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Unione Europea: Una riforma così importante non ha avuto adeguato spazio sui media
Posted by InGiustizia on Wednesday, May 05 @ 17:37:43 CEST
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Il Trattato di Lisbona è in vigore. In Silenzio

Dal 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona è giuridicamente vincolante per i 27 Stati dell’Unione Europea e per i loro cittadini. Firmato nella capitale portoghese il 13 dicembre 2007, costituisce uno strumento di revisione del Trattato istitutivo della Comunità Europea (denominato ora “Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea”), del 1957, e del Trattato istituivo dell’Unione Europea, firmato a Maastricht ed entrato in vigore il 1° novembre nel 1993. Nei successivi due anni gli Stati firmatari hanno avuto, chi più chi meno, da lottare strenuamente per convincere i propri Parlamenti a pronunciarsi positivamente sulla ratifica del Trattato di Lisbona, necessaria per la sua entrata in vigore. In Irlanda, dopo un primo referendum ad esito negativo, si è dovuto proporne un secondo, con la definitiva approvazione del Trattato avvenuta il 2 ottobre del 2009. Ancor più difficoltà sono venuti, per gli eurocrati, dall’opposizione del governo ceco, anch’esso – alla fine – giunto all’approvazione dopo una durissima pressione dello scomodo vicino tedesco.
Ma anche la Germania non può dirsi che abbia rispettato alla lettera i diktat di Bruxelles. Una sentenza della Corte Costituzionale tedesca, nel luglio 2009, ha infatti sancito che – in ogni caso – nelle materie più “sensibili”, l’ultima parola spetta sempre allo Stato nazionale. Lo strumento del Trattato di Lisbona è stato elaborato per sopperire alla netta bocciatura del precedente Trattato che adottava una “Costituzione per l’Europa”, firmato a Roma nell’ottobre 2004 e rispedito al mittente a colpi di referenda negativi. Il Trattato di Lisbona riprende, nella sostanza, il contenuto della Costituzione europea, ma con la forma del trattato di revisione dei precedenti accordi europei (Trattato sulla Comunità Europea e Trattato di Maastricht), più accettabile dai governi “euro-scettici” e dalle loro opinioni pubbliche.
Il nuovo edificio europeo presenta notevoli mutamenti rispetto al passato, e stupisce che i governi e i mezzi di comunicazione non abbiano neanche fatto cenno ad un avvenimento così dirompente per la vita quotidiana di tutti i cittadini dell’Unione; salvo poi, sentir parlare di un “deficit democratico” delle istituzioni europee. Del resto, gli strumenti giuridici adottati sono di una tale complessità (tra il Trattato CE e quello di Maastricht si arriva a contare più di 400 articoli…) che è impensabile aspettarsi che i cittadini vadano ad informarsi da soli.
Nasce allora il sospetto che gli “eurocrati” abbiano deciso volutamente di lasciare all’oscuro i destinatari delle nuove norme…Tra le competenze “esclusive” e quelle “concorrenti”, l’Unione Europea si ritrova un potere enorme. Si va dalla tutela della concorrenza alla politica monetaria, dalle politiche sociali all’ambiente e ai trasporti. Inoltre, a conferma della dubbia inclinazione dei capi europei per gli interessi dei cittadini, è giunta, poche settimane fa, la notizia dell’apertura, anche nelle nostre terre, alle coltivazioni OGM. Un provvedimento disastroso, con conseguenze devastanti per il nostro equilibrio ambientale e sanitario. Il motore di tutta l’architettura istituzionale della nuova UE resta la Commissione: ad essa spetta, in maniera pressoché esclusiva, il potere di iniziativa legislativa.
Gli atti dovranno poi essere approvati dal Consiglio dei Ministri e dal Parlamento Europeo, con poche possibilità per quest’ultimi di apportare modifiche ai testi. Sfido il 99% degli italiani a fare un solo nome di uno degli attuali titolari dei seggi in Commissione: un organo oscuro, non eletto, che nessuno controlla, a cui è stato affidato un potere immenso. E poi parlano di “deficit democratico”. Per non parlare di istituti come il “mandato d’arresto europeo”: potreste venir arrestati e portati forzatamente in uno Stato dell’Unione per rispondere – in una lingua che non conoscete – di reati di cui vi accusano giudici lontani chilometri. E i governi non possono più rifiutarsi di consegnare i propri cittadini affinché siano processati in un altro Stato membro, come invece avveniva con la procedura dell’estradizione.
Un progetto di unità europea è possibile. Ma devono essere coinvolte le “nazioni” europee. Non solo gli interessi economico-finanziari.

Gabriele Sabetta

 
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