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Giurisprudenza: Riflessioni sul ruolo del difensore d'ufficio
Posted by InGiustizia on Monday, June 14 @ 17:31:28 CEST
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Rapporto fra sostituto processuale e sostituito

Sussiste un indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il difensore d’ufficio, nominato in udienza ai sensi dell’art. 97 comma 4° c.p.p., assumerebbe in tutto e per tutto le vesti di sostituto processuale dell’avvocato titolare dell’ufficio difensivo assente, acquisendo così l’onere, nel caso in cui il processo venga rinviato, di avvisare il titolare della difesa circa la nuova data di udienza (Cass., SS. UU., 8285/06). A tal proposito viene richiamato il disposto dell’art. 477 comma 3 c.p.p., in forza del quale “gli avvisi sostituiscono le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o debbono considerarsi presenti”.
Ebbene, il difensore d’ufficio, temporaneamente nominato in vista di un atto per il quale è necessaria la sua presenza, non può assumere la qualifica di sostituto processuale ordinariamente inteso; tale veste, infatti, viene acquisita per mezzo di un mandato effettuato dal difensore nominato, al quale in primis compete la difesa. La nomina di un sostituto processuale, possiamo ben dire, è da annoverare fra quegli atti cc.dd. “personalissimi”, in quanto dell’operato del sostituto risponde il difensore titolare, soprattutto nei confronti del proprio assistito. Sul punto la lettera dell’art. 102 c.p.p., anche a volerla estendere oltre misura, non tradisce allorquando afferma che “il difensore di fiducia e il difensore di ufficio possono nominare un sostituto”, attribuendo, esclusivamente, al titolare della difesa, fiduciario o d’ufficio che sia, la possibilità di nominare un sostituto di propria fiducia.
Da tale assunto deriva che la designazione da parte del magistrato procedente di un difensore d’ufficio, per assenza od irreperibilità del difensore titolare, non può assumere i tratti della nomina del sostituto processuale tradizionalmente intesa, quale proiezione del difensore originariamente incaricato, anche a dispetto del riferimento normativo contemplato dall’art. 97 comma 4° c.p.p., richiamante l’art. 102 c.p.p.
Per di più, da tale designazione necessitata non può discendere per il difensore d’ufficio l’onere o l’obbligo, per un presunto dovere del proprio ufficio, di notiziare il difensore titolare della difesa di quanto accaduto in sua assenza; tuttalpiù si genera un dovere di cortesia professionale, inquadrabile, forse, ma in concreto tale tesi appare priva di un effettivo supporto normativo, fra i comportamenti deontologicamente corretti e desiderabili, previsti dall’art. 22, primo periodo, del codice deontologico forense, rubricato “rapporti di colleganza”.
In tale ipotesi, a ben vedere, il difensore d’ufficio, unico titolare del mandato difensivo, attribuitogli in base alla norma di cui all’art. 97 c.p.p., non ha alcun obbligo legale di corrispondenza con il difensore fiduciario o d’ufficio precedentemente nominato, in quanto autonomo difensore temporaneamente incaricato per legge.
Accade così, allora, che la forzata coincidenza fra la figura del difensore d’ufficio e quella del sostituto processuale comporta un vulnus dei diritti dell’imputato.
Infatti, l’individuazione del difensore da parte dell’imputato è essenzialmente fondata sull’intuitus personae; tale scelta è, dunque, ancorata alle qualità professionali dell’avvocato, alle cui cure l’accusato si affida, ivi compreso l’entourage tecnico di cui il professionista si avvale. La designazione di un difensore d’ufficio, necessaria nell’ipotesi di assenza del difensore titolare, non può in alcun modo originare alcun cordone ombelicale fra le due diverse figure. È solo l’avvocato incaricato della difesa che può dare un “submandato” difensivo al sostituto da lui stesso individuato, pretendendo da questo un preciso ragguaglio di quanto avvenuto in udienza. Solo in tal caso, infatti, si può effettivamente affermare che il difensore assente si possa considerare presente.

Alessandro Segreto
* Avvocato del Foro di Roma

 
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