E così finì...
Chi mi segue mensilmente
forse ricorderà
che solo
due numeri fa dedicai il
mio articolo di fondo al
Presidente della Camera
con un articolo «il Fini assoluto
n° 2» nel quale
riprendevo gli argomenti
trattati nel 2004 con riferimento
al medesimo leader
politico.
Pur non condividendone
le scelte, davo atto all’ex
segretario missino di avere
un disegno chiaro ed intelligente
per sostituire nell’immaginario
del cittadino
la propria personalità
con quella del Berlusconi
un po’ democratico ed un
po’ dittatore sudamericano.
I fatti di fine Luglio hanno
confermato quella mia
analisi, con una variante: è
stato Berlusconi a dire
«vedo» nella partita a poker
tra i due, rendendosi
conto che il suo alleato –
avversario lo voleva far
rosolare a fuoco lento.
Viene così meno il bipolarismo
del centro destra
in nome del quale molti
partiti di quell’area avevano
rinunciato alla loro
identità e Storace e gli altri
di La Destra avevano pagato il prezzo della loro
coerenza non entrando in
Parlamento malgrado la
ricezione di consensi da
parte di circa un milione di
cittadini.
Ciò non stupisce, dato che si
può senz’altro affermare che
si tratta di una morte annunciata
il giorno stesso della
nascita e di un fenomeno
che coinvolge non solo le
formazioni oggi al governo,
ma anche quelle all’opposizione,
dal Partito Democratico
ai movimenti alla sua
sinistra, i quali pagarono un
prezzo politico al bipolarismo
ancor più elevato, stante
la storia e le tradizioni di tali
formazioni.
L’Italia è il Paese delle identità
ed i movimenti attualmente
più presenti sul territorio,
la Lega al centro nord
e l’MPA in Sicilia, lo dimostrano.
La storia politica del Paese è
caratterizzata da distinguo e
scissioni di movimenti che
hanno segnato i destini della
Nazione per tutto il XX° secolo,
a partire da quella del
Partito Socialista da parte di
Mussolini che diede origine
al Fascismo.
Solo grandi ideali, quali l’unità
d’Italia, riuscirono a
tenere unite (si fa per
dire…) grandi personalità
quali Cavour, Mazzini e
Garibaldi: ma ciò avvenne
perché vi era una sola forza
economica dominante, lo
stato sabaudo, che aveva interesse
ad espandersi.
L’altro momento di unione
sono i grandi nemici, quale
il Fascismo durante e dopo
la 2a Guerra Mondiale, l’anticomunismo
nella seconda
metà del ‘900 e l’antiberlusconismo
nel periodo attuale.
L’essere «anti» è un ottimo
collante, dato che consente
ad ogni personalità di esprimersi
senza avere quelle
responsabilità di Governo
che lo porterebbero immediatamente
in conflitto con i
propri compagni di avventura,
dato che si dovrebbero
dividere potere e relative
poltrone, con il relativo carico
di visibilità.
C’è spazio per tutti gli
avversari di Berlusconi in un
talk show contro di lui, basta
che il conduttore voglia dimostrare
che il leader ha
tanti nemici.
Il calcio lo insegna, siamo
tutti allenatori al bar, anche
se non andiamo allo stadio
da anni, non sappiamo nulla
delle condizioni climatiche e
dello stato del terreno di gioco
o delle reali patologie
muscolari degli atleti: ma
fare la formazione, quella
giusta, è responsabilità di un
uomo solo.
Essere «anti», essere tifosi
però non sempre appaga: il
potere logora chi non lo ha,
diceva giustamente Andreotti,
e in una nazione individualista
come l’Italia è quindi
necessario trovare una formula
nella quale molti possano
operare sentendo
esaltata la propria personalità
pur senza avere grandi responsabilità.
Ecco perché il movimento
localista con un forte leader
ha successo, così come lo
hanno le grandi associazioni
di volontariato: consentono
di dare incarichi a tutti nell’ambito
territoriale ove
sono capaci di misurarsi, di
aspirare ad un qualcosa in
più e di tifare per il leader
che opera in aree ove i singoli
riconoscono non essere
in grado di misurarsi con
successo.
Perché un’altra caratterista
dell’Italiano è quella di
evitare il più possibile di assumersi
delle responsabilità,
in una sorta di sudditanza retaggio
di un feudalesimo che
in molte regioni, specie del
Meridione, continua ad esistere
nella sostanza, malgrado
il trascorrere dei secoli.
Peraltro il localismo è anche
figlio dell’Unione Europea:
infatti l’allargamento ideale
dei confini nazionali fa si
che essi non siano più la comunità
di riferimento che è o
globale o quella della zona
ove effettivamente si vive.
La conseguenza dell’Europa
non potrà che essere una regionalizzazione
di quelle che
erano state le nazioni nel
1900: Yugoslavia e Cecoslovacchia
sono ormai entità
della storia e, probabilmente,
presto questo sarà anche il
destino del Belgio. Ma, nel
frattempo, sono nate e si
sono avvicinate all’Europa
entità nazionali nuove, quali
la Moldavia, a dimostrazione
che il destino
dell’Europa è quello di divenire
un grande recipiente
per piccoli contenitori.
L’uscita di Fini dal PDL ha
fatto sì che molti partiti ora invochino un ritorno a quel sistema proporzionale che,
ieri, hanno dichiarato essere
la causa dell’ingovernabilità
dell’Italia.
Questo ridarebbe spazi
politici a chi ha delle idee,
ma non vuole essere associato
direttamente a questo o a
quel personaggio e, soprattutto,
vorrebbe poter contare
di più senza essere costretto
a costruire pietra su pietra
una organizzazione territoriale
che abbia quale scopo
principale la tutela di quel
determinato spazio.
La realtà è che l’Italia non
può andare avanti con la politica
del granchio, un passo
avanti ed uno indietro: i partiti
devono organizzarsi con
regole di democrazia interna
chiare e che valgono per tutti
e non per il PDL, se il
leader è Berlusconi, ma non
per AN, quando il presidente
era Fini.
L’idea delle primarie era
positiva e poteva costruire
un valido contrappeso alle
liste bloccate nelle elezioni
politiche, ma andava raffinata:
poi, però, ha partorito un
Vendola, e tutto finì..
Ma se non si ha il coraggio
di lasciare il posto al nuovo,
allora avanti tutta, teniamoci
Silvio, almeno sorride sempre…
Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma