Il reato di stalking
Il legislatore con la Legge
23 Aprile 2009, n. 38, ha
introdotto nel codice penale,
all’art. 612 bis, la nuova
fattispecie del reato di
“atti persecutori” uniformandosi,
in tal modo a molti
altri ordinamenti stranieri.
La nuova fattispecie di
stalking si individua nella
condotta di colui che con
minacce e molestie reiterate
reca un pregiudizio, di carattere
psicologico, alla persona
offesa.
A ben vedere la novella del
legislatore non colma una
lacuna legislativa, ma si limita
a dare una disciplina
più articolata e severa alla
tutela del bene giuridico della
c.d. “serenità psichica”
già in precedenza protetto
dalla fattispecie delittuosa
delle minaccie (art. 612 c.p.)
e da quella contravvenzionale
della molestia o distrurbo
alle persone (art. 660).
La condotta tipica dello
stalker è identificabile in
un’arbitraria e reiterata intromissione
nella vita della
propria vittima, realizzata
per il mezzo di comunicazioni
indesiderate, quali telefonate,
sms, lettere, biglietti,
ovvero di contatti indesiderati,
come pedinamenti,
appostamenti e frequentazione
dei medesimi
luoghi.
La mera reiterata condotta
minacciosa o molesta, tuttavia,
non è da sola sufficiente
ad integrare la nuova fattispecie
criminosa. Tale fattispecie
richiede infatti il
verificarsi di uno specifico
evento in danno della vittima
quale – a) “cagionare un
perdurante e grave stato di
ansia e di paura”; b) “ingenerare
un fondato timore
per l’incolumità propria o
di un prossimo congiunto o
di una persona al medesimo
legata da relazione affettiva”;
c) “costringere ad alterare
le proprie abitudini
di vita”.
Tuttavia la condotta dello
stalker, anche in assenza
dell’evento dannoso, qualora
dovesse in concreto essere
considerata idonea e diretta
in modo non equivoco
alla realizzazione dello stesso,
potrà ragionevolmente
comportare un riconoscimento
della responsabilità
penale a titolo di tentativo.
Sotto il profilo dell’elemento
psicologico, tenuto conto
della natura di reato abituale
del delitto di atti persecutori,
l’intenzione dovrà necessariamente
travalicare la
realizzazione dei singoli atti
che compongono la condotta
tipica, dovendosi necessariamente
rivolgere alla esecuzione
di un più complesso
disegno criminoso.
L’elemento psicologico, peraltro,
non dovrà ricoprire
esclusivamente la condotta
tipica dell’agente, ma anche
la realizzazione dell’evento
dannoso prodottosi in capo
alla persona offesa, con non
poche difficoltà, in sede di
giudizio, in ordine al raggiungimento
della prova di
tale specifico elemento.
E di fatti, mentre in astratto
sarà ben sostenibile la consapevolezza
e volontà con la
quale l’agente abbia posto in
essere la propria condotta
molesta o minatoria, ben più
arduo sarà rintracciare elementi
probatori idonei ad affermare
che il medesimo abbia
agito al fine di provocare
nella propria vittima uno
stato d’ansia, di paura per la
propria o altrui incolumità,
ovvero una modifica delle
sue abitudini di vita.
Il legislatore nell’introdurre
il nuovo reato di stalking ha
inoltre individuato alcune tipologie
di soggetti deboli
potenzialmente più esposti a
subire la commissione di atti
persecutori, cui vengono
ricondotte alcune aggravanti
speciali.
In particolare il comma 2
dell’art. 612 bis prevede come
circostanza aggravante il
caso in cui il fatto sia commesso
“dal coniuge legalmente
separato o divorziato
o da persona che sia stata
legata da relazione affettiva
alla persona offesa”.
Il comma 3 prevede invece
una tutela rafforzata per altri
soggetti deboli quali minori,
donne in stato di gravidanza
e persone con disabilità.
Il legislatore, dunque, con la
novella in materia di atti
persecutori, e ancor più
esplicitamente con l’individuazione
di una serie di c.d.
soggetti deboli ha messo in
luce un fenomeno certo non
nuovo, poiché già da tempo
posto in evidenza dalla cronaca,
ma spesso sottovalutato,
provvedendo, al contemL’elemento psicologico, peraltro,
non dovrà ricoprire
esclusivamente la condotta
tipica dell’agente, ma anche
la realizzazione dell’evento
dannoso prodottosi in capo
alla persona offesa, con non
poche difficoltà, in sede di
giudizio, in ordine al raggiungimento
della prova di
tale specifico elemento.
E di fatti, mentre in astratto
sarà ben sostenibile la consapevolezza
e volontà con la
quale l’agente abbia posto in
essere la propria condotta
molesta o minatoria, ben più
arduo sarà rintracciare elementi
probatori idonei ad affermare
che il medesimo abbia
agito al fine di provocare
nella propria vittima uno
stato d’ansia, di paura per la
propria o altrui incolumità,
ovvero una modifica delle
sue abitudini di vita.
Il legislatore nell’introdurre
il nuovo reato di stalking ha
inoltre individuato alcune tipologie
di soggetti deboli
potenzialmente più esposti a
subire la commissione di atti
persecutori, cui vengono
ricondotte alcune aggravanti
speciali.
In particolare il comma 2
dell’art. 612 bis prevede come
circostanza aggravante il
caso in cui il fatto sia commesso
“dal coniuge legalmente
separato o divorziato
o da persona che sia stata
legata da relazione affettiva
alla persona offesa”.
Il comma 3 prevede invece
una tutela rafforzata per altri
soggetti deboli quali minori,
donne in stato di gravidanza
e persone con disabilità.
Il legislatore, dunque, con la
novella in materia di atti
persecutori, e ancor più
esplicitamente con l’individuazione
di una serie di c.d.
soggetti deboli ha messo in
luce un fenomeno certo non
nuovo, poiché già da tempo
posto in evidenza dalla cronaca,
ma spesso sottovalutato,
provvedendo, al contempo
a mettere l’Italia in linea
con i più moderni ordinamenti
penali stranieri.
Roberto Gallucci
* Avvocato del Foro di Roma