La scuola delle mogli
In questa farsa Moliere
racconta l’ossesione
del tradimento, delle
corna quale ineluttabile
corollario di ogni matrimonio.
Arnolphe, il protagonista,
costruisce il proprio
destino sentimentale a
tavolino, decidendo di sposare
una ragazza che ha
fatto crescere in convento,
al sicuro da ogni turbamento
passionale. Ma il
contatto con la vita
porterà anche
“la deficiente che
in tutto dipende
da lui” ad incontrare
l’amore romantico
e a voler
vivere i propri
sentimenti da
donna autonoma
e indipendente.
La leggerezza del
testo di Moliere
nulla toglie alla
profondità del
dramma che vive
Astolphe, prigioniero
della gelosia e del
pettegolezzo, temi che
continuano ad accompagnare
i destini di molti personaggi
pubblici, che hanno
visto polverizzarsi famiglia,
affetti e carriera
per la banalità di storie di
letto, più o meno affollato.
Gli scandali amplificati dai
media non hanno risparmiato neanche le donne, irretite
da gigolò avidi o dall’attrazione
per giovani ragazzi
incauti nel gestire
una relazione con una donna
di successo.
La scuola delle mogli è
l’illusione del controllo totale
della propria vita, ad
una scuola di mariti non
s’è mai pensato, vivaddio.
Magari una prima lezione
sul dato reale che la gioventù
non è contagiosa,
così come la vecchiaia, e
che accettare le stagioni
della vita come un regalo
da scartare con curiosità e ,
perché no, un pizzico di riconoscenza,
sarebbe un
passo avanti per la serenità,
con buona pace del
gossip e del patetico circo
che ci ruota intorno.
Clotilde Spadafora