Insieme per Roma
Date: Friday, January 28 @ 14:30:50 CET
Topic: 2003


Lo scorso mese terminavo il mio scritto parlando della trasformazione dei movimenti politici in dipendenza della fine delle ideologie.
Chi aveva la passione per la politica non ha, però, smesso di farla. Sono così nati i partiti ad personam, i partiti azienda, i movimenti locali con velleità nazionali.



Lo scorso mese terminavo il mio scritto parlando della trasformazione dei movimenti politici in dipendenza della fine delle ideologie.
Chi aveva la passione per la politica non ha, però, smesso di farla. Sono così nati i partiti ad personam, i partiti azienda, i movimenti locali con velleità nazionali.
Il fenomeno non è solo italiano, dato che tutta l’Europa ha visto il prosperare di partiti autonomisti portatori di interessi regionali (o macroregionali) i quali, dopo un periodo di opposizione e di collocamento a sinistra in antitesi al governo centrale, sono divenuti formazioni di governo alleate di forze politiche di centro destra sostenitrici dell’unità nazionale, riuscendo così a trarre benefici sia dall’autonomismo che dall’appartenere ad una coalizione che teme di perdere il potere se viene meno quest’alleato scomodo.
E’ successo in Italia con la Lega Nord così come era avvenuto in Spagna con il movimento catalano di Jordi Pujol ed altrove.
Caduto il Muro di Berlino, la velocità nelle comunicazioni ha fatto sì che molti si rendessero conto che vi erano delle risorse naturali, del tutto diverse da quelle tradizionali, le quali possono essere valorizzate esclusivamente attraverso l’impegno e la capacità delle comunità locali.
L’industria turistica, ad esempio, ha fatto sì che un beduino che vive nel deserto spenda in un anno meno di quanto spenda un turista per passare una settimana nella sua tenda e riscoprire la natura attraverso i disagi quotidiani del primo. In tutte le isole esotiche più turisticamente «in» si organizzano con successo escursioni ad isolette deserte perché prive delle risorse minime per la vita umana a prezzi variabili da 30 a 50 dollari USA a persona.
Tali fenomeni non possono però essere guidati solo dall’imprenditoria o dall’individualismo, in quanto l’uomo ha necessità di una comunità di riferimento. Le comunità che si formano naturalmente sono, oltre quelle familiari, quelle del luogo dove si vive stabilmente o si è nati, del posto di lavoro, dello sport, degli interessi extralavoro. Vi sono poi le comunità religiose e quelle dei partiti politici.
In Italia con il Concordato e la rinuncia della Chiesa al potere temporale i valori religiosi sono diventati anche per i partiti di ispirazione cattolica un valore collettivo comune, non già un obiettivo politico da raggiungere.
Ne deriva che l’annacquamento delle ideologie e la necessità di trovare macrointeressi aggreganti persone diverse per età, sesso, interessi personali, professione, ecc. porta con sé che il minimo comun denominatore non potrà che essere l’interesse per il corretto sviluppo di un territorio o la figura di un leader che abbia carisma, assicurando nel contempo una gestione condivisa del potere.
Lo capì il Parlamento, approvando la legge sull’elezione diretta dei sindaci.
E lo capì Roma, dando oltre il 48% dei voti all’allora leader missino, on. Gianfranco Fini: la città fece capire che era giunto, per l’Italia, il momento di cambiare. Fu un fenomeno passionale capitolino, ma non fu una protesta momentanea, bensì la manifestazione di una necessità collettiva dei Romani di porsi al centro dell’attenzione, successivamente dimostrata dagli incredibili festeggiamenti per lo scudetto della Roma del 2001.
La passione politica della società civile romana del 1993 non era però alimentata dal solo vento missino, ma anche la coscienza di tale società che il sistema tradizionale dei partiti si avviava ad una svolta.
Fu così che l’allora MSI/DN venne affiancato da una lista nata nel giro di un mese e formata da persone le quali, prima di allora, mai si erano candidate a cariche pubbliche e venivano per lo più da esperienze politiche diverse da quella missina: Insieme per Roma.
ll successo della lista fu rilevante e solo la perversione del meccanismo elettorale impedì ai consensi di trasformarsi in proporzionali consiglieri comunali.
L’iniziativa costituì però un insegnamento per tutti gli uomini politici, i quali si diedero poi tutti da fare per ottenere, al loro fianco, l’appoggio di liste civiche o ne formarono delle proprie, distinte dai partiti, quali la Lista Dini o la Lista Di Pietro.
Roma ed il Lazio, viceversa, tornarono a dormire, dato che l’unico obiettivo politico dell’Ulivo era (ed è) la cacciata di Berlusconi, mentre il Centro / Destra si preoccupa di non perdere l’alleanza con la Lega, cioè quella forza politica con uno spiccato programma territoriale contrapposto a quello della Capitale.
Ne è conseguito che, malgrado la Regione Lazio sia stata amministrata tanto bene da essere una delle poche regioni che utilizzi appieno i contributi europei, gli uffici capitolini di grandi strutture nazionali ed internazionali chiudono per trasferirsi a Milano o, comunque, nel nord del Paese.
L’accentramento del traffico aeroportuale alla Malpensa piuttosto che presso il ben più attrezzato ed efficiente Fiumicino è solo uno dei tanti ulteriori segnali che attualmente non è il Mediterraneo ad essere il centro dell’interesse dell’Europa.
Ma un’Europa al confine e non al centro del Mediterraneo significa un’Europa contrapposta al mondo arabo in una sorta di polveriera nella quale due religioni monoteiste, invece di ritrovarsi nel Dio da entrambe riconosciuto, esploderebbero in un conflitto delle dimensioni imprevedibili e del quale l’attentato alle torri gemelle è solo un pallido accenno.
Riaffermare la centralità di Roma nell’Europa vuol dire avvicinare il Parlamento di Bruxelles al Mediterraneo e, quindi, lavorare per la pace ed il futuro dei nostri figli.
Riaffermare la centralità di Roma in Italia non è fare solo gli interessi della Capitale, ma significa distribuire le risorse nazionali in maniera omogenea, risolvendo finalmente il problema del sottosviluppo del meridione che è conseguenza anche di quello strapotere delle nazioni dell’Europa centrale che ieri portò a definire l’Italia un’espressione geografica e, oggi, vuole Milano e non Roma capitale economica d’Italia.
Ma un’Italia senza una Roma politicamente ed economicamente forte altro non è che una nazione povera in mezzo al mare con una Gallia Cisalpina (o Padania, come l’ha ribattezzata da Bossi nel tentativo di dare una storia ad un territorio privo di autonomia culturale) collegata geograficamente alle nazioni più ricche.
Ecco perché è necessario che quella società civile che dieci anni fa si trovò Insieme per Roma si ricompatti e scenda nuovamente in campo al fine di assicurare al Lazio quella forza e continuità politica necessaria per ridare spinta non tanto e non solo alla economia locale, ma all’intera Nazione.

di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma







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