Non c'è due senza tre
Recentemente il legislatore
è intervenuto
due volte in materia
di pubblicazione delle sentenze
penali di condanna
(art. 36 c.p.). Com’è noto
questa è una pena accessoria,
comune ai delitti e alle
contravvenzioni, che a differenza
delle altre pene accessorie
deve essere ordinata
dal giudice. Comportano tale
pena accessoria, esemplificativamente,
le condanne
per delitti contro l’incolumità
pubblica connotati da
frode (come l’avvelenamento
di acque o alimenti ed epidemie),
contro la pubblica
amministrazione (come l’usurpazione
di funzioni pubbliche
(art. 347 c.p.), usurpazioni
di titoli o onori (art.
498 c.p.), in materia di marchi
e segni distintivi (come
la contraffazione di segni distintivi
di opere dell’ingegno
o prodotti industriali, contraffazione
di pubblici sigilli
o del sigillo dello Stato)
(artt. 448, 475 c.p.), per le
contravvenzioni di esercizio
o partecipazione al gioco
d’azzardo (art.722 c.p.). Essa
trova attuazione in modi
diversi: la sentenza di condanna
all’ergastolo è pubblicata
con l’affissione nel
comune ove è stata pronunciata,
in quello in cui è stato
G i u s t i z i a
commesso il delitto ed in
quello ove il condannato ha
la residenza. La stessa, viene
inoltre pubblicata per estratto,
per una sola volta, in uno
o più giornali designati dal
giudice, salvo che egli non
ne disponga la pubblicazione
per intero. Per effetto del
primo intervento del legislatore
(art. 67, L.18 giugno
2009, n. 69) che ha modificato
il citato art. 36, la pubblicazione
deve avvenire, oltreché
sui giornali, sul sito
internet del Ministero della
Giustizia, per una durata non
superiore a 30 giorni. Il successivo
intervento legislativo
(art. 2, cc. 216-218, L. 23
dicembre 2009, n. 191, “legge
finanziaria 2010”) modificativo
ulteriormente del citato
art. 36, ha previsto, per
le sentenze diverse da quelle
di condanna all’ergastolo,
che la pubblicazione nei
giornali sia sempre fatta mediante
la sola indicazione
degli estremi della sentenza
e dell’indirizzo internet del
sito del Ministero della Giustizia
(art. 2, c. 216).
Pur essendo le spese per la
pubblicazione, che deve essere
eseguita d’ufficio, poste
a carico del condannato, sono
comunque elevati i costi
che l’erario si trova ad anticipare
e a sostenere per il pagamento degli oneri per la
pubblicazione sulle testate
giornalistiche, e sono frequenti
negli Uffici giudiziari
i casi in cui risulta molto difficile
se non impossibile
procedere al recupero delle
somme iscritte nel modello
1/A/SG (registro delle spese
di giustizia anticipate dallo
Stato) a causa della condizione
di irreperibilità o indigenza
in cui quasi sempre
versano gli autori (generalmente
extracomunitari) dei
reati in materia di diritto
d’autore contemplati dall’art.
171 ter, L. 22 aprile
1941, n. 633 (esemplificativamente:
duplicazione, riproduzione,
trasmissione o
diffusione in pubblico, abusivamente
e per uso non
personale, di opera dell'ingegno
destinate al circuito televisivo,
cinematografico,
opere o parti di opere letterarie,
drammatiche, scientifiche
o didattiche, musicali o
drammatico-musicali, ovvero
multimediali, o vendita o
noleggio di videocassette,
musicassette, dischi, nastri
di opere musicali o cinematografiche,
ecc.) nei cui casi
la pubblicazione della sentenza
di condanna deve avvenire,
in forza dell’art. 2,
c.217 legge finanziaria citata,
nella nuova modalità prevista
dall’art.36 c.p., “in uno
o più quotidiani, di cui almeno
uno a diffusione nazionale,
e in uno o più periodici
specializzati”. In un momento
qual’è l’attuale in cui è di
tutta evidenza la necessità
del contenimento della spesa
pubblica non v’è chi non
consideri e non veda i benefici
di una previsione normativa
che consenta, in alternativa
alla pubblicazione a
mezzo stampa, l’esecuzione
della pena accessoria in questione
mediante la sola pubblicazione
in un sito informatico,
possibilità che appare
preclusa dalla vigente formulazione
dell’art. 36 c.p.
per cui allo stato la pubblicazione
nel sito internet deve
essere eseguita congiuntamente,
e non in alternativa,
alla pubblicazione sul giornale.
E’ perciò da auspicare
una terza modifica normativa
dell’art. 36 c.p., sia pure
limitatamente ai reati di cui
al citato art. 171 ter che sono
quelli che maggiormente ricorrono,
e ciò in ragione dell’indiscutibile
vantaggio
economico che l’Amministrazione
giudiziaria sicuramente
ne trarrebbe.
Alfredo Rovere
Dirigente Ministero del lavoro