Intervista alla Presidente del "forum Donne giuriste"
D: I temi della violenza contro le
donne sono antichi e, nonostante
l’impegno e le battaglie contro,
portate avanti dal movimento delle
donne, non sono ancora stati superati
gli schemi culturali che alimentano
questa forma di violenza.
Una forma di sopraffazione fisica e
psicologica che non esiste solo nel
nostro Paese, ma anche e specie
in altre culture; padri che ammazzano
figlie, mariti le mogli, lapidazioni,
infibulazione, pene corporali,
vendita di figlie, etc. sono solo
una parte dell’elenco di crudeltà e
violenza che viene perpetrata contro
il genere donna nel mondo; secondo
Lei, e le spiegazioni fino ad
oggi non danno una motivazione
razionalmente accettabile, cosa
spinge un genere contro l’altro?
R: Al rapporto con gli altri ci spinge la
naturale ricerca di contatto e di aggregazione,
nell’altro ci possono interessare
sia le cose che uniscono che
quelle che dividono, ci può attrarre
chi la pensa come noi perché ci fa
sentire capiti ed in sintonia con gli altri,
ma anche chi la pensa diversamente
perché ci incuriosisce e ci
completa. La violenza di genere percorre
la storia e in essa ha le sue radici.
Non ci sono ragioni nè motivazioni
emotivamente e razionalmente
per me accettabili.
D: Può darci un suo parere che esuli
dalle cose finora dette? Quale è lo
starter di questi comportamenti?
R: La violenza di genere trova la sua
origine nella perdita del potere sull’altro.
Nella ricerca sul femicidio curata da
Anna Pramstrahler e altre della Casa
delle Donne di Bologna rapportando
tutti dati, emerge con chiarezza che
le donne piu’ esposte al rischio di
violenza sono le donne più –emancipate-
. In sostanza piu’ cresce l’autonomia,
la consapevolezza e la libertà
femminile, piu’ il partner pare soffrire
della perdita di controllo sulla compagna,
amante, fidanzata, e più
estrema diventa la violenza.
E’ sufficiente esaminare i messaggi
lasciati da chi si toglie la vita dopo
aver ucciso la compagna che ha deciso
di separarsi: “o mia o di nessun
altro” dove la gelosia e il possesso
prevalgono su tutto.
D: E cosa spinge tante donne ad
accettare stereotipi e comportamenti
che le generazioni precedenti
hanno combattuto con tanta
passione?
R: Non mi pare che le donne accettino
ora stereotipi e comportamenti
combattuti in passato.
Negli anni le donne
hanno potuto accedere
all’istruzione e
al lavoro, questo le
ha rese piu’ autonome
e aperto spazi di
libertà e di protagonismo
femminile, un
protagonismo che
certamente si misura
anche con gli stereotipi
che la società ed
i mass media propongono.
D: Oggi in Italia ci sono molti centri
di accoglienza per donne maltrattate.
Pensa che sia una risposta
limitata? Che dovrebbe esserci
più intervento dello stato? Più assistenza
o più leggi? O solo un uso
corretto della legge entrata da poco
in vigore contro la violenza alle
donne, considerata violenza alla
persona?
R: Partirei con il contestualizzare la
sua prima affermazione: è vero che
in Italia in questi decenni sono sorti
centri per donne maltrattate, ma la
loro presenza, è di gran lunga inferiore
ad altre realtà straniere e comunque,
seppur crescente, è ancora del
tutto insufficiente rispetto al bisogno,
sia nel numero che nella dislocazione.
I centri antiviolenza sono sorti e
sono dislocati prevalentemente nel
nord e nel centro del Paese, pochissimi
al sud, essi vivono prevalentemente
di volontariato e con convenzioni
con enti locali che devono essere
rinnovate periodicamente. La forza
dei centri antiviolenza sta nella metodologia
seguita che è quella della relazione
tra donne. Le operatrici e le
volontarie dei Centri antiviolenza accolgono
la donna, l’ascoltano, l’accompagnano
in un percorso di consapevolezza
della propria situazione,
offrono uno spazio in cui riflettere e
riprogrammare la propria vita.
L’intervento dello Stato dovrebbe rispettare
questa metodologia, garantire
e favorire la costituzione di centri
antiviolenza ed il loro finanziamento,
all’interno di un Piano Nazionale contro
la violenza alle donne di cui l’Italia
è ancora priva, inadempiente alle
raccomandazioni Cedaw.
La violenza contro
le donne è un problema
della società
sicchè è tutta la
società che deve
farsene carico.
La violenza contro
le donne fonda le
sue radici in costume,
cultura, diritto
solo apparentemente
paritari ma
che non tengono
conto della differenza di genere e del
sapere delle donne.
L’intervento dello Stato, che si limiti a
sporadiche misure legislative o repressive
come avvenuto sino ad ora,
è destinato a scarso successo. Per
combattere la violenza di genere bisogna
conoscerla, purtroppo in Italia
l’unica ricerca a livello nazionale è
quella svolta da Giuseppina Muratori
per conto dell’Istat e riporta dati del
2006. Lo Stato dovrebbe quindi monitorare
costantemente la situazione
e capire perché le donne non denunciano
le violenze subite. Per essere
efficace l’intervento dello Stato deve
coinvolgere tutte le agenzie del territorio:
dalla scuola alla sanità, dalle
forze dell’ordine alla magistratura,
dal volontariato al mondo del lavoro,
affinchè tutti siano in grado di –vedere-
la violenza, essere capaci di prevenirla
dando risposte adeguate sia
alla vittima che al maltrattante.
D: Per concludere: a che punto è
oggi la donna in Italia?
Ogni risposta a questa domanda rischia
di essere superata un attimo
dopo la risposta.
Donne e uomini sono in movimento
alla ricerca di un modo diverso di
stare insieme.
Carmen Langellotto