Il 6 ottobre 2003 è stata
presentata alla Camera
e al Senato la relazione
annuale sullo stato della
sicurezza.
Il 6 ottobre 2003 è stata
presentata alla Camera
e al Senato la relazione
annuale sullo stato della
sicurezza. Il punto nodale
dell’intera relazione
diviene, alla luce delle
passate critiche mosse
dall’opposizione al Governo,
l’insieme dei traguardi
raggiunti dallo Stato
nella lotta contro la criminalità
organizzata di tipo
mafioso. Tuttavia, in
merito a quest’ultimo argomento
la relazione che
più interessa è quella consegnata
al Parlamento dalla
Direzione Investigativa
Antimafia (DIA) sui risultati
ottenuti nel corso del
primo semestre 2003. Se
da un lato, infatti, continua
la predominanza sul
territorio delle classiche
strutture di matrice «nazionale
» dall’altro si evidenzia
un crescente fermento
della criminalità
organizzata di origine extracomunitaria
che realizza
nel territorio numerosi
sodalizi con le realtà criminali
locali. Il carattere
internazionale è sempre
più considerato, dalle
stesse organizzazioni, come
imprescindibile «attributo
» di una moderna e
competitiva struttura criminale.
Quello che si nota,
in modo evidente, è il
tendenziale abbandono
dell’improvvisazione e del
carattere contingente di
tali alleanze. I reati che le
organizzazioni di matrice
extracomunitaria realizzano
trovano fondamento e
linfa vitale nel traffico di
esseri umani, visto come
strumento di approvvigionamento
privilegiato delle
vittime (materia prima) da
destinare allo sfruttamento
sessuale e al lavoro nero.
A tali delitti si affiancano
anche quelli classici del
traffico di stupefacenti, di
armi nonché il riciclaggio
dei proventi illeciti. Per
quanto riguarda le organizzazioni
tradizionali,
nonostante si segnalino
numerosi successi della
magistratura, si deve mettere
in evidenza la grande
capacità rigenerativa delle
varie strutture. Le più rilevanti
iniziative criminali
sono, infatti, riconducibili
alla sfera di influenza delle
quattro tradizionali
strutture di tipo mafioso
(cosa nostra, camorra,
'ndrangheta, sacra corona
unita). Nella seconda parte
della Relazione, la DIA
mette in evidenza gli
aspetti operativi e i risultati
di maggior rilievo attenuti
nei primi sei mesi
2003. Leggendo i dati e le
statistiche quello che colpisce
sono i risultati ottenuti
dalle forze dell’ordine
sul fronte della lotta all’infiltrazione
delle organizzazioni
criminali nel tessuto
sano dell’economia. In
particolare, l’investigazione
preventiva è stata incentrata
sull’esame delle
«segnalazioni di operazioni
finanziarie sospette» al
fine di individuare quelle
riconducibili alla criminalità
organizzata. Il secondo
settore è quello degli appalti
pubblici, considerato
dalle organizzazioni criminali
come preziosa fonte
di denaro e di potere. Grazie
all’accaparramento di
queste risorse le organizzazioni
riescono ad attuare
il reinvestimento, in iniziative
legali, di ingenti risorse
«liquide» di provenienza
illecita, e a garantirsi
una fonte ulteriore di
controllo delle attività amministrative
degli enti locali.
Alle conclusioni raggiunte
della DIA nella relazione
si devono aggiungere
alcune riflessioni derivanti
dai recenti successi,
della magistratura e
delle forze dell’ordine, ottenuti
in Calabria nella
lotta contro la ‘ndrangheta.
Queste operazioni, di ingenti
dimensioni, hanno
messo in evidenza come la
criminalità organizzata abbia
un attuale interesse ad
infiltrarsi nelle amministrazioni
locali per dirottare
le risorse economiche
provenienti dai grandi investimenti
pubblici nazionali
e comunitari. Nello
stesso periodo si è assistito
ad un ritorno al commissariamento
di alcuni Comuni
per presunte infiltrazioni
mafiose ed alla presa di
coscienza da parte del
mondo politico di dover
compiere profonde riflessioni
sui «collaboratori di
giustizia» e sul ruolo che
gli stessi devono avere
nelle dinamiche investigative
e processuali. Per concludere
questa breve descrizione
della situazione
attuale della lotta alla criminalità
organizzata, alla
luce delle relazioni presentate
al Parlamento, appare
chiaro che l’attenzione
delle forze di polizia e della
magistratura dovrà essere
rivolta, nel prossimo futuro,
alle amministrazioni
locali dove appare più appetibile
infiltrarsi per riuscire
a gestire la «res publica
» per fini illeciti.
di LEO STILO