Le cronache dal
«fronte interno» che
abbiamo letto nel periodo
intercorrente tra questo
ed il precedente numero
di InGIUSTIZIA la PAROLA
al POPOLO dimostrano
ancora una volta la
anomalia della politica italiana
rispetto agli altri paesi
occidentali ed europei.
Due sono le notizie le quali
inducono a questo commento:
le reazioni alla condanna
/ assoluzione dell’on.
Cesare Previti e le dichiarazioni
in Israele dell’on.
Gianfranco Fini.
Le cronache dal
«fronte interno» che
abbiamo letto nel periodo
intercorrente tra questo
ed il precedente numero
di InGIUSTIZIA la PAROLA
al POPOLO dimostrano
ancora una volta la
anomalia della politica italiana
rispetto agli altri paesi
occidentali ed europei.
Due sono le notizie le quali
inducono a questo commento:
le reazioni alla condanna
/ assoluzione dell’on.
Cesare Previti e le dichiarazioni
in Israele dell’on.
Gianfranco Fini.
La condanna a cinque anni
per un giro di corruzione all’interno
del Tribunale di
Roma da parte dei giudici di
Milano è stata accolta dall’on.
Previti e dai suoi fans
non solo come una sorta di
liberazione dall’incubo di
una decisione molto più pesante
legata al caso SME,
ma con gesti di vittoria per
essere caduto il teorema della
dr.sa Bocassini e di quel
che resta del cosiddetto pool
di Mani Pulite.
Nessuno dubita questa decisione
sia il primo passo verso
l’assoluzione dell’on. Previti
in appello o in cassazione.
Sicuramente, quel giorno,
nessuno avrebbe da ridire
se l’on. Previti aprisse
pubblicamente non una, ma
cento bottiglie di champagne.
Viceversa, pur comprendendo
la soddisfazione dell’on.
Previti per essere stato liberato
dalla più grave delle
due accuse da parte di un
collegio giudicante da lui ritenuto
prevenuto nei suoi
confronti, rimane l’anomalia
tutta italiana che un parlamentare
ed ex ministro
gioisca per essere stato condannato
a cinque anni e
mezzo di reclusione per corruzione
della Magistratura.
Poiché alla condanna a cinque
anni e mezzo non corrisponderà
nemmeno un giorno
di detenzione reale è proprio
vero in Italia si può dire tutto
ed il contrario di tutto con un
volto apparentemente credibile
al quale poi nessuno crede.
Così facendo, non si crede a
certe persone nemmeno
quando dicono la verità. Sicché
ciascuno pensa che l’altro
non pensi ciò che dice o
non dica ciò che pensa, in
una infinita commedia degli
equivoci nella quale molti
uomini politici galleggiano
benissimo.
Gianfranco Fini, con lo slogan
missino non restaurare
non rinnegare, aveva fatto
della coerenza uno dei propri
cavalli di battaglia, ottenendo
da leader del MSI/DN
circa il 48% dei voti quale
candidato sindaco di Roma.
Un volto perbene, affidabile,
una capacità dialettica notevole,
un’età che lo teneva
lontano dalle insidie del passato:
questi gli elementi mediatici
di un uomo stimato
anche da chi non lo avrebbe
mai votato.
In Israele il vicepresidente
del consiglio non ha solo fatto
quanto tutti si aspettavano
da lui, cioè che ribadisse la
posizione già assunta dal
MSI/DN di Giorgio Almirante
di condanna delle leggi
razziali promulgate sull’onda
ideologica del nazismo dal
Partito Nazionale Fascista e
proseguite durante quella Repubblica
Sociale di cui Alleanza
Nazionale è storicamente
nipote per parte di padre
(o pronipote, visto che il
MSI/DN nacque dalla fusione
degli ex nemici missini e monarchici).
Egli è andato oltre.
Dopo aver chiarito di aver
compreso di essersi sbagliato
in tutti i giudizi precedenti su
Mussolini ed il Fascismo, ha
affermato di essere antifascista
e di ritenere il Fascismo
come il «Male assoluto».
Successivamente ha mitigato
tale dichiarazione, affermando
che la stessa era riferita
esclusivamente alla shoa.
La componente del partito
che ha ancora del sangue
missino doc ha reagito più o
meno malamente, chi protestando
a denti stretti, chi a
mezza bocca e qualcuno a
voce più alta. Ma nessuno
dei deputati ha lasciato il
partito, salvo l’on. Mussolini
per «fatto familiare».
Alcuni si sono comportati così
per convenienza, alcuni per
fedeltà al capo, altri perché
hanno ritenuto che, in caso di
«tradimento» di un generale,
si processa quest’ultimo, ma
non si diserta dall’esercito.
In realtà nessuno ha creduto
che l’on. Fini pensasse quello
che ha detto o, se preferite,
dicesse quello che effettivamente
pensava.
Né i suoi (ex) camerati né i
suoi avversari, i quali, colti
alla sprovvista, prima hanno
detto di apprezzare le sue parole
e, poi, hanno affermato
che le stesse non bastavano
per sdoganare un partito che,
essendo andato al governo
per consenso elettorale, non
aveva certo bisogno di essere
sdoganato dai propri avversari
politici.
Così la italica commedia degli
equivoci ha ripreso la propria
consueta rappresentazione,
con l’on. Fini che è l’unico
a sapere cosa egli esattamente
pensi di un periodo
storico del secolo scorso finito
nel 1945, con l’assassinio
del Duce.
Altra anomalia tutta italiana,
malgrado le dittature di destra
e di sinistra siano state
una caratteristica del XX secolo
in molte nazioni europee:
le pulsioni che un fatto
storico, qual è ormai il Fascismo,
tuttora provoca nei dibattiti
politici, tanto da indurre
molti esponenti ad esso antitetici,
quali l’ex Presidente
della Camera, on. Violante, o
il Presedente della Repubblica,
Carlo Azelio Ciampi, a
sforzarsi di lenire una ferita
negli animi del Paese attraverso
il riconoscimento di alcuni
meriti del Ventennio o
dei giovani della RSI.
Invero alcuni si sono chiesti
se lo stesso on. Fini sappia
quello che egli oggi pensa
su tale querelle o se, piuttosto,
sul punto egli abbia
smesso di pensare, tutto preso
nel tentativo di liberarsene,
sperando così di relegarla
alla storia e, con essa,
quegli avi politici i quali, da
morti, riescono a fare più
ombra alla sua immagine di
molti suoi scialbi collaboratori:
Benito Mussolini e
Giorgio Almirante.
Da questa considerazione nasce
il titolo di questo scritto: i
concetti di bene o di male assoluto
sono tipici delle religioni,
non dei comportamenti
degli esseri umani. Paragonare
Mussolini al Diavolo vuol
dire contrapporlo a Dio, legittimando
così la stupidità di
chi, viceversa, proprio a Dio
lo paragona.
L’on. Fini è un uomo troppo
intelligente per non conoscere
ciò e troppo colto politicamente
per non aver letto i testi
i quali distinguono la psicologia
individuale da quella
delle masse destinatarie dei
messaggi mediatico / politici.
Egli quindi, utilizzando certi
termini, desiderava determinate
reazioni le quali gli
consentissero di contrapporre
il Fini assoluto ad un partito
che, avendo delle idee
guida spirituali, ha una coesione
talmente elevata da costituire
una camicia di forza
per un uomo che ha l’ambizione
di trovare un posto
nella storia d’Italia.
Ancora una volta un fenomeno
tutto italiano, nel quale il
maggioritario esalta i partiti
anziché i singoli candidati e i
movimenti perdono le idee
per trasformarsi i partiti
azienda o in liste di amici del
leader di turno.
Di Romolo Reboa
Avvocato del Foro di Roma