Congresso Nazionale col..."botto"
Si chiude col botto il
XXX Congresso dell’Avvocatura
e a dispetto
del nome della nave
sulla quale si è svolto (“COSTA
CONCORDIA” e in un
clima assai diverso da quello
auspicato dai vertici del CNF
e dall’OUA (leggi: Guido
ALPA e Maurizio DI TILLA),
che sono stati letteralmente
sconfessati dalla base
dell’Avvocatura .
Una riforma della professione
a metà strada (deve passare
alla Camera dei Deputati) è sì
uno storico traguardo ma potrebbe
slittare nel caso in cui
il Governo venga sfiduciato
ovvero riscuota una fiducia
risicata, costringendo il Cavaliere
a salire al Colle.
L’ultimo giorno del Congresso
è stato quello del “redde
rationem”; le avvisaglie comunque
dell’aria che si andava
addensando c’erano
state tutte.
Il giorno precedente i segni di
disapprovazione per quanto
riguardava la media conciliazione
non erano indirizzati
soltanto al ministro Alfano
ma equamente distribuiti anche
a coloro che erano stati
chiamati in causa dal Guardasigilli,
quindi tanto Alpa
quanto Di Tilla, convocati
mai contestualmente e comunque
al Ministero presentatisi
“chi, prima, al mattino;
chi, dopo, al pomeriggio...
Per chiedere cosa l’altro
avesse chiesto o detto”.
La finta guerra con gli strali
dialettici che il presidente
dell’O.U.A. indirizzava ad
Alpa, ha visto il Re Nudo nel
momento della votazione
delle mozioni riguardanti il
Regolamento sulle Specializzazioni.
Nel momento in cui Alpa
chiamava l’Assemblea degli
Avvocati a pronunciarsi su
una mozione che prevedeva
“accomodamenti” in itinere
da parte del CNF, snaturando
una mozione presentata dal
Foro di Roma e condivisa da
molti altri Fori, compresi
quelli del Distretto laziale, si
scatenava la bagarre.
Il disappunto della base dei
delegati che rumoreggiava fino
a chiedere le dimissioni
dei vertici seguiva - “re melius
perpensa” – il ripensamento,
tanto che il Presidente
dell’Assemblea, l’Avv. Stefano
Savi, presidente dell’Ordine
di Genova rimetteva ai voti
la mozione che prevedeva
tout court il ritiro del regolamento
da parte del CNF, mozione
che passava, con enorme
disappunto di chi si vedeva
sconfessato e forse avrebbe
dovuto trarne una sola e logica
conseguenza: quella di
rimettere il mandato nelle
mani degli Ordini.
Il segnale che la base dei delegati
ha voluto trasmettere
sta certo in un’ansia legittima
di rivalutazione delle istanze
provenienti dall’Avvocatura
“ordinistica”, la sola che ha
piena legittimazione, se non
in alternativa almeno in modo
concorrente con chi passa da
una poltrona all’altra, come
ha sostenuto non velatamente
l’On. Buccico, in un suo applauditissimo
e appassionato
intervento.
All’unanimità e comunque
per acclamazione, prima è
passata una mozione unica
sulla media-conciliazione,
frutto del sincretismo operato
dall’apposita commissionemozioni,
in cui erano presenti
anche due delegati laziali, uno
romano e uno del distretto.
Tale mozione prevedeva l’abrogazione
dell’obbligatorietà
del ricorso come condizione
di procedibilità dell’azione,
con la previsione – medio
tempore – del differimento
dell’entrata in vigore del
D.L.vo 28/2010, in uno alla
obbligatorietà della difesa
tecnica, alla abrogazione della
previsione di una proposta
del mediatore in assenza di
una richiesta congiunta delle
parti ed ulteriormente di quelle
disposizioni che operano
uno stretto collegamento tra il
comportamento tenuto dalle
parti nella procedura di mediazione
ed il successivo,
eventuale momento giurisdizionale
del processo.
Francesco Lodise
* Avvocato del Foro di Velletri