territorio. Sino
a tre anni fa il collegio elettorale era un patrimonio
che ogni uomo politico doveva tutelare e curare, consentendo così ai propri fans di beneficiare almeno parzialmente del potere che a lui
conferivano con il loro voto.
Con il sistema elettorale italiano tutto ciò non ha più ragione di essere e, infatti, non a caso le liste per le europee sono imbottite di giornalisti televisivi, che possono beneficiare di un consenso diffuso cui non si hanno più da contrapporre persone dotate di solido consenso di base.
E’ vero che nuove forme di comunicazione mediatica, quali i cosiddetti social networks, stanno creando reti di contatti solo pochi anni fa inimmaginabili, ma non può tacersi che alcuni gruppi sono formati da persone che si conoscono solo via etere, cioè in modo del tutto virtuale:
ciò non è negativo in assoluto, in quanto consente di aggregare persone del tutto diverse tra di loro su grandi temi, ma è socialmente distruttivo,
perché nessuna persona dotata di buon senso
potrà negare che il calore umano di una carezza sia
mille volte superiore a quello che può essere dato da ore di messaggi in chat line. La politica esclusivamente via etere si prende cura dei bisogni
virtuali e mette in secondo piano quelli reali e quotidiani: il che significa che chi governa ha buon diritto di ritenere che non sia necessaria una democrazia reale, ma sia sufficiente la democrazia
virtuale che non ha necessità di cabine elettorali, in quanto basta il televoto con il tasto del telecomando o con un messaggio del telefonino. Così è sufficiente avere la prova che il telecomando o il telefonino funzionino per credere che il sistema sia perfetto e che sia impossibile
fare brogli: anche perché il cuore ed i meccanismi reali di funzionamento di un sistema così complesso sono accessibili a pochi e solo dopo
un lungo percorso di studi, fatto che fa ipotizzare (erroneamente) a delle menti normali che vi sia anche un sistema di controlli che impedisce
di alterare le regole di pluralismo sbandierate all’esterno.
Una realtà virtuale, proprio perché tale, è incontrollata e, probabilmente, incontrollabile: ciò piace ad alcuni, i quali la ritengono come l’unico stadio della libertà assoluta, ma preoccupa chi diffida di tutti gli assolutismi.
E’ necessario utilizzare gli strumenti che la tecnologia offre per ampliare il raggio di comunicazione, ma l’etere non è la realtà
dove si vivono i problemi ed i drammi quotidiani: il panino o la fetta di prosciutto che si vedono in TV o sul computer non si possono mangiare, ma devono essere comprati con denaro reale ed esistono perché qualcuno ha seminato il grano e dato da mangiare ai maiali, sentendo fisicamente la puzza
di sterco e toccandolo per concimare o pulire il trogolo dove vive la bestia. L’attuale crisi economica trova origine nel fatto che l’economia
virtuale ha preso il sopravvento sull’economia reale, ma chi pagherà tutto ciò saranno i milioni di poveri che alcuni abili manipolatori hanno provocato, succhiando le loro ricchezze in
nome di una realtà che non esisteva?
Così la politica, con le europee fa credere che esista ancora la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e, dopo pochi giorni, chiede ai
cittadini di tornare alle urne per votare ad un referendum che, se approvato, porterebbe alla morte della collassata democrazia italiana, sostituendola definitivamente con la democrazia virtuale che occulta la dittatura democratica.
Veltroni si era reso conto che, per aversi democrazia sostanziale, al sistema delle liste
bloccate occorreva contrapporre un sistema di designazione popolare dei candidati, le primarie. Grande intuizione, che lo ha portato alla segreteria
ed al sogno di poter sfidare alla pari il re dei media
Berlusconi, malgrado i disastri del governo Prodi: peccato però che Veltroni ami più la celluloide che la realtà e, quindi, gli sia bastato vedere il film delle proprie primarie per convincersi di essere il
salvatore della democrazia. Se il sistema era quello giusto, le primarie si sarebbero dovute fare sia per designare il candidato Presidente del
Consiglio che del Municipio: ma ciò avrebbe sottratto potere a quella segreteria politica del PD di cui egli allora era a capo. Ma, se la realtà è virtuale, l’emergenza democratica è solo un film dell’orrore, non la verità e, quindi, basta cambiare canale e trasferirsi all’estero…
Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma