No alla giustizia spettacolo
«Con delibera del
18.10.2010, la Giunta
delle Camere Penali
Italiane nel condividere
l’astensione dalle udienze
da parte della Camera Penale
di Benevento, esprimendo
piena solidarietà ha manifestato
“la più viva preoccupazione
per il ripetersi di
episodi di violazione del diritto
intangibile alla segretezza
dei colloqui tra difensore
e assistito” e ha invitato
“le forze politiche ad approvare
rapidamente la
riforma dell’art. 103 cpp
pendente in parlamento”,
“… nel senso di imporre il
divieto, assoluto e inderogabile,
all’ascolto e alla acquisizione
di dati relativi a
conversazioni o comunicazioni
tra difensore e proprio
assistito, quand’anche su
utenze intestate a terzi e la
relativa annotazione e documentazione”.
Come è noto, nelle scorse
settimane, i gravi fatti di
cronaca (di Avetrana e altri)
hanno ancora una volta
evidenziato una situazione
insostenibile per quanto riguarda
lo spettacolo “indecoroso”
mostrato da tutti i
mass media, sia televisivi
che della carta stampata,
oltre via internet. Pur riconoscendo
doveroso e sacrosanto
il diritto e la libertà
di informazione, non
si può non censurare quanto
hanno scritto al riguardo
i giornali, ma soprattutto
trasmesso le televisioni.
Invero, numerose trasmissioni
hanno dedicato quotidianamente
tutto il loro
spazio agli avvenimenti
verificatisi, con l’intervento
di esperti (o presunti tali),
i quali esprimono giudizi
quasi ad anticipare i
provvedimenti della magistratura,
che assumono un
ruolo secondario, se non
addirittura inutile; il tutto
con l’evidente unico intento
di fare audience.
Si assiste, ormai, ad un
completo stravolgimento
dei diversi ambiti, giudiziario
ed informativo, con
effetti ben immaginabili.
Spesso si verifica che le
prove raccolte durante le indagini
preliminari vengano
dirottate integralmente nel
circuito informativo, a volte
trasmesse anche in diretta
(interrogatori degli indagati,
dichiarazioni in genere
rese da persone informate
sui fatti), in violazione
totale delle norme del codice
di procedura penale.
Tale fenomeno ha raggiunto
ormai livelli e dimensioni
preoccupanti, costituendo
un vero e proprio intralcio
per gli operatori della
giustizia.
Purtroppo, a ciò contribuiscono
anche alcuni difensori,
i quali violano palesemente
l’obbligo alla riservatezza,
forse con il malcelato
intento di farsi pubblicità.
Tali situazioni portano spesso
all’invocazione, da parte
dell’opinione pubblica, di
una pena esemplare, auspicata
a volte anche da politici
pronti a sfruttare l’emozione
del momento.
E’ certamente auspicabile
un intervento da parte dello
Stato per evitare il rischio
di “abdicare definitivamente
alla funzione giudiziaria
e alla tutela dei
diritti degli individui”.
Non meno importante,
però, dovrà essere il contributo
dei difensori, i quali
dovranno astenersi dai
detti comportamenti, nel
pieno rispetto della deontologia.
“Siamo rimasti gli unici
(conclude la Giunta UCPI)
a considerare la libertà della
giurisdizione come bene
da tutelare nei confronti di
qualsiasi aggressore? E ad
esigere l’osservanza delle
regole del codice?Siamo rimasti
i soli a pretendere che
gli avvocati rispettino il riserbo
o perlomeno la deontologia.
Forse, ma non per
questo siamo disposti ad osservare
in silenzio il pessimo
spettacolo di questa
”.
Gabriele Sabetta