Tra federalismo e giurisdizione
Il Prof. Picardi tenne nel 2008 a Castel Capuano una
conferenza rivoluzionaria,
poiché sostenne e dimostrò la
storicità, e quindi mutabilità,
del monopolio statale nell’amministrazione
della Giustizia (ora in Saggi in onore di A. Attardi).
Già da un paio di anni però, simili tesi eterodosse erano sostenute dall’ora disciolto Ufficio studi dell’OUA, che si era purtroppo scontrato con ottuse
pregiudiziali ideologiche, con chiusure corporative e con una diffusa pigrizia misoneista.
Da tempo inoltre presso l’Università di Padova, i Prof.ri Orsoni e Bertolissi riflettono sull’impatto
del “federalismo” sull’amministrazione della
Giustizia. Insomma cose da ufficio studi, da professori ed utopisti, ma nulla di spendibile o
politically correct; meglio percorrere le solite strade della riforma a costo zero, meno che
per i cittadini; eliminazione dei tribunali minori, sommarizzazione del processo, conciliazioni
coatte, preclusioni a pioggia ecc… La forza delle cose però è inarrestabile ed oggi il fronte della conservazione si incrina rendendo forse possibile un dialogo non viziato da pregiudiziali
ideologiche. Scrive infatti G. Pellegrino: “Per esempio, andrebbe cambiata la quarta disposizione di attuazione
(?) della Costituzione,
che vieta la creazione di nuovi
giudici speciali. Abolito quel
divieto, la soluzione di contenziosi
bagatellari, d’importanza
minore, potrebbe essere affidata
non a giudici onorari aggregati
alla magistratura ordinaria,
ma a giudici speciali non
togati: il giudice delle locazioni,
il giudice dell’infortunistica
stradale, il giudice del condominio…
Potrebbero essere
commissioni di tipo arbitrale,
con rappresentanti delle varie
categorie, che decidono in primo
grado quei conflitti con decisioni
impugnabili davanti alle
Corti d’Appello, nei limiti in
cui oggi sono impugnabili i lodi
arbitrali. Si creerebbe così
un raccordo proficuo tra giudici
speciali e giurisdizione ordinaria”(
Il morbo giustizialista
pg 76ss - Marsilio 2010). Diverse
sono state le strade seguite
negli studi citati, ma tutte si
sono trovate poi ad un unico
approdo. Il Prof. Picardi è partito
dalla storicità dei modelli di
giurisdizione ed ha evidenziato
la crisi dei rapporti tra sovranità
e territorio, scandagliando se,
ed in che limiti, la giurisdizione
potesse essere un potere; per
giungere alla conclusione che:
“ai nostri giorni, nel declino
della Nazione, il Giudice, al di
là dello Stato, sembra trovare il
punto di riferimento nella società
civile o meglio nella comunità…”
(cfr §7). È di tutta
evidenza che le riflessioni sui
rapporti tra federalismo e giurisdizione
fanno perno su un
concetto di comunità in quanto
definito da un territorio piuttosto
che dalla sovranità in senso
statuale. L’Ufficio Studi OUA
invece è partito dalla crisi delle
fonti, evidenziando come la
pluralità e l’extrastatualità di
esse non potesse non incidere
sulla unicità della sovranità. In
una Tavola Rotonda del 2007
presso l’OUA il Prof. Luciani
rispondendo ad una domanda
provocatoria: rispose che: in
realtà la sovranità non muore
ma attraversa oggi una fase a
volte carsica; direbbe San
Tommaso una “latens deitas”.
Anche quindi la giurisdizione
sembrava doversi atteggiare in
senso plurale in connessione
con le fonti. Anche questo percorso
portava ad incardinare la
giurisdizione nell’ambito della
comunità, non solo però territoriale
ma anche quale coagulo
stabile di interesse meritevoli
(ex ordinamento sportivo). Il
Sen. Pellegrino invece volge
un’analisi socio-politica anch’essa
concentrata sulla natura
e limiti della magistratura
come potere; integrando le sue
deduzioni con considerazioni
relative all’ efficienza ed alle
strutture. Il passo sopra citato
non richiede commenti ma si
segnala perché si riferisce non
solo a corpi e territori ma al
contrasto tra interessi collettivi
entrambi astrattamente meritevoli
di tutela. Per far però progredire
il dibattito occorre evitare
alcune incomprensioni. In
primo luogo non si tratta di appaltare
a terzi il servizio giustizia
in dimensioni imprenditoriali.
La giustizia infatti o è
pubblica o non è. Anche l’ordalia
infatti si svolgeva al popolo
in armi ed era un mezzo
di prova dovendo comunque
l’esito della lite essere dichiarato
dal Dux. L’esercizio della
forza è e resta un attributo dello
Stato o dell’Ente pubblico
deputato non potendosi certo
ipotizzare il contrario. Le situazioni
giuridiche giustiziabili
nel modo prospettato non potranno
certo riguardare diritti
indisponibili.
Quanto alle nuove figure di
Giudici, questi, a prescindere
dell’essere più o meno togati o
più o meno giuristi; dovranno
comunque essere selezionati,
formati ed attenersi nel loro
ruolo e nel loro procedere all’art.
111 Cost. Certamente una
riforma organica richiederà un
passaggio costituzionale, ma
molto può essere sin d’ora fatto
a Costituzione data. Una ricognizione
oggettiva in casa e
fuori mostrerà che già esistono
giudici tecnici, (Lay judge-
USA), modelli di legge di giurisdizione
su base personale,
(tribunali Islamici di Inghilterra)
art. 116, 3°Cost. fatti ed atti
di normazione extrastatuali,
(Lex mercatoria) responsa prudentium
ipostatizzati in consuetudine
contrattuali, (Unidroit)
camere arbitrali sganciate
da sovranità e territorio (cfr.
le opere di S. Cassese) ecc…
Parliamone.
Roberto Zazza
* Presidente Forum delle Professioni