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D.lgs 28/2010
Posted by InGiustizia on Thursday, August 05 @ 16:04:29 CEST
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Mediazione: spunti di riflessione

Con il D.lgs. 28/2010 in materia di mediazione civile e commerciale, il Legislatore ha voluto introdurre nel panorama giuridico italiano la cultura delle c.d. A.D.R., strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Fin dalla pubblicazione del D.lgs. 28/2010, si è assistito ad ampi dibattiti per lo più critici rispetto all’impianto normativo predisposto dal legislatore: le tematiche principali sono quelle attinenti all’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, alla mancata previsione dell’obbligatorietà della presenza di un legale (fermo restando però, in capo ad esso, l’obbligo di informativa, pena l’annullabilità del contratto con il cliente) ed alla scelta delle materie in cui il tentativo di conciliazione diventerà condizione di procedibilità.
A parere degli scriventi, questo nuovo strumento viene fortemente osteggiato perché non se ne conoscono approfonditamente i benefici e l’utilità. Una riflessione emerge spontanea: il legislatore ha ritenuto di affidare la diffusione della cultura conciliativa ai professionisti e gli stessi o, almeno alcuni (o la maggior parte) di essi, ne stanno ostacolando il percorso.
L’affidamento dell’obbligo di informativa in capo ai professionisti risponde chiaramente alla natura di condizione di procedibilità che assumerà la mediazione da marzo 2011 ma non solo; infatti, ulteriore ratio si ravvede nella professionalità e nella competenza degli stessi, qualificati ad illustrare i benefici della mediazione sia in termini di rapida definizione delle controversie sia in termini di economicità e certezza dei costi da sostenersi. Il ruolo dell’avvocato, quindi, pur non sussistendo l’obbligo formale di assistenza in mediazione, è rilevante sia sotto un profilo culturale sia sotto un profilo prettamente lavorativo.
In termini strettamente pratici, la mediazione si può rappresentare come l’incontro tra un soggetto terzo, imparziale ed esperto di arti maieutiche (il mediatore) e le parti in conflitto: lo scopo che ci si prefigge è una soluzione creativa, rapida ed economica della controversia. La procedura di mediazione è caratterizzata da una struttura dinamica ed elastica che consente di muoversi al di là degli ordinari schemi giudiziali, che vincolano alle formalità codicistiche ed ai principi di diritto sia le parti sia l’autorità giudiziaria. L’unico “limite” della mediazione è di non sottoscrivere accordi contrari all’ordine pubblico o a norme imperative. Comprendere a pieno il concetto di “soluzione alternativa” renderà più semplice la diffusione della mediazione: infatti la diffidenza mostrata nei riguardi di questo strumento, sottintende sostanzialmente una mancata fiducia o comunque un sospetto persistente nei confronti sia del mediatore sia della propria controparte. Il mediatore ha a disposizione strumenti non utilizzabili in giudizio; infatti la sua specifica preparazione in tecniche di comunicazione, di gestione dei rapporti di gruppo, di gestione dei conflitti consentirà di andare ben oltre la pretesa formulata dalle parti in maniera formale e, di approfondire, il c.d substrato dei sentimenti, delle paure e dei reali bisogni che fondano tale pretesa. Questi strumenti saranno messi in campo mediante lo svolgimento di sessioni congiunte in cui il mediatore avrà modo di confrontarsi con tutti i soggetti coinvolti o sessioni separate in tal caso il mediatore si confronta con la parte ed eventualmente il suo legale. Il rapporto di fiducia che si viene a creare tra le singole parti e il mediatore (soprattutto nello svolgimento delle sessioni separate) consente di modulare un percorso comune che porta ad una soluzione soddisfacente per entrambi. Se il procedimento avrà una conclusione positiva verranno stilati due atti distinti, l’uno il verbale di conciliazione in cui il mediatore dà atto dell’avvenuta mediazione, l’altro l’accordo con gli impegni reciprocamente assunti, che verrà sottoscritto dalle sole parti. In caso di esito negativo, il mediatore redigerà il verbale di mancata conciliazione con indicazione delle ipotesi formulate e delle motivazioni che hanno impedito l’accettazione delle proposte emerse.
La scelta del legislatore di rendere la mediazione una condizione di procedibilità per alcune materie è stata letta ed interpretata come ricerca di uno strumento deflattivo del giudizio ordinario, ormai appesantito ed estremamente lungo e farraginoso. Tale lettura ha senza dubbio il suo fondamento, anche se la mediazione ha come peculiarità quella di considerare il ricorso al rito ordinario come estrema ratio per la risoluzione di un conflitto.
In conclusione, le molte polemiche sollevate e che sono state brevemente trattate saranno oggetto dei regolamenti attuativi del D.lgs. 28/2010: questi, avranno il compito di chiarire le zone d’ombre e le perplessità nate dalla pubblicazione del decreto..
Di certo la fiducia da parte dei professionisti, i tempi brevi, la creatività e la certezza dei costi sono gli elementi che consentiranno lo sviluppo e la diffusione di questo strumento.

Fabio Di Marco e Simona Testa
Avvocati del Foro di Roma

 
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