Applicazione ex-officio della sanzione sostitutiva in appello
Una delle tematiche
che, da tempo, ha visto
maggiormente divisa
la giurisprudenza del Supremo
Collegio è da ritenersi
certamente quella concernente
la possibilità - da parte del
giudice dell’appello - di applicare
ex officio una sanzione
sostitutiva della pena detentiva.
I dubbi sorti al riguardo
prendono infatti le mosse dal
“criptico” dato normativo dell’art.
597 c.p.p. . Al comma V
di tale disposizione, il Legislatore
ha difatti previsto che con
la sentenza pronunziata in Appello
possano essere applicate
- anche di ufficio - la sospensione
condizionale della pena,
la non menzione della condanna
nel certificato del casellario
giudiziale, nonché la
possibilità di effettuare, quando
occorre, il giudizio di comparazione
a norma dell'articolo
69 del c.p. . Nessun riferimento
è invece stato fatto alla
facoltà in capo al Giudicante
di applicare ex officio pene
sostitutive a quella detentiva
come previsto dall’art. 53 della
l. n. 689/81. Ed invero, proprio
il silenzio serbato dalla
norma sulla problematica in
esame ha dato vita ad un accesso
contrasto giurisprudenziale,
a tutt’oggi irrisolto. Secondo
un primo filone giurisprudenziale,
infatti, in tema
di sanzioni sostitutive delle
pene detentive brevi, il giudice
di appello che non sia investito
- con i motivi di impugnazione
della censura relativa
alla mancata applicazione
della pena sostitutiva - non
potrebbe concedere d'ufficio
la pena sostitutiva, pur se richiesta
dalla parte in sede di
giudizio d'appello (Cass. pen.
n. 31024/02). E ciò in quanto
l'espressa previsione delle facoltà
attribuite tassativamente
ex officio al giudice di appello
(fra cui non rientra la sostituzione
della sanzione detentiva)
precluderebbe un'applicazione
estensiva o analogica
della norma in questione e,
quindi, un ampliamento, tramite
l'interpretazione giurisprudenziale,
dei poteri discrezionali
specificamente
conferiti al medesimo giudice.
A ciò – a detta dei fautori
di tale orientamento - si aggiungerebbe
la natura eccezionale
della disposizione in
esame, costituente deroga al
principio generale dell'effetto
devolutivo dell'appello stabilito
dall'art. 597, comma 1,
c.p.p., con conseguente sua
inapplicabilità, ai sensi dell'art.
14 delle preleggi, al di
fuori dei casi espressamente
consentiti. Di segno opposto
al predetto indirizzo che – come
visto – tende a privilegiare
il dato letterale della norma,
paiono essere due interessanti
sentenze del 1996 ed una
sentenza del 2005. In tali pronunzie,
la Corte di cassazione
ha difatti statuito che, seppur
in assenza di uno specifico riferimento
normativo in senso
affermativo, sarebbe del tutto
incoerente – tenuto conto anche
dell’assenza di un esplicito
divieto – precludere al giudice
d’appello la possibilità di
concedere d’ufficio la sanzione
sostitutiva, che comporta
un beneficio indubbiamente
meno consistente di quello
derivante da facoltà esercitabili
d’ufficio, quali la sospensione
condizionale della pena;
la non menzione della condanna
nel certificato del casellario
giudiziale o la possibilità
di effettuare, quando occorre,
il giudizio di comparazione
a norma dell'articolo 69
del c.p. (Cass. pen. 5/5/1996;
Cass. pen., n. 9496/2005). A
metà strada fra gli anzidetti
opposti indirizzi del Supremo
Collegio, si segnala un recente
filone giurisprudenziale, in
virtù del quale si dovrebbe riconoscere
al giudice d'appello
il potere discrezionale di intervenire
sulla pena, e quindi anche
di concedere di ufficio la
sanzione sostitutiva, allorquando
sia stato devoluto al
giudizio della Corte il punto
relativo al trattamento sanzionatorio
e qualora di essa vi sia
stata esplicita richiesta da parte
dell'imputato (Cass. pen. n.
786/2006). In altri termini, seguendo
tale impostazione, il
giudice d’appello potrà, anche
d’ufficio, intervenire sulla pena,
sostituendo la pena detentiva
con pene “alternative”, al
realizzarsi della duplice condizione
della devoluzione alla
sua cognizione del punto della
sentenza impugnata inerente
al trattamento sanzionatorio e
della sussistenza di una esplicita
richiesta di tal genere da
parte dell’imputato o del suo
difensore. Tale conclusione –
pienamente condivisa anche
dallo Scrivente – superando le
già evidenziate divisioni legate
alla diversa interpretazione
dell’art. 597 c.p.p., si pone peraltro
perfettamente in linea
con la previsione di cui all’art.
58 della l.n. 689/81, che consente
al giudice di sostituire la
pena detentiva e tra le pene
sostitutive scegliere quella più
idonea al reinserimento sociale
del condannato.
Francesco Salamone
CULTORE DI DIRITTO DELL’ECONOMIA
PRESSO L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
MODENA E REGGIO EMILIA