Incompatibilità del giudice ed udienza preliminare
L’imponente opera manipolativa della
Corte costituzionale che ha interessato l’art. 34
c.p.p. (incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento) e, in particolare, negli ultimi anni, l’incompatibilità nell’udienza
preliminare, rappresenta, a ragion veduta, un unicum: non v’è norma processuale penale – né, per quanto consta, disposizione normativa tout court – che sia mai assurta a un tale volume
di attenzione da parte del Giudice delle leggi, nell’intero arco (ormai più che cinquantennale) in cui si estende l’esperienza istituzionale della Corte. Ciò ha indotto a riflettere sulle cause
efficienti di questo fenomeno, nonché ad analizzare
gli itinerari seguiti dalla giurisprudenza
costituzionale nell’opera di “trasfigurazione”
della norma codicistica de qua, itinerari in alcuni casi connotati da veri e propri revirements, emergenti in modo eloquente da pronunce
contraddittorie emesse in un breve arco di tempo: è quanto accaduto, in particolare, con riguardo all’udienza preliminare. In quest’ultimo caso, gli sviluppi della giurisprudenza della Corte hanno preso le mosse sia dalle modifiche normative
introdotte nell’art. 34 c.p.p. per mano del d.lgs. n. 51 del 1998, della l. n. 479 del 1999 e del d.l. n. 82 del 2000 (poi convertito nella l. n. 144 del 2000) sia, soprattutto, dal profondo mutamento della disciplina dell’udienza preliminare realizzatosi
con la c.d. “legge Carotti”.
L’incompatibilità del g.u.p. è oggi delineata non
soltanto sulla base di una previsione normativa – l’art. 34 comma 2-bis c.p.p. – che sancisce un’incompatibilità funzionale (non più di tipo
assoluto per la presenza di un catalogo di limitate eccezioni contenute nei successivi commi 2-ter e 2-quater, peraltro oggetto di una peculiare
opzione interpretativa da parte della Corte di
Cassazione) nel quadro della medesima regiudicanda, ma anche dalle ultime pronunce
di illegittimità costituzionale di tipo additivo della Consulta (riguardanti l’art. 34 c.p.p.) che, estendendo la nozione di giudizio all’udienza preliminare, la annoverano ormai tra le sedi
pregiudicate dalla pronuncia di un giudizio sul merito della regiudicanda. Accanto al dato normativo la giurisprudenza costituzionale riveste,
così, un ruolo essenziale per la comprensione e
la conseguente applicazione concreta dell’istituto in questione.
La ratio sottesa alla incompatibilità endoprocessuale
del g.u.p. è, evidentemente, quella di creare un
meccanismo a presidio del valore dell’imparzialità all’interno di una fase divenuta centrale nella attuale fisionomia del processo penale,
a seguito delle modifiche normative che ne hanno interessato la disciplina. Tuttavia, è opportuno precisare che l’udienza preliminare rappresenta una fase alla quale l’imputato può rinunciare
o che può svolgersi senza che il g.u.p. eserciti
quei poteri di integrazione probatoria che la c.d. “legge Carotti” gli ha riconosciuto. È chiaro che nella prospettiva di un possibile ruolo del g.u.p. caratterizzato dall’esercizio di poteri più pregnanti,
finalizzati ad un accertamento maggiormente
approfondito, è da accogliere con favore l’estensione della incompatibilità anche alla funzione di giudice dell’udienza preliminare. La ricerca dei potenziali pericoli per l’imparzialità della funzione giurisdizionale è, tuttavia, destinata a rimanere sempre aperta, sia per la varietà di situazioni di incompatibilità che in concreto
possono delinearsi, sia per la peculiare natura del fenomeno: l’aspirazione alla costruzione di un sistema capace di assicurare, sotto questo profilo, adeguati margini di tutela rende, così, le norme a garanzia dell’imparzialità della giurisdizione oggetto di costante riflessione ed approfondimento.
D’altronde, benché il tema dell’incompatibilità rappresenti per i giudici costituzionali un «nervo scoperto», è prevedibile che i poliedrici profili di questo istituto, in particolare nel suo modo di
essere nella prassi giudiziaria, continueranno a stimolare l’attenzione dell’interprete e la conseguente attività adeguatrice del Giudice
delle leggi: ciò, soprattutto, in conseguenza della espressa “costituzionalizzazione” nell’art. 111 Cost. dei principi di terzietà ed imparzialità del giudice, quali connotati indefettibili della giurisdizione
e strumento di tutela per l’imputato.
Dott. Claudio Prota