Il Consiglio di Stato dà via libera alla coltivazione
Il Consiglio di Stato, IV
Sezione, sentenza n.
183 del 19 gennaio
2010, ha dato il via libera
alla coltivazione di colture
geneticamente modificate
già autorizzate dalla Unione
Europea.
La normativa prevedeva
che l’autorizzazione avrebbe
potuto essere avviata solo
a seguito della predisposizione
da parte delle regioni
dei cosiddetti “piani di
coesistenza”. Così decidendo,
il Consiglio di Stato,
partendo da una fattispecie
che riguardava il solo mais,
ha consentito la coltivazione
di tutte le varietà geneticamente
modificate, autorizzate
dall’Unione Europea
ed ha dunque fatto cessare
la annosa moratoria attuata
in conformità con il
principio di precauzione.
La decisione è originata da
un ricorso presentato da un
agricoltore, vicepresidente
di una associazione di agricoltori
favorevoli allo sviluppo
delle biotecnologie.
Il ricorso al Consiglio di
Stato nasceva dal diniego
dell’autorizzazione alla semina
di mais OGM da parte
del Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali.
La tematica della applicazione
della ingegneria al
Vivente si erige a portata
universale, inducendo ad
una necessaria crasi integrativa
tra Scienza ed Etica,
che non possono, alla luce
delle recenti scoperte ed
applicazioni della Ricerca,
continuare a scorrere su
piani paralleli, se si vuole
riconoscere il Principio della
Responsabilità dell’Uomo
nei confronti dell’Ambiente.
La questione degli OGM è
senza dubbio una tra le
realtà più discusse nel nuovo
millennio. I nostri cibi,
la nostra aria, la nostra terra
sopravvivono a secoli di
lotta frenetica contro un’evoluzione
imposta dall’uomo.
Difficilmente ci soffermiamo
su ciò che mangiamo.
Ormai nutrirsi è diventato
un automatismo, generando
una fattuale indifferenza
nei confronti di una
scelta dei prodotti agricoli
che invece dovrebbe essere
accurata, senza considerare
quelle che possono essere
le conseguenze sul nostro
organismo e sul nostro ambiente.
L’utilizzo degli OGM in
impiego confinato, dapprima
ai soli fini di ricerca
scientifica, poi l’emissione
in campo aperto, sino alla
immissione in commercio
dei prodotti costituiti da
OGM o contenenti OGM è
divenuto prassi di sistema.
Oggi gli Organismi Geneticamente
Modificati sono
rinvenibili in prodotti finiti
in commercio, ordinariamente
presenti sui nostri
deschi o utilizzati quali
mangimi per animali poi
destinati all’alimentazione
umana.
Di recente la normativa comunitaria
ha introdotto con
Regolamento la necessità
per gli Stati membri di attuare
il metodo della “coesistenza
dei sistemi convenzionali,
biologici e
OGM”, inducendo una rivoluzione
nell’assetto del
mondo agricolo.
Ma si perde di vista la necessità
di preservare l’unicità
del patrimonio dei prodotti
tipici, o protetti da
marchi, l’esigenza di consentire
al consumatore finale
la scelta se prediligere
prodotti biologici, tratti
dall’agricoltura convenzionale
o derivati da OGM.
Si legge sistematicamente
nei preamboli e nei considerando
della normativa
europea un appello alla
somma accortezza per la
tutela della salute umana ed
animale e dell’ambiente:
così l’appello si rinviene
nelle norme impositive
dell’obbligo di etichettatura,
nelle norme aventi ad
oggetto la brevettabilità del
vivente, in tutte quelle procedure
di allerta dettate in
caso si manifestino pericoli
difficilmente arginabili,
nel regime di sanzioni penali
comminate, sino alla
previsione della “clausola
di salvaguardia” adottabile
da parte di ciascuno degli
Stato membri, in caso si
paventi un rischio potenziale.
Credo occorra una prudenza
peculiare per attuare il
principio di precauzione,
legge comunitaria e nazionale,
che obbliga a sospendere
le attività nel caso si
paventi un rischio per la salute
o l’ambiente, allo stesso
grado dei casi di pericolo
presunto in astratto previsti
dal codice penale italiano.
Francesca Romana Fragale
*AVV. PENALISTA, PRESIDENTE
DELL'ASSOCIAZIONE "FUTURO
SOSTENIBILE". MEMBRO DELLA
CAMERA PENALE DI ROMA