Polemiche e tensioni per il prossimo Caizza
La Camera Penale di Roma (C.P.R.) è una
associazione non riconosciuta «di avvocati
che esercitano la professione forense nel campo
penale», fondata nel 1960 che conta attualmente circa 400 membri, ed aderisce all’Unione delle Camere Penali (U.C.P.I.). Essa è percepita, persino dalla magistratura, come il sindacato non ufficiale degli avvocati penalisti. La C.P.R. è attualmente presieduta dall’avv. Gian Domenico
Caiazza, il quale ha saputo darle un rinnovato
vigore, portandola sovente all’attenzione della
stampa. Ma non mancano le critiche. Innanzitutto
dall’esterno: le altre associazioni forensi contestano da tempo il solipsismo e lo scarso spirito di collaborazione della C.P.R.. Non basta: ultimamente all’interno della C.P.R. vi sono
stati sommovimenti interni degni di nota, anzi quasi
una fronda interna. Ma andiamo per ordine. Tutto
inizia nel novembre dell’anno scorso, con le dimissioni di quattro membri del Consiglio direttivo
della Camera Penale capitolina: gli Avv.ti Massimo
Amoroso, Francesco Romeo, Eugenio Spinelli e
Livia Lo Turco (che alle scorse elezioni racimolò
più voti di preferenza dello stesso Caiazza, poi eletto Presidente). I dimissionari pubblicizzavano, tramite posta elettronica, un articolato documento in cui spiegavano le ragioni del loro gesto. Si denunciava un «insanabile dissenso politico» creatosi all’interno della C.P.R., per via del
«venir meno del rispetto del principio di collegialità
nella formazione della volontà del Consiglio direttivo della Camera Penale di Roma». Lo stesso
Consiglio direttivo veniva – secondo i “frondisti” -
«messo di fronte a decisioni già prese ed a fatti compiuti» da parte di Caiazza, inerenti alle dimissioni dello stesso Presidente della C.P.R. da un organismo dell’U.C.P.I. (l’Osservatorio Banca dati della stessa), per dissensi con la giunta esecutiva della stessa Unione, e dalla parallela sua assunzione della presidenza del Comitato Radicale per la Giustizia “Pietro Calamandrei” (noto – e meritorio - ente “politico” e politicizzato).
Le spiegazioni di Caiazza ai futuri dimissionari risultavano insoddisfacenti: in particolare, gli si rimproveravano le dimissioni dall’Osservatorio di cui sopra, la cui stessa istituzione aveva pure sancito il “successo” della riuscita celebrazione della “contro-inaugurazione” dell’anno giudiziario dei penalisti, tenutasi proprio qui a Roma, a cura della C.P.R. Ancora, si percepiva come una minaccia all’autonomia politica della C.P.R. l’assunta presidenza del citato Comitato “Pietro Calamandrei” da parte del Caiazza, tale da poter far «generare una possibile “confusione” fra le due associazioni». Invero, l’attuale linea politica della C.P.R. si può certamente definire aprioristicamente
“anti-governativa” (le politiche sulla sicurezza
e sulla giustizia del Governo Berlusconi sono state
definite sprezzantemente “securiste”, se non peggio) e certamente “radicale” nei modi e nelle argomentazioni.
Ma non divaghiamo: le condotte di cui sopra del
Presidente Caiazza attentavamo,sempre secondo la
“banda dei quattro”, al principio di collegialità che
avrebbe sempre contraddistinto la Camera Penale,
per via della sua (di Caiazza)«visione personalistica
della carica».
Ma il conflitto fra il Presidente e i suoi contestatori
esplodeva fragoroso in occasione dell’esame del rinnovo del regolamento dellescuole di formazione
dell’Unione delle CamerePenali. Il dissenso verteva
sulla presentazione di emendamenti da parte delle
Camere penali territoriali sul nuovo regolamento,
occasione - a dire di Caiazza - di un boicottaggio
da parte della Giunta dell’U.C.P.I.. Anzi, il Presidentelamentava un vero e proprio attacco ai suoi danni da parte della stessa Giunta: il Consiglio direttivo – in difesa dell’attaccato - deliberava di rispondere per le rime all’indirizzo del chiarissimo Avv. Renato Borzone. Quest’ultimo replicava denunciando l’avvenuta opera di disinformazione di Caiazza nei confronti del Consiglio direttivo capitolino e delle Camere penali territoriali.
Ancora, i “magnifici quattro” accusavano Caiazza
di aver filtrato il flusso di informazioni proveniente
dall’Unione in base a sua discutibile «soggettiva interpretazione» e, soprattutto, di aver comunicato
alla stessa Unione un voto unanime (sui famosi
emendamenti al regolamento) in realtà mai avvenuto!
Insomma: dimissioni dei colleghi Amoroso, Lo
Turco, Romeo e Spinelli. Caiazza, accusato – seppur con calcolata eleganza e rara pacatezza - di essere un autocrate “pannelliano” e un manipolatore, replicava ufficialmente a tutti gli
addebiti producendo ricca documentazione.
La versione del Presidente è ben diversa da quella dei contestatori, le cui affermazioni egli censura punto per punto.
In sintesi, Caiazza rivendica il merito di aver costretto l’Unione ad accettare gli emendamenti delle Camere penali territoriali, e soprattutto insiste di aver informato dettagliatamente il Consiglio direttivo di tutta l’annosa questione
sottolineando che «nessuno dei dimissionari, in
nessun momento, ed in nessun documento, revocherà in dubbio, la consapevolezza
e la responsabilità del proprio voto favorevole
al documento emendativo del regolamento» di cui sopra. Ma la storia continua: l’8 marzo scorso
un «un gruppo di soci della
C.P.R.» (tra i firmatari
Livia Lo Turco, Eugenio
Spinelli, Francesco Romeo
e Giuliano Dominici,
che lamenta di essere stato
defenestrato dalla guida
della scuola di I livello
della C.P.R. dopo anni e
anni di onorato - e gratuito
- servizio) chiama a raccolta
delusi&scontenti della
gestione Caiazza.
«Quello che vediamo non
ci piace» scrivono, al grido
di: «Viva la Camera
Penale!». Bisogna incontrarsi
e parlarne. Nell’appello
non mancano aspre
critiche contro i presunti e
non dimostrati «straordinari
successi» della
C.P.R.: dalla chiusura anticipata
dell’orario delle
cancellerie dibattimentali
e G.I.P. in Tribunale (alla
faccia dei blasonati ed idilliaci
rapporti C.P.R./Presidenza
del Tribunale), alle
strombazzate copie digitali,
che si sarebbero rivelate
più un guadagno per l’amministrazione
giudiziaria
che un buon affare per gli
avvocati. Tutto questo
mentre la Camera Penale
(dove «da tempo si registra
una tendenza all’esclusione,
invece che al
coinvolgimento, senza
spazio alcuno per i “nonfidelizzati”
») si apprestava
ad autocelebrarsi in vista
del quarantennale della
propria fondazione.
Un altro gruppo di iscritti
della C.P.R. (tra cui Cesare
Placanica, Gianluca Tognozzi,
Antonello Patanè e
altri) replicava a questo
pamphlet elettronico con
un’altra e-mail intitolata
“Chi di spada ferisce di spada perisce”. Questo secondo gruppo (invero più dialogante con la C.P.R. ufficiale) concorda, però, con il primo sul fatto che l’iniziativa della Camera penale è «ingabbiata» e che vi dominano le «logiche di appartenenza», rilanciando l’invito al confronto. Detto, fatto. Si organizza, per il 31 marzo, un affollato incontro in un pub al rione Prati, nel quale effettivamente si parla e si discute delle problematiche di cui sopra, seppur con posizioni diverse e variegate ma con un comune sentimento di affetto nei confronti della Camera Penale.
Non nasce ufficialmente alcuna “anti-Camera Penale” ma spira un venticello di fronda; si registrano civili e velate critiche nei confronti di Caiazza (vero e proprio convitato di pietra) ed ai suoi “fidelizzati”, critiche di metodo e di merito, ma non si intraprende alcuna iniziativa concreta.
La verità è che, al momento, l’astuto e imperturbabile Gian Domenico ha messo fuori dalla Camera Penale tutti quelli che erano contro di lui. Come finirà?
Vedremo … in ogni caso domani e sempre: «Viva la Camera Penale!».
Rodolfo Capozzi
* Avvocato del Foro di Roma