Il disastro di Genova, il primato di Roma
Per fortuna, nonostante
le affettuose insistenze
di un caro e autorevole
Amico, non sono andato,
a novembre, a Genova al
Congresso Nazionale Forense.
Ne sarei tornato in stato
di grave depressione.
Non ci sono andato perché
ho perso ogni speranza nella
capacità dell’avvocatura, o
meglio dei suoi rappresentanti
istituzionali e sindacali
di livello nazionale, di fare
“politica” di categoria. A
Genova la platea forense ha
duramente contestati gli uni
e gli altri. La protesta è stata
forse eccessiva e per di più
inopportuna in ragione della
presenza al Congresso dei
rappresentanti dell’esecutivo,
nostri interlocutori, non
amichevoli, sui problemi
della giustizia e dell’avvocatura;
protesta tuttavia fondata.
Ancora una volta è apparso
drammaticamente evidente
il non cale in cui è tenuto il
Foro quanto alle scelte di
politica giudiziaria e forense,
disinteresse non nuovo
ma che va crescendo nel
tempo: dalle non dimenticate
scelte del sig. Bersani
(abolizione dei minimi tariffari
inderogabili) fino alla
trovata recente della “mediaconciliazione”
con la quale si
vuole far credere che i problemi
della giustizia si possano
risolvere senza apporti finanziari
e di personale togato,
per di più misconoscendo
il ruolo costituzionale della
difesa che la Carta assegna
all’Avvocato e, addirittura,
ingiuriandolo con l’attribuirgli,
nel testo normativo, una
presunta infedeltà all’obbligo
di informativa al cliente
circa la praticabilità di percorsi
extragiudiziali.
Ma l’Avvocatura – in particolare
il C.N.F - tace o si limita
a prudenti e flebili interventi
quasi sempre tardivi. I
rappresentanti dell’avvocatura
non sanno o non vogliono
fare politica di categoria
nonostante il significativo e
quotidiano esempio delle
battaglie della Magistratura,
giuste o ingiuste che siano,
che si accreditano per la loro
tempestività e incisività, per
l’ immancabile eco quotidiana
che ne viene dai mezzi di
informazione, eco che non
dipende solo dal ruolo della
magistratura nel quadro costituzionale
e nel contesto
sociale ma dalla capacità e
tempestività degli interventi
e delle tecniche di comunicazione;
vedansi, tra gli altri,
i puntuali e fermi interventi
del Vice Presidente del CSM
on. Vietti e quelli perentori e
tempestivi di A.N.M. Gli
Avvocati italiani, che pure in
democrazia hanno un ruolo
essenziale e di conseguenza
un potere altissimo - (gli avvocati
tunisini sono scesi in
piazza contro la dittatura,
così è accaduto in Egitto, così
in Iran e dovunque sono
in pericolo i diritti di libertà
dei cittadini) - tacciono e sono
ignorati. Solo mentre rivedo
questo mio intervento,
appare negli studi legali il
comunicato 19 febbraio.dell’O.
U.A. che fa seguito all’emendamento
governativo
al decreto “mille-proroghe”-
(che conteneva il modesto
risultato di un rinvio settoriale
e limitato della normativa
in questione). Il comunicato
O.U.A. proclama lo
sciopero della categoria ed
esprime la protesta. Finalmente
il taglio è quello giusto:
non il disagio degli avvocati
per gli spazi sottratti a
un Foro affollato e in difficoltà
ma il danno che viene
al cittadino dalla compressione
del diritto di difesa e
dalla costituzione di nuove e
incontrollabili strutture di
potere, proprie della mediaconciliazione.
Senonchè le battaglie dell’avvocatura
vanno fatte coi
mezzi di informazione e con
le tecniche della comunicazione
così da raggiungere
quotidianamente ogni utente
attuale od eventuale della
giustizia e del diritto cioè
tutti i cittadini. Esemplifico i
modi: inserti e interventi sui
maggiori organi di stampa
nazionale e sulla comunicazione
informatica; convegni
aperti a tutte le organizzazioni
di tutela dei cittadini, ai
sindacati, ai partiti, al mondo
della cultura ecc.ecc..
Il Consiglio dell’Ordine di
Roma, nella colpevole inerzia
delle altre nostre rappresentanze,
aveva di recente
promosso un incontro col
Ministro dei principali Ordini
avente ad oggetto per
l’appunto l’attualità cioè i
problemi della “Mediaconciliazione”.
Iniziativa questa
lodevolissima che va reiterata
rappresentando, ripeto, ai
cittadini, il danno che ne
verrà all’utente in termini di
costi, di competenza e imparzialità
degli organi deputati
alla nuova giustizia
“contrattuale”.
C’è da sperare che il Consiglio
dell’Ordine di Roma, il
più grande d’Europa, prosegua
nel cammino intrapreso
a tutela della categoria, rifiutando
posizioni di attendismo
e di retroguardia.
Giorgio Della Valle
* Avvocato del Foro di Roma