La casa di Ramallah
Il testo di Antonio Tarantino
affronta un tema
solitamente relegato alla
cronaca, trovando le parole
per narrare l'indicibile.
Due genitori, interpretati
magistralmente da Giorgio
Albertazzi e Marina Confalone,
accompagnano in treno
la figlia, decisa ad immolarsi
per la causa palestinese
in un attentato suicida
contro Israele. Una storia
crudele, inimmaginabile
per la nostra cultura, che
non nasconde il dolore dietro
l'ideologia e rifugge
dalle semplificazioni, che
non consola e non illude.
Ci voleva il coraggio e il
mestiere di Antonio Calenda
per decidere di mettere
in scena ciò che anche in
politica si tende ad occultare.
La tragedia classica parla ai sentimenti immortali e
condivisi, la tragedia quotidiana,
che si svolge ora e
vicino, colpisce a fondo,
costringe a un contatto viscerale
con una realtà che
conosciamo indirettamente,
filtrata dalla stampa e dalla
televisione, dalle opinioni
politiche che ci mettono a
distanza di sicurezza da un
dolore indescrivibile.
I ricordi della vita quotidiana
si intrecciano con un futuro
di morte, speranza e
amore abitano troppo lontano
da Ramallah.
Una ragazza che viaggia su
un treno, accompagnata dai
genitori per andare a farsi
esplodere è un'immagine
che non riusciamo a contenere,
come quel vagone carico
di odio, di vendetta e di
morte.
Clotilde Spadafora