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Giurisprudenza: Il tema della violenza sulle donne
Posted by InGiustizia on Thursday, October 14 @ 17:38:28 CEST
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Intervista alla Presidente del "forum Donne giuriste"

D: I temi della violenza contro le donne sono antichi e, nonostante l’impegno e le battaglie contro, portate avanti dal movimento delle donne, non sono ancora stati superati gli schemi culturali che alimentano questa forma di violenza. Una forma di sopraffazione fisica e psicologica che non esiste solo nel nostro Paese, ma anche e specie in altre culture; padri che ammazzano figlie, mariti le mogli, lapidazioni, infibulazione, pene corporali, vendita di figlie, etc. sono solo una parte dell’elenco di crudeltà e violenza che viene perpetrata contro il genere donna nel mondo; secondo Lei, e le spiegazioni fino ad oggi non danno una motivazione razionalmente accettabile, cosa spinge un genere contro l’altro? R: Al rapporto con gli altri ci spinge la naturale ricerca di contatto e di aggregazione, nell’altro ci possono interessare sia le cose che uniscono che quelle che dividono, ci può attrarre chi la pensa come noi perché ci fa sentire capiti ed in sintonia con gli altri, ma anche chi la pensa diversamente perché ci incuriosisce e ci completa. La violenza di genere percorre la storia e in essa ha le sue radici. Non ci sono ragioni nè motivazioni emotivamente e razionalmente per me accettabili. D: Può darci un suo parere che esuli dalle cose finora dette? Quale è lo starter di questi comportamenti? R: La violenza di genere trova la sua origine nella perdita del potere sull’altro. Nella ricerca sul femicidio curata da Anna Pramstrahler e altre della Casa delle Donne di Bologna rapportando tutti dati, emerge con chiarezza che le donne piu’ esposte al rischio di violenza sono le donne più –emancipate- . In sostanza piu’ cresce l’autonomia, la consapevolezza e la libertà femminile, piu’ il partner pare soffrire della perdita di controllo sulla compagna, amante, fidanzata, e più estrema diventa la violenza. E’ sufficiente esaminare i messaggi lasciati da chi si toglie la vita dopo aver ucciso la compagna che ha deciso di separarsi: “o mia o di nessun altro” dove la gelosia e il possesso prevalgono su tutto. D: E cosa spinge tante donne ad accettare stereotipi e comportamenti che le generazioni precedenti hanno combattuto con tanta passione? R: Non mi pare che le donne accettino ora stereotipi e comportamenti combattuti in passato. Negli anni le donne hanno potuto accedere all’istruzione e al lavoro, questo le ha rese piu’ autonome e aperto spazi di libertà e di protagonismo femminile, un protagonismo che certamente si misura anche con gli stereotipi che la società ed i mass media propongono. D: Oggi in Italia ci sono molti centri di accoglienza per donne maltrattate. Pensa che sia una risposta limitata? Che dovrebbe esserci più intervento dello stato? Più assistenza o più leggi? O solo un uso corretto della legge entrata da poco in vigore contro la violenza alle donne, considerata violenza alla persona? R: Partirei con il contestualizzare la sua prima affermazione: è vero che in Italia in questi decenni sono sorti centri per donne maltrattate, ma la loro presenza, è di gran lunga inferiore ad altre realtà straniere e comunque, seppur crescente, è ancora del tutto insufficiente rispetto al bisogno, sia nel numero che nella dislocazione. I centri antiviolenza sono sorti e sono dislocati prevalentemente nel nord e nel centro del Paese, pochissimi al sud, essi vivono prevalentemente di volontariato e con convenzioni con enti locali che devono essere rinnovate periodicamente. La forza dei centri antiviolenza sta nella metodologia seguita che è quella della relazione tra donne. Le operatrici e le volontarie dei Centri antiviolenza accolgono la donna, l’ascoltano, l’accompagnano in un percorso di consapevolezza della propria situazione, offrono uno spazio in cui riflettere e riprogrammare la propria vita. L’intervento dello Stato dovrebbe rispettare questa metodologia, garantire e favorire la costituzione di centri antiviolenza ed il loro finanziamento, all’interno di un Piano Nazionale contro la violenza alle donne di cui l’Italia è ancora priva, inadempiente alle raccomandazioni Cedaw. La violenza contro le donne è un problema della società sicchè è tutta la società che deve farsene carico. La violenza contro le donne fonda le sue radici in costume, cultura, diritto solo apparentemente paritari ma che non tengono conto della differenza di genere e del sapere delle donne. L’intervento dello Stato, che si limiti a sporadiche misure legislative o repressive come avvenuto sino ad ora, è destinato a scarso successo. Per combattere la violenza di genere bisogna conoscerla, purtroppo in Italia l’unica ricerca a livello nazionale è quella svolta da Giuseppina Muratori per conto dell’Istat e riporta dati del 2006. Lo Stato dovrebbe quindi monitorare costantemente la situazione e capire perché le donne non denunciano le violenze subite. Per essere efficace l’intervento dello Stato deve coinvolgere tutte le agenzie del territorio: dalla scuola alla sanità, dalle forze dell’ordine alla magistratura, dal volontariato al mondo del lavoro, affinchè tutti siano in grado di –vedere- la violenza, essere capaci di prevenirla dando risposte adeguate sia alla vittima che al maltrattante. D: Per concludere: a che punto è oggi la donna in Italia? Ogni risposta a questa domanda rischia di essere superata un attimo dopo la risposta. Donne e uomini sono in movimento alla ricerca di un modo diverso di stare insieme.

Carmen Langellotto

 
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